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Niccolò Bonafede

1464 - 6 Gennaio 1534

Scheda

ARMA: Inquartato. Nel 1° e 4° d'argento al leone di rosso, nel 2° e 3° d'oro all'albero sradicato al naturale e la fede vestita di rosso attraversante sulla troncatura.
Lo scudo è cimato da una croce trilobata d'oro e sormontato da un cappello vescovile con cordoni e fiocchi laterali.
Il cartiglio sottostante dice: MAXIMVS GLVSINVS / LOGVMTENENS / 1511 (Massimo di Chiusi Luogotenente 1511).

Chi sia questo Massimo di Chiusi non è dato sapere, viceversa dal lavoro di M. Ferretti-M. Pasquali risulta che nel 1511 era Vicelegato di Bologna Niccolò Bonafede. Presso il Fondo Araldico della biblioteca comunale di Fermo sono conservati alcuni fogli manoscritti che riguardano la famiglia Bonafede originaria di quella città; lo stemma raffigurato sul frontespizio dell'incartamento, corrisponde esattamente allo stemma dipinto sul muro. Anche il Moretti nel suo stemmario, riporta lo stesso stemma attribuendolo al Bonafede. La dicitura quindi è errata ed il personaggio in questione è Niccolò Bonafede Vescovo di Chiusi.

I Bonafede erano di S. Giusto, piccola località poco lontano da Fermo il cui capostipite fu un Bonafede: Bonafede di Assisi, così come risulta da un albero genealogico giacente presso il Fondo Araldico della biblioteca comunale di Fermo.
La famiglia se non di origini nobili, doveva essere certo fra le più copiscue del luogo.
Nel 1380 un Tommaso fu podestà di parecchi luoghi. Da detto Tommaso ne derivò in terza generazione Niccolò figlio di Tommaso e Giacoma dei Rosei.

Niccolò Bonafede nacque nel 1464 e venne fatto studiare nel collegio Capranica per gli ottimi rapporti che intercorrevano tra suo padre ed i due Cardinal Capranica. Conseguì la laurea in diritto civile e canonico nel 1492 a Roma. 
Entrò al servizio del nipote del papa Alessandro VI e ottenne la nomina di vicario nell'arcivescovado di Trani. Qui si mise in luce per un'impressionante capacità di controllo sui contrasti e le fazioni locali, tanto da attirare le attenzioni del papa che lo nominò suo familiare, protonotariato apostolico e governatore di Tivoli nel 1496. Tenne la carica fino alla fine dell'anno successivo, segnalandosi per il vigore con cui fece lotta agli Orsini, schierati contro il papa e quindi contro la famiglia Borgia. 
Dopo un breve periodo a Venezia, nel febbraio 1499 fu governatore a Benevento, dilaniata da lotte intestine e anche qui mostrò la sua grande capacità nel destreggiarsi in ogni situazione. 
Nel novembre dello stesso anno ottenne la nomina di commissario generale delle armi pontificie e successivamente il governo di Forlì, conquistata nel 1500.
Cesare Borgia lo incaricò poi del governo di Perugia e mentre stava preparandosi (l'anno era il 1503) per una missione a Siena giunse la notizia della morte del papa Alessandro VI.
Restò fedele alla causa del Valentino ma non senza crearsi nuovi più fortunati protettori. S'impegnò infatti durante il conclave a sostenere la candidatura del nuovo (e breve) papa Pio III, che lo nominò governatore di Roma. Il nuovo conclave, apertosi lo stesso anno, vide Giuliano della Rovere diventare Giulio II anche grazie all'azione politica di Bonafede. Il governo di Roma da parte di Niccolò Bonafede restò ricordato per l'energia con cui la legge fu imposta a nobili e popolani con fortissima imparzialità. 
Nel 1504 divenne vescovo di Chiusi, ma una malattia lo costrinse a passare mesi lontani dalla città per curarsi. Ristabilitosi, Giulio II lo nominò governatore di Forlì, ma qui un esercito guidato da Giovanni Sassatelli (sostenuto, per altro, dal cardinale Francesco Alidosi) occupò la città e costrinse il Bonafede a rifugiarsi nella rocca. Non riuscì neanche a vendicarsi dell'affronto subito che venne nominato commissario delle truppe pontificie per la conquista di Bologna. I castelli del contado caddero uno dopo l'altro e l'11 novembre del 1506 Giulio II entrò nella città, accolto da Niccolò.
Dopo quattro anni passati nella tranquillità di Chiusi, Giulio II fece ricorso alla sua abilità per la questione di Modena, minacciata dalle incursioni francesi. Fornì la città di viveri ed equipaggiamento, assicurando al duca di Urbino (giunto al comando di un forte contingente pontificio) una preparazione ottima, tanto che i francesi rinunciarono all'assedio.
Il nostro Bonafede fu allora incaricato da Giulio II del governo di Bologna, che amministrò con la consueta abilità fino a che l'Alidosi, venuto per predisporre rifornimenti per le truppe pontificie, decise di cedere la custodia di queste ai popolari, che ne approfittarono per aprire le porte ai Bentivoglio (e ai francesi, accampati al di fuori della città).
L'Alidosi fuggì, il Bonafede malato fu costretto a rifugiarsi in casa di un nobile bolognese. 
I Bolognesi si rifiutarono di consegnarlo all'esercito francese e sgombrata la città dal grosso delle truppe francesi lo rimisero al posto di governatore, senza riconoscere l'autorità pontificia ma riconoscendo unicamente l'ottimo lavoro fatto dal Bonafede.
Ritornò alla vita politica solo nel 1519 quando Leone X lo incaricò del governo delle Marche, con l'obiettivo di scardinare i vari signorotti della regione. Quasi impressionante è la vittoria riportata su Ludovico Eufreducci, nel 1520, in campo aperto e con un esercito di gran lunga inferiore, che si concluse con la sconfitta e la morte del signore nato a Fermo.
Venne poi sollevato dalla carica, per questioni non concernenti il suo operato, andò a Firenze per trattare col cardinale Giulio de' Medici e risolta questa questione fu di nuovo incaricato di scacciare da Rimini Pandolfo Malatesta. Le notizie rilevanti questa impresa sono molto sporadiche.
Sperò di passare gli ultimi anni della sua vita in pace nel palazzo fattosi costruire a San Giusto, ma questi anni furono conditi dalle sopraffazioni degli Orsini, eredi della fazione dell'Eufreducci nelle Marche. Persecuzione che ebbe termine nel 1531 per intervento del pontefice Clemente VII che costrinse gli Orsini a desistere.
Morì il 6 gennaio del 1534 a San Giusto.