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Francesco Alidosi

1455 - 24 Maggio 1511

Scheda

ARMA: D’oro all’aquila spiegata di nero coronata dello stesso e caricato in cuore da un giglio d’oro.
Lo scudo è cimato da una croce trilobata d’oro e sormontato da un cappello cardinalizio con cordoni e fiocchi laterali.
Il cartiglio sottostante dice: FRANCISCVS CARDIN· / ALIDOSIVS LEGATVS / 1508 (Cardinale Francesco Alidosi. Legato 1508).

L’arma autentica degli Alidosi era: d’oro all’aquila spiegata di verde accollata di una corona d’oro e caricata nel cuore di un giglio dello stesso.

Gli Alidosi o Alidosio, antica e potente famiglia di Imola, originatasi secondo il Litta da quella degli Onesti, Duchi di Ravenna (secondo altri dai Duchi di Barbiano), si divise in numerosi rami. Quello Alidosio fu investito del vicariato di Imola nel 1395 che mantenne fino al 1424.

Il Cardinal Francesco Alidosi deriva dal ramo degli Alidosi di Castel del Rio, terzo figlio di Giovanni signore del luogo e di Maria Alidosio.
Dopo aver intrapreso corsi di teologia allo studio di Bologna, entrò nella corte di Sisto IV, forse grazie all'intercessione di Girolamo Riario, signore di Imola.
Alla morte del papa nel 1484 Francesco passò sotto la protezione di Giuliano della Rovere (futuro Giulio II) diventandone segretario.
Col Della Rovere era iniziata già dagli anni di Sisto IV un'amicizia molto forte, destinata a durare a lungo.
Quest’ultimo, in seguito all’elezione di Rodrigo Borgia, fuggì da Roma ma l'Alidosi non lo seguì subito. Rimase infatti alla corte del papa che cercò però di convincerlo ad avvelenare l'amico Giuliano. Francesco allora avvertì l'amico e lo convinse a scappare in Francia, dove lo raggiunse e lo affiancò per tutta la durata dell'esilio. Esilio che durò fino al 1503, anno in cui Rodrigo Borgia morì e Giuliano divenne papa.
A questo punto l’Alidosi iniziò una rapida e brillante carriera. Prima Cameriere Segreto di S.S. poi Protonotario Apostolico, nel 1504 era Vescovo di Mileto e nel 1505 di Pavia. Dopo queste cariche, nonostante l’opposizione degli altri cardinali, fu nominato da Giulio II Cardinale Prete con il titolo di S. Marco e Achilleo.
Inoltre dal 1504 ottenne dal papa l'incarico di diverse missioni piuttosto delicate, come le trattative con Cesare Borgia per la restituzione di diverse città, la sorveglianza dello stesso Borgia o la legazione presso la corte di Luigi XII di Francia.
Il 19 magggio 1508 venne nominato legato di Bologna da Giulio II. Qui la situazione era piuttosto difficile in quanto il sostegno cittadino alla famiglia Bentivoglio rendeva precario il controllo della Santa Sede.
L'Alidosi agì con fermezza e risolutezza facendo mettere a morte alcuni esponenti del partito dei Bentivoglio, diversi senatori e firmando la condanna a morte di circa 30 oppositori.
Richiamato a Roma, tornò a Bologna nel 1509 come legato non solo della città ma dell'intera Romagna e in tale ruolo comandò a distanza ben due eserciti, ottenendo diverse vittorie, la nomina di Arcivescovo della città ma anche la gelosia e il conseguente odio del duca di Urbino Francesco Maria della Rovere, nipote di Giulio II.
Nel 1511, i bolognesi che mal sopportavano il ferreo governo dello Stato Pontificio, si ribellarono facendo causa comune con le truppe francesi, momentaneamente nemici del papa, accampate fuori città.
L’esercito pontificio comandato da Francesco Maria della Rovere fu sconfitto e l’Alidosi fu costretto a fuggire, mentre i Bentivoglio venivano di nuovo acclamati Signori di Bologna.
Rifugiatosi a Ravenna, ove Giulio II aveva posto il suo quartier generale, cercò di giustificarsi accusando della sconfitta il Della Rovere, nipote del Papa.
Giulio II dette ragione al legato e non ascoltò le motivazioni del nipote, ma quest'ultimo, il cui odio nei confronti di Francesco era totale, offeso dalle sue insinuazioni e incontratolo per strada, lo pugnalò a morte: era il 24 maggio 1511.

Francesco Alidosi, esecrato dai suoi contemporanei, fu in realtà un fedele esecutore degli ordini del Papa al quale era legato da profonda amicizia. Amicizia che dette adito ai suoi detrattori, di avanzare le più sordide insinuazioni, per altro mai provate.
Fu anche colto e raffinato umanista, amico e protettore di Michelangelo e grande estimatore del Bramante. Diresse i lavori di restauro e decorazione di Villa Magliana a Roma, del Palazzo Comunale a Bologna (1509) e dedicò ogni possibile sforzo alla restaurazione della sua famiglia nella città di Imola, compito reso impossibile dalla politica di Giulio II tesa a eliminare ogni parvenza di indipendenza sotto i domini pontifici.