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Il governo di Bologna all’arrivo dei Francesi

Politico 1796

Schede

All’arrivo delle armi francesi a Bologna nel 1796, la struttura governativa di Bologna e del territorio a lei soggetto aveva al suo vertice il cardinal Legato, rappresentante del potere pontificio, coadiuvato da un vicelegato (rispettivamente il cardinal Ippolito Antonio Vincenti Mareri di Rieti e monsignor Giacinto Orsini dei duchi di Gravina principe romano), e il Senato, composto di 50 membri (ma cinque seggi erano vacanti) appartenenti ad altrettante famiglie nobili bolognesi. A capo del Senato era il Gonfaloniere di Giustizia, eletto dal numero dei senatori, che durava in carica un bimestre. Lo coadiuvavano otto Anziani Consoli, scelti fra i dottori legisti e la nobiltà minore abilitata a tale carica. Per sopraintendere ai diversi affari di governo di sua competenza, il Senato si suddivideva in Assunterie, della durata di un anno. Ce n’erano otto ordinarie (di Camera, Governo, Imposta, Ornato, Munizione, Pavaglione, Zecca, Milizia) e altre, fra cui quelle di Magistrati, Confini, Sgravamento, Instituto, Arti, Tasse, Liti, Sollievo, Abbondanza, Studio.

Il Senato entrava anche, con sette propri membri, nella composizione dell’importante Congregazione detta della Gabella Grossa, in origine riservata a dodici professori dell’Università, i quali, gestendo i proventi doganali sulle merci importate, pagavano con quelli i propri stipendi. Uno dei senatori, infine, veniva nominato Ambasciatore a Roma presso la Santa Sede: il privilegio formalmente più rilevante che caratterizzava Bologna come uno stato sovrano, distinto dal resto dello Stato Pontificio. C’era poi il Magistrato dei Collegi, che vigilava sugli approvvigionamenti e sul commercio dei generi alimentari, composto dai sedici Gonfalonieri del Popolo, o Tribuni della Plebe (due senatori, quattro cittadini, quattro mercanti, un dottore legista e un dottore artista o un notaio collegiato), in carica per un quadrimestre, e dai ventiquattro Massari delle Arti, in carica per un triennio. Cariche minori, legate al governo del contado, anche se ormai più nominali che reali, erano quelle dei cosiddetti Uffici Utili. Altri organi avevano competenze specifiche in qualche particolare settore: come i Difensori dell’Avere (avevano a che fare con i dazi) e gli Ufficiali delle Acque (si occupavano della manutenzione di strade, ponti e canali del contado).

Se Senato e Legato governavano nominalmente assieme (si diceva: “niente può il Legato senza il Senato, niente il Senato senza il Legato”), al solo Legato spettava l’amministrazione della giustizia e il compito di mantenere l’ordine pubblico. Per la giustizia, lo coadiuvavano giudici non bolognesi: un Uditore di Camera (competente in materia finanziaria), un Uditore Generale (per cause civili), un Uditore del Torrone (per cause penali) e il tribunale della Rota di Bologna, tribunale d’appello per le cause civili (per quelle penali bisognava ricorrere direttamente al Legato o a Roma), composto di tre giureconsulti. Questi ultimi duravano in carica cinque anni, e uno di essi a turno veniva nominato Podestà. Per l’ordine cittadino il Legato si avvaleva dei birri, capeggiati dal bargello. Aveva poi alle sue dirette dipendenze un corpo di cavalleggeri e le guardie svizzere, preposte al presidio del Palazzo pubblico. Le milizie urbane, invece, distinte da quelle pontificie (altro tratto, assieme alla facoltà di battere moneta propria, di avere un proprio sistema doganale e fiscale, e di tenere un ambasciatore a Roma, caratterizzante la pretesa indipendenza di Bologna da Roma), reclutate soprattutto nel contado e destinate alla difesa del territorio in caso di guerra, dipendevano congiuntamente dal Senato e dal Legato.

Silvia Benati