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Il Fascio è rifondato con un nuovo statuto

20 Ottobre 1920

Schede

Leandro Arpinati, ex ferroviere anarchico originario di Civitella di Romagna, passato nel 1915 al fronte interventista - fedelissimo di Mussolini, del quale è stato guardia del corpo - riorganizza il Fascio bolognese, in crisi dall'inverno precedente per la fuoriuscita degli interventisti democratici.

Da generico servizio d'ordine, il Fascio si trasforma in una formazione politica dotata di un forte braccio armato. Raggruppa nazionalisti, liberali conservatori e borghesi, penalizzati dal carovita in città e vittime dell'azione sindacale socialista nelle campagne.

Tra le sue fila vi sono molti studenti, ex combattenti, commercianti. Un rapporto del Prefetto parla di giovani animosi con tendenze politiche diverse, “ma uniti nell'intento fondamentale: opporsi al bolscevismo e a qualunque azione che tenda all'instaurazione del regime dei soviets in Italia”.

Il nuovo statuto del Fascio, approvato il 20 ottobre, prevede l'uso della violenza e di mezzi inconsueti, affermando che "i fasci non sono legalitari ad ogni costo, nè illegaritari a priori".

Tra i mesi di marzo e giugno 1921, fasci di combattimento sorgeranno in tutta la provincia. Nel volgere di poche settimane gli squadristi passeranno all'attacco delle sedi operaie e promuoveranno feroci spedizioni punitive contro i socialisti.

Il Fascio bolognese farà suo il motto di quello triestino: "Pronti ad uccidere, pronti a morire". Secondo l'amico Torquato Nanni, Arpinati sarà "il primo, il più metodico, il più violento, il più inesorabile degli squadristi bolognesi".