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Il cannone di Filopanti

24 Novembre 1885

Schede

Il 24 novembre 1885 si svolgono in città le prove per determinare l'efficacia del colpo di cannone, che indica il mezzogiorno, a seconda del calibro e della posizione. Si spara dalla Panoramica, da San Michele in Bosco e dalla Montagnola, con cannoni da nove e con obici. La scelta cadrà sul piccolo piazzale antistante la Conserva del Vascello, situata lungo la via Panoramica, la nuova strada che collega la direttrice di Porta San Mamolo con l'antico convento di San Michele in Bosco. Il “cannone di mezzogiorno” è una iniziativa voluta dallo scienziato-filantropo Quirico Filopanti ed appoggiata dal sindaco Tacconi, ad imitazione della cannonata a salve - da Castel Sant'Angelo, poi dal Gianicolo - introdotta da Pio IX nel 1847 per regolare le campane di Roma, il “spara castello”. A mezzogiorno a Bologna si svolge puntualmente un altro rito: nella Piazza Maggiore, intitolata a Vittorio Emanuele II, un impiegato del Comune in divisa dà il pasto ai colombi, che nidificano sui palazzi intorno. Si tratta di un vero e proprio spettacolo quotidiano, che fa accorrere numerosi curiosi. Il cannone serve anche per festeggiare l'avvento del nuovo secolo. Lo scoccare della mezzanotte è segnalato da un suo colpo, mentre in piazza suonano le fanfare del Comune, dei pompieri e della Virtus e le campane suonano a distesa. La torre del Palazzo del Podestà si illumina di fuochi di bengala. Un lungo corteo si snoda per le strade di Bologna, dietro un fanalone alto due metri. Anche Giosue Carducci partecipa alla festa firmando, di prima mattina, delle cartoline di auguri.

"Ogni giorno alle undici e mezza, lo stomaco, più ancora del grosso omega estratto dal panciotto, annunciava al maresciallo maggiore Albino Rocca del III Artiglieria che era ora di dare una voce ai due soldati. Li chiamava, faceva un cenno con la testa che significava di sbrigarsi e i due artiglieri se ne andavano pigramente con le mani in tasca per quella passeggiata obbligatoria che ogni giorno erano tenuti a compiere dalla caserma, a San Michele in Bosco. Arrivati sullo spiazzo, pigliavano il sacco della polvere da sparo, ne pesavano due chili sulla bilancia, poi – alla stessa ora in cui le donne dopo aver fatto analoga operazione, buttavano giù la pasta – mettevano la polvere in una specie di pentola di bronzo allungata, collocata su due ruote. “Obice da 22 centimetri ad avancarica, tipo Masaniello, fuso dal regio arsenale di Torino nel 1860, peso quintali 8 circa, incavalcato su affusto rigido da assedio” sillaba ora, ansimando lievemente, il vecchio maresciallo Rocca. Alle 12 meno 5 minuti, nel casotto di ferro che ospitava il cannone, trillava un campanello collegato con l’Osservatorio meteorologico dell’Università. Cinque minuti dopo con un altro trillo, l’osservatorio ordinava il fuoco. Dalle murate di San Michele in Bosco partiva una salva di cannone che aveva il pacifico incarico di annunziare il mezzogiorno agli artigiani, ai contadini che lavoravano nei campi fino a Budrio, Medicina e Persiceto, ai campanari che aspettavano il bòtto attaccati alle corde, pronti a soffocarne l’eco con un sonoro scampanìo. Il cannone di San Michele in Bosco giace oggi probabilmente in qualche arsenale e i visitatori che lo ammirano pensano forse a sue epiche gesta senza immaginare che la sua è invece stata una vita di brava massaia e la sua polvere veniva pesata a pugni come il riso e la farina. Dal 1927 il cannone di San Michele tace. Fu l’anno in cui l’amministrazione comunale cui spettava il compito di fornire la polvere da sparo per il mezzogiorno più che mai di “fuoco” ritenne troppo oneroso tale incarico e tagliò le munizioni al caposaldo di San Michele in Bosco. Gli artiglieri spararono l’ultimo colpo e abbandonarono la posizione.

Di tutta questa favola un po' guerriera e un po’ casalinga è rimasto soltanto un vecchio maresciallo in pensione che va in bicicletta con una molletta al calzone destro per non ungerlo con la catena e parla con molto rispetto dei diciotto “signor colonnelli” dinanzi ai quali è scattato sull’attenti nella sua lunga carriera. La vita del maresciallo Albino Rocca si è molto probabilmente fermata all’ultima salva del suo obice tipo Masaniello: è affondato idealmente con lui e con i suoi artiglieri bonaccioni. Si capisce da come ne parla: si ricorda ancora tutto, dal meccanismo di sparo costituito da “cannello a frizione” allo “scovolo” (una pertica di 30 chili per l’avancarica) che un giorno non si trovò più e lo si rinvenne poi lungo le pendici del colle perché gli artiglieri se lo erano dimenticati dentro la canna, al momento dello sparo. Gli artiglieri di Albino Rocca avevano a disposizione due chili di polvere nera ma ogni giorno, dal mucchietto messo sulla bilancia, ne toglievano un pugno che nascondevano poi in un angolo del casotto di ferro. Era la provvista per lo sparo fuori ordinanza della mezzanotte di Capodanno, che così si udiva anche a Modena e a Forlì. Un primo gennaio di un certo anno il maresciallo Rocca recatosi a visitare la piazzola trovò il casotto scoperchiato e il cannone sull’attenti: gli effetti di cinque chili di polvere, tre dei quali, pazientemente risparmiati durante l’anno. Un’altra volta il cannone sparò mezz’ora prima di mezzogiorno e tutti i bolognesi regolarono fedelmente la loro giornata, abbassando saracinesche o mollando vanghe e badili, all’errore dei due artiglieri che probabilmente erano innamorati ed avevano perduto la bussola. Poi, un bel giorno un tiro a sei del III Artiglieria salì a San Michele in Bosco; i soldati attaccarono il cannone ai cavalli come fosse un carro da morto. Così si mosse mestamente lungo le pendici del colle il funerale dell’obice tipo Masaniello: il corteo sostò un attimo dinanzi al fotografo dalla macchina a soffietto. Le mani sui fianchi o dietro la schiena i grossi marescialli fissarono l’obbiettivo, poi montarono sulle biciclette con la sciabola applicata al manubrio e scesero per la strada a scatto libero, seguiti dai cavalli. Il giorno dopo un falegname seguitò a lavorare fino alle tre del pomeriggio". (da 'Quando Mezzogiorno scoppiava a S. Michele in Bosco', trascrizione a cura di Lorena Barchetti).

In collaborazione con Biblioteca Sala Borsa - Cronologia di Bologna.