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Gli amici del Museo di Medicina

Schede

Sono amici del Museo Civico di Medicina tutti coloro che credono e aiutano questa istituzione a crescere, a svilupparsi e ad essere più rilevante nel patrimonio e nella capacità di comunicare. In questo senso vanno, senza dubbio, le ultime e numerose donazioni che singoli o istituzioni hanno devoluto al Museo Civico.

In primis devo menzionare una cessione da parte delle Scuole elementari “Elia Vannini” di una ricchissima e preziosissima collezione di burattini, voluta con grande determinazione dal passato direttore Raffaele Romano Gattei. Si tratta di una ventina di “teste di legno”, ossia di veri e propri burattini scolpiti, realizzati agli inizi del 1900 dalla manifattura dei fratelli Emilio e Filippo Frabboni. La collezione è stata opportunamente inventariata e riordinata grazie alla perizia e alla dedizione di Anna Brini e Giuliana Sarti. La collaborazione con l’Istituto Beni Culturali dell’Emilia Romagna ha consentito di avviare lo studio dei burattini da parte di Paolo Parmiggiani, esperto del Centro Regionale di Catalogazione. La storia della raccolta è complessa ed alcuni elementi indiziari ci consentono di raccontarla. I burattini, con uno stupendo e cospicuo corredo di abiti ed accessori, nonché con una dotazione di tutto rispetto di fondali e scenografie, fu ceduta attorno agli anni Cinquanta da un burattinaio che era solito venire a fare gli spettacoli per i bambini delle scuole. Sulla base dei ricordi della maestra Evelina Cussini Romagnoli e su testimonianza della maestra Guglielma Cattani, da tutti conosciuta come Nina, che sempre curò e addirittura recuperò dalla dimenticanza questo patrimonio, si trattava probabilmente del burattinaio Agostino Serra di Bologna che, prossimo alla pensione e consapevole dell’amore che la scuola medicinese riservava ai suoi spettacoli, pensò di cedere in cambio di poco tutto il suo mestiere. Infatti, racconta “Nina” – venne lasciata da lui anche la baracca in legno dipinta –, che purtroppo è andata nel tempo perduta.

Questa raccolta, ora propria del Museo di Medicina, testimonia un sapere artigianale e un mestiere ormai scomparso, radicato nella cultura del territorio bolognese dell’800 e del ‘900, quello del burattinaio, che costruiva i burattini e li muoveva per far divertire i bambini, i grandi e gli anziani nelle piazze della città e nei piccoli paesi della provincia. Devo ricordare che la scuola elementare possiede altri materiali che sarebbero degni di essere esposti e utilizzati nel Museo, ma ogni donazione va istruita quando esistono le condizioni necessarie per l’accettazione. Le donazioni vanno in un certo qual modo “digerite”, assimilate, ordinate, schedate, inventariate ed esposte, pertanto meglio fare pochi passi, ma ben fatti. Peraltro la disponibilità della scuola ad arricchire gli istituti culturali di Medicina è stata riconfermata dall’attuale direttrice dottoressa Anna Maria Bucciarelli, che ha depositato presso la Biblioteca comunale un antico volume del ‘600 dal titolo “Imagini delli dei de gl’antichi” ancora presente, in maniera isolata, presso la Biblioteca scolastica. Il discorso sulla valorizzazione dei patrimoni storico-scientifici della scuola è aperto, e deve essere continuato con l’intento di lavorare per migliorare i patrimoni e le conoscenze della comunità medicinese. Spesso è il legame con la terra d’origine, il ricordo del passato, la riconoscenza per il proprio paese che spinge le persone a ripristinare, con la donazione, un legame affettivo con Medicina.

Così è successo per il dottor Giovanni Rambaldi, nato a Fiorentina e scomparso repentinamente l’inverno scorso. Rambaldi da diversi anni si era dedicato alla pittura e soprattutto alla scultura, è suo infatti il busto dedicato al dottor Mirri nella sala dell’Antica Farmacia del Museo Civico. La sua assidua frequentazione e il suo desiderio di ritorno nei luoghi dove era nato, lo hanno portato a seguire sempre più i nostri eventi culturali e ad interessarlo in particolare alla storia del Carmine di Medicina. Dapprima lo aveva affascinato la figura di Elia Vannini e, sulle poche note scritte dedicate a questo religioso, famoso per il suo operato di compositore, Rambaldi ha fuso un bronzo di Elia Vannini, poi donato al Museo ed esposto nella stanza dedicata alla musica. In seguito, lo scultore ha continuato a lavorare alle figure dei religiosi dell’ordine carmelitano ed ha loro dedicato piccoli busti in terracotta. Purtroppo non ha potuto completare il suo progetto di fusioni in bronzo. Infatti, è stata la signora Cesarina Forti che ha compiuto il desiderio del marito di continuare ad arricchire le collezioni medicinesi, donando anche i busti dei padri carmelitani ancora in terracotta. Ugualmente la dottoressa Forti ha consegnato all’Osservatorio di Fiorentina, secondo la volontà del coniuge scomparso, una scultura in bronzo dedicata da Rambaldi al centro astronomico di rilevanza internazionale. Quest’ultima sarà esposta in occasione dell’inaugurazione del Centro visite del Radiotelescopio medicinese.

Grazie anche alle donazioni ed all’indimenticabile sollecitudine del maestro Medardo Mascagni, scomparso il 5 agosto 2001, la stanza della musica del Museo è stata completata da due pannelli dedicati a Domenico Maria Gentili, organaro, e ad Elia Vannini. Inoltre, grazie alla collaborazione di Elisabetta e Giovanna Mascagni e di Luigi Galvani, è stato possibile realizzare una teca dedicata allo stesso maestro Mascagni, noto violista d’amore e affezionato cultore della musica. Questa iniziativa, necessaria per ampliare la storiografia dello scenario musicale medicinese, ha stimolato ulteriori donazioni. In particolare – a seguito della partecipazione del Museo Civico di Medicina con strumenti, utensili e lettere della donazione Poggi ad un importante evento culturale dedicato alla liuteria bolognese – la signora Isa Melli ha voluto destinare alla raccolta medicinese una nota biografica dettata direttamente dal maestro Arnaldo Poggi alla persona che gli è stata vicino negli ultimi anni di vita, la signora Marocci.

Da parte della signora Gemma Salieri, per ricordare il marito e la sua lunga dedizione alla Banda Municipale di Medicina, è giunto al Museo il clarinetto di Antonio Zanerini, che si è andato ad affiancare a quello già presente di Oreste Cenesi. Un piccolo angolo del Museo documenta infatti, seppure in maniera del tutto parziale, la storia della Banda Municipale, in attesa che una sede propria del gruppo bandistico possa ospitare degnamente cimeli, ricordi, documenti, fotografie e narrazioni. Anche le sezioni artistiche del Museo hanno goduto d’attenzione. In particolare la sezione di arte sacra, che aveva già visto la dottoressa Camilla Mascagni donare – in memoria dei tempi trascorsi con la famiglia negli spazi del Palazzo della Comunità, che fu loro dimora – un crocifisso in argento esposto nella sala già al momento dell’inaugurazione, è stata nuovamente oggetto di generosità. La signora Mascagni ha donato una formella votiva in ceramica, propria della devozione popolare e contadina, che ritrae San Antonio protettore degli animali.

Inoltre si deve dare la dovuta rilevanza al nuovo allestimento della Pinacoteca, dedicata al maestro Aldo Borgonzoni. Gli spazi del piano alto del Museo sono stati riorganizzati, nell’autunno scorso, al fine di poter meglio esporre e conservare le opere del maestro. Aldo Borgonzoni, pur in età avanzata, continua infatti a prestare grande attenzione ai luoghi ed alle collezioni d’arte contemporanea, così, come ha generosamente donato opere all’Università di Parma e al Museo Bargellini di Cento, che hanno per l’occasione promosso grandi eventi espositivi e importanti cataloghi, ha continuato a donare suoi lavori al piccolo Museo di Medicina. L’ultima sua donazione comprende un piatto dipinto nel 2002, con il ritratto di una mondina, e una stampa personalizzata ad olio e tempera sempre datata 2002, raffigurante un personaggio conciliare.

Infine il Museo, ma più in generale la collettività medicinese, ha acquisito un insieme di trenta immagini, realizzate dal fotografo Giordano Bonora, nell’ambito di un progetto di ricerca e studio su Medicina e una generazione, quella del 1947, alla quale lo stesso fotografo appartiene. Il lavoro di Bonora, dal titolo “La linea permanente”, è stato presentato con una mostra realizzata nella scorsa primavera in Sala Auditorium e l’insieme delle opere è ora presso il Museo, con l’intento di riproporre, in altre circostanze e in altri luoghi, l’esposizione, magari con l’opportunità di stampare un catalogo. Con le immagini Bonora ha raccontato la propria visione della storia, in maniera più efficace che con le parole. Le immagini che compongono “La linea permanente” possono, di primo acchito, apparire o sembrare immagini difficili, complesse, cifrate, simboliche, ma è valsa la pena aprire bene gli occhi - del cuore e della mente - e lasciare vagare i pensieri per captare il senso di una storia, certo personale – quella di Giordano Bonora –, ma anche collettiva. La storia di almeno una o più generazioni, ma anche di una comunità dentro la quale le persone sono cresciute, sono state educate e hanno poi contribuito a costruire, creare e modellare il tessuto sociale e urbanistico della loro piccola grande città. Nel racconto visivo di questo fotografo c’è la storia di Medicina e della sua gente, del tempo passato – i giochi, la scuola, i teatrini, le feste, la parrocchia – del tempo presente – le calde architetture antiche accanto alle nuove, spesso fredde, presenze urbanistiche – e del tempo futuro – quello che i padri tramandano ai figli, passando quel filo rosso che è la storia. Il valore testimoniale del lavoro visivo e narrativo di questo fotografo, nato e cresciuto a Medicina e che da tempo vive a Bologna – testimone quindi diretto e coinvolto, ma anche lontano e distaccato – è molto alto, ha uno straordinario impatto ai fini della consapevolezza dell’identità di questo paese. Ogni visitatore ha potuto sentire, interpretare, carpire... ciascuno ha potuto stare a guardare o entrare dentro o scappare, ma ognuno è stato almeno sfiorato, o forse toccato dall’indubbia forza della materia e delle sue ombre, che raccontano - con l’impiego di tecniche alchemiche e informatiche, quasi esoteriche - la vita di pochi che, proprio perché restituita da un fotografo artista, è anche la vita di tanti. Giordano Bonora ha fatto alla, anche sua, Medicina un omaggio non comune, donando questa sequenza impressionante di immagini uniche e originali.

Si deve quindi concludere con la consapevolezza che questo Museo della comunità medicinese cresce grazie alla generosità e all’attenzione che persone, artisti, intellettuali gli riservano, per motivi diversi, ma certo stimolati da garanzie nella conservazione e nella divulgazione. Pertanto l’impegno che l’Amministrazione comunale deve sentire come primario è quello di far funzionare nel migliore dei modi e per il maggior pubblico possibile quest’istituzione, che è custode di un patrimonio davvero eccellente.

Lorella Grossi

Testo tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 1, ottobre 2003.