Giovanni da Modena - Testa della Madonna

Giovanni da Modena - Testa della Madonna

1425 circa

Scheda

Il frammento di testa di Maria, che si trovava dagli inizi dell’ottocento nel chiostrino delle Madonne nella Certosa, si potrebbe identificare con l’affresco descritto da Machiavelli nel 1821: “La Madonna a mano destra sotto l’organo è stata levata dalla cappella annessa a S. Tommaso del Mercato” . La chiesa era stata chiusa nel 1802, perciò il Malvasia nelle sue Pitture di Bologna, scritte a fine seicento, parla del sacro edificio, che era ancora aperto al culto, descrivendo un’opera in esso contenuta e poi citando frettolosamente “altri dipinti sul muro da maestro antico”, i quali “sono intorno il 1400” . Sicuramente tra questi vi era anche la nostra Vergine.
Nel chiostro delle Madonne, già della cisterna, “graziosa costruzione del quattrocento”…. “un funzionario della certosa raccolse, fra il 1805 e il 1820, moltissime immagini mariane che rischiavano la dispersione perché le loro chiese erano state soppresse” . L’iniziativa fu del funzionario dell’amministrazione napoleonica Francesco Calori. La Certosa era diventata in quegli anni un vero museo, che raccoglieva opere d’arte, compiute in vari secoli, dal XIII al XVIII . Nel chiostro delle Madonne vi erano soprattutto immagini del tre – quattrocento. La scelta delle raffigurazioni, in prevalenza ad affresco, da trasportare nel chiostrino, era stata guidata da “esigenze conservative del monumento ed istanze devozionali connesse a culti non più consentiti nel loro luogo d’origine”… “una traccia era in questo caso offerta da fonti storiografico – guidistiche” . La raccolta giungeva ad avere un certo valore, per la diffusa predilezione per i pittori primitivi da parte dell’ottocento romantico. Sotto le immagini vennero poste delle epigrafi latine non autentiche; una simile la troviamo nell’affresco di Lianori, situato nel campanile di S. Girolamo. L’iscrizione, che vi era sotto il nostro frammento di Madonna, considerata non corrispondente all’affresco, venne rimaneggiata posteriormente, tamponando gli incavi delle lettere . Si leggevano sulla lastra di pietra, negli anni settanta, queste parole: “…EIVS – ORE A TEMPLO THOMAE APOST. – AD FORVM BOARIVM ” . “Foro boario” era l’altro nome della chiesa di origine del dipinto . Come giustamente dice Clò, quelle immagini mariane erano “ben più un patrimonio per la pietas fidelum , che non per la conoscenza critica dell’arte da esse espressa” .
Il Longhi studia la testa di Madonna negli anni trenta, inserendola, nei Nuovi ampliamenti dell’officina ferrarese, tra le prove di Giovanni da Modena . Sia Zucchini che Renzi, in anni successivi, parlano del frammento con la “testa della ‘Vergine’ di Giovanni da Modena” . Anche nel Dizionario enciclopedico Bolaffi e nel più recente Dizionario biografico degli italiani ritroviamo il dipinto, che al nostro si può attribuire “con sicurezza” . Per quanto riguarda la datazione dell’opera, il Volpe dice solo che essa è stata eseguita da Giovanni successivamente al ciclo Bolognini . De Marchi propone, con più precisione, una data che si avvicina molto al 1425, anno in cui Giovanni esegue il disegno per il portale di S. Petronio di Jacopo della Quercia “sulla parete provvisoria che allora chiudeva la basilica all’altezza della terza campata” .
Nell’articolo sulla Strenna Storica Bolognese, Tassinari Clò, afferma che la nostra Vergine era detta “Madonna del Parto” . Purtroppo oggi il brandello di affresco restante non permette di formulare alcuna ipotesi sul tipo di rappresentazione iconografica mariana al tempo raffigurata.
Volpe sostiene che nel “frammento squisitamente lieve e patetico della Certosa” si vanno ad affievolire le note troppo aspre del ciclo Bolognini. Infatti più che alla Vergine dell’ Adorazione dei Magi ( fig. X, appendice ) , accosterei la nostra figura alla Madonna della Salute in S. Giovanni in Monte; entrambe guardano lo spettatore con aria dolcemente triste, con i loro occhi un po’ gonfi, la bocca appena piegata all’ingiù. Doveva essere molto bello il velo che cinge la testa della nostra Maria, ritmato in morbide pieghe che ricadono con naturalezza sulla fronte e le incorniciano il viso.
Il dipinto è molto frammentario e mal ridotto, per cui mi viene da pensare che forse aveva già subito delle manomissioni o un altro trasporto, prima di giungere alla Certosa. In effetti la chiesa di S. Tommaso, di origine assai antica, fu “rifabbricata” nel 1703. Il Malvasia scrive le Pitture di Bologna prima di quella data, parlando di tanti dipinti del quattrocento , tra cui forse il nostro, che subiscono una notevole riduzione numerica dopo la ricostruzione settecentesca dell’edificio. Merluzzi, tra Le soppresse chiese parrocchiali di Bologna, inserisce S. Tommaso e parla dell’ oratorio di S. Anna ad esso annesso, in cui individua il luogo di provenienza del nostro frammento . Ho pensato che l’oratorio fosse stato costruito nel 1704, insieme al cimitero, che costeggia la chiesa, poiché risulta essere perfettamente inserito nel percorso cimiteriale. In tal caso, allora, il dipinto deve esser stato rimosso dal muro originario di S. Tommaso negli anni della sua riedificazione, e portato in S. Anna, prima di arrivare nella Certosa.
Nel 1969 fu compiuto il restauro della testa di Madonna, che fu staccata e poi trasportata nella cappella delle Reliquie, della chiesa di S. Girolamo della Certosa “per una migliore conservazione” .

Claudia Vernacotola
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Chiesa di S. Girolamo (La)
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Antonella Mampieri, Armanda Pellicciari, Roberto Martorelli; La Chiesa di S. Girolamo della Certosa di Bologna; Comune di Bologna, 2006. © Museo Risorgimento Bologna | Certosa.

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