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Giampietro Lippi

Schede

Armando Lanzarini gestiva un’osteria a Pian di Venola e commerciava in granaglie. Fascista della prima ora, squadrista, consigliere comunale a Marzabotto eletto nel 1922 nella lista fascista, aveva avuto un ruolo secondario nella gerarchia nera perché s’era vista sbarrata la strada del potere prima da Daniele Quadri e poi da personaggi esterni come Cavallari e Luzi. Dopo la caduta di Quadri, il defenestramento di Cavallari e l’emarginazione di Luzi, finalmente nel luglio 1939 Armandino - così veniva chiamato a Marzabotto Armando Lanzarini - fu nominato segretario del fascio marzabottese. Alla fine del 1941 fu nominato commissario prefettizio per il Comune di Marzabotto. Dopo tanta pazienza, Armandino, quando ormai i fascisti più noti si erano dati a vita privata o comunque tentavano di lasciare le cariche, divenne l’ultimo ras di Marzabotto; un ras senza potere, almeno nel 1943-1944, perché il poco potere ancora in mano italiana lo gestiva Lorenzo Mingardi, servo convinto dei nazisti che guidava nella loro violenta caccia ai partigiani ed agli antifascisti in genere. Lupo ritenne che fosse arrivato il momento di giustiziarlo. Subito dopo la cosiddetta battaglia di Pietramala, nel momento nel quale la Stella Rossa si preparava al rientro ordinato e graduale nella zona di Monte Sole, egli ordinò ad una squadra di precedere la brigata e di provvedere all’esecuzione. La squadra era comandata da Mario il piccolo; fra i partigiani c’era anche Gnac [Primo Ventura]. I partigiani sorpresero Armandino martedì 22 agosto alle nove del mattino a Pian di Venola, egli stava raccogliendo pere in un suo campicello, a ridosso della linea ferroviaria Porrettana. I partigiano lo chiamarono: “Lanzarini!?”. Armandino si voltò, una raffica di sten troncò la sua vita. Contemporaneamente un cacciabombardiere americano mitragliò un autocarro civile nel rettilineo di Pian di Venola. Qualcuno portò a Marzabotto la notizia che un caccia americano aveva mitragliato il commissario prefettizio. Altre persone corressero: “Macché aeroplano che passava, sono stati i partigiani”. Lorenzo Mingardi comprese immediatamente la portata del fatto, corse all’Ortskommandatur di Villa Aria a chiedere ai tedeschi d’intervenire per rappresaglia. Il comandante tedesco rispose, tramite l’interprete, che era stato ammazzato un fascista e che la questione riguardava i fascisti. Mingardi, imprecando pubblicamente contro i tedeschi, si rivolse al comando della GNR di Bologna che inviò a Marzabotto, su due autocarri, una trentina di militi. Essi, su segnalazione dello stesso Mingardi, arrestarono quattro antifascisti, Marcello Burzi, Ettore Rovinetti, Aldo Monari e Lindo Mainardi. Aldo Monari e Lindo Mainardi furono salvati dal fascista Armando Quadri; Marcello Burzi e Ettore Rovinetti vennero invece fucilati davanti alla casa di Rovinetti. I militi fascisti rientrarono a Bologna nel tardo pomeriggio. Transitarono da Marzabotto cantando a squarciagola. I fascisti locali organizzarono i funerali di Armando Lanzarini il giorno dopo. Il corteo si snodò silenzioso. Appena fuori Marzabotto, ci fu il discorso di commiato. Lo tenne il segretario comunale Agostino Grava in mezzo ad un angoscioso silenzio. La gente, più che seguire l’oratore, stava attenta ad un intervento partigiano. L’oratore pronunciò un discorso alato, senza alcun dubbio troppo lusinghiero. Al termine, la popolazione sciamò via velocemente e il feretro poté proseguire per il cimitero di Panico. Tre giorni dopo, Lorenzo Mingardi fece arrestare il segretario comunale, che evidentemente non lo aveva soddisfatto.

Giampietro Lippi, La Stella Rossa a Monte Sole. Uomini fatti cronache storie della Brigata partigiana “Stella Rossa Lupo Leone”, Ponte Nuovo editore, Bologna, 1989
[SR]
Note
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