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Foglia d'acanto

XIX secolo

Schede

I numerosi gessi conservati nel Collegio Artistico Venturoli di Bologna si dividono in due grandi serie: calchi e copie dall’antico o da celebri opere dell’arte occidentale, oppure opere originali dei giovani artisti dell’istituto o dei loro docenti.

Il copioso materiale derivato da opere del passato serviva quale modello di studio ed esempio per i ragazzi e - similmente a quanto avviene ancora oggi nei licei artistici e nelle accademie - erano utilizzati durante le lezioni di “copia dal vero”, per cercarne di riproporre su carta o creta le identiche proporzioni e fattezze, entrando in sintonia con l’opera d’arte, comprendendone le proporzioni dei volumi, spesso riprendendoli con luci e angolazioni diverse. Tra le prime prove su cui esercitarsi - prima di accedere a volti, mani e piedi - si richiedeva di copiare forme eleganti ma semplici quali foglie o piccoli elementi architettonici. Proprio come in questo caso.

La foglia di acanto e il più classico dei classici ornamenti architettonici dai tempi della Grecia antica, elemento predominante del capitello corinzio che presentava una decorazione a motivi vegetali ispirati dalle foglie di questa pianta tipica del mediterraneo. La sua diffusione ornamentale attraverso epoche, luoghi e correnti artistiche è inimmaginabile: dall’epoca romana per tutta l’estensione dell’impero, all’architettura bizantina, da quella romanica a quella gotica e ancora in quella rinascimentale, fu elemento fondamentale e inseparabile in ogni tipo di ornamentazione, traghettando l’armoniosa larghezza di forme e l’elegante flessuosità delle foglie nell’arte barocca, nel Settecento e sino ad oggi. Ogni epoca ne ha dato la sua versione: più carnosa e flessuosa, più nervata e spigolosa, più lineare, più avvolgente, a cesto nei capitelli, a girali per fregi e rilievi a decorazione vegetale.

Ecco allora gli studenti del Venturoli confrontarsi con la classicita della foglia d’acanto, per esercitarsi in seguito con panneggi, teste barbute o inanellate di boccoli, satiri danzanti e spellati “bolognesi”: tutto era fonte d’ispirazione e di stimolo nella gipsoteca. Senza muovere un passo si poteva “viaggiare” tra teste di imperatori romani e mezzi busti del Bernini passando per grassocci puttini barocchi a splendidi calzari neoclassici, senza dimenticare opere più ricercate, quali i bassorilievi di Agostino di Duccio per il Tempio Malatestiano di Rimini. La gipsoteca era uno strumento prezioso che si integrava ai reali viaggi di studio, alle passeggiate per Bologna per scoprire la citta e alle gite e soggiorni estivi nei paesi limitrofi o nelle grandi città d’arte.

Dalle scritte e dai numerosi segni a matita che insistono nel ripassarne il bordo, capiamo subito che il nostro calco è stato veramente vissuto: possiamo immaginare i giovani studenti che evidenziano con la matita l’ingombro della foglia, per sintetizzarne la forma in linee geometriche semplici e studiarne i rapporti proporzionali e le sue linee sinuose di contorno, ma soprattutto la resa delle ombreggiature: per riuscire a rendere sulle due dimensioni del foglio un oggetto tridimensionale.

Ilaria Francia

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.