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Giovanni Federzoni

29 Agosto 1849 - 14 Giugno 1923

Scheda

Letterato e politico, nasce a Bologna nel 1849. Nel 1869 si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Bologna e seguì le lezioni di Carducci con cui si laureò nel 1873. Iniziò la carriera dell’insegnamento nel ginnasio Guinizelli di Bologna, poi divenne direttore del liceo Minghetti, insegnò al Galvani e alla Scuola superiore femminile. Nel 1897 fu nominato per pochi mesi Ministro dell'Istruzione. Curò la pubblicazione della Strenna delle Colonie scolastiche bolognesi, edita per la raccolta di fondi utili all'istituzione, coinvolgendo suoi amici artisti e letterati, tra cui Carducci, Giovanni Pascoli ed Olindo Guerrini. Tra i suoi allievi vi fu Mario Missiroli, futuro direttore de 'Il Resto del Carlino'. Tra i suoi numeorsi scritti poetici e studi dedicati a Dante Alighieri - tutti editi da Zanichelli - segnaliamo Il paradiso perduto ed altri scritti (1895); Diporti danteschi (1899); Amore serotino. Negli anni gravi. Sonetti (1904); L'angelo nocchiero (1912). In età avanzata si trasferisce a Roma per proseguire la sua attività di insegnamento presso il Liceo Umberto I. Muore nella capitale il 14 giugno 1923. E' sepolto alla Certosa di Bologna, Sala del Colombario, pozzetto 779.

L'epigrafe della lapide recita: GIOVANNI FEDERZONI / LETTERATO INSIGNE / CVLTORE PROFONDO DEGLI STVDI DANTESCHI / PER L ANNI IN BOLOGNA E IN ROMA / MAESTRO DI DOTTRINA E DI ITALIANITA’ / EBBE PARI LA SAPIENZIA ALLA MODESTIA / DALLA MEDITAZIONE DEGLI ETERNI MISTERI / SALI’ PURO ALLA CONOSCENZA DI DIO / N. XXIX AGOSTO MDCCCXLIX / M. XIV GIVGNO MCMXXIII.

"Giovanni Federzoni nacque il 29 agosto 1849 a Bologna e morì alla metà del '23 a Roma, dopo avere onorato la scuola italiana con cinquant'anni di lavoro eletto ed intenso ed in pari tempo educando ai più puri ideali la gioventù della nuova Italia. Laureandosi nel 1873, Giovanni Federzoni insegnò nel Ginnasio «Guido Guinizzelli», poi nel R. Liceo Minghetti, indi nel R. Liceo Umberto I di Roma; fu libero docente nella nostra Università e socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le province di Romagna. Le sue pubblicazioni si distinguono per Lucidezza e compostezza di pensiero e di forma e per quella chiarezza di eloquio che imprime e approfondisce nell'animo dello studioso i principi, le norme, gli esempi dell'arte. A prova di ciò, valga il ben volume di Lettura Italiane Moderne da Lui scelto e annotato per le scuole secondarie e per le famiglie: note che rilevano il suo largo corredo di studi coscienziosi e amorosi fatti sulla nostra lingua. Ma in particolar modo due sue pubblicazioni rivelano l'acuto ingegno e il gusto del Federzoni: il commento alla Vita Nova e il Commento alla Commedia, nel quale ultimo è condensata tutta la dottrina che l'insigne uomo possedeva. Il commento, alla «Divina Commedia» fu dedicato al figlio con una affettuosa lettera che termina con queste parole: «L'opera mia, qualunque essa sia, ora intendo che sia a te dedicata; anzi voglio che sia a te legata, come per testamento; a te, perché sei il legittimo possessore delle cose mie e sopra tutto perché, mosso e spinto dall'idea della gloria e della grandezza d'Italia, hai combattuto fortemente e con tutte le armi. Viva sempre nei cuori italiani l'anima di Dante e viva sempre gloriosa e grande l'Italia! - il tuo babbo». A questo buono e valente educatore la Giunta Municipale, presieduta dal Sindaco comm. Umbreto Puppini. Volle intitolare una scuola del Comune, l'antica scuola dell'Arcoveggio, che accoglie più di mille fanciulli abitanti nella vasta e popolare Bolognina. Nell'aula maggiore di tale scuola venne, il 10 aprile inaugurato un busto di Giovanni Federzoni, opera d'arte egregia dello scultore Attilio Selva, offerto dai discepoli romani del professore a S. E. Luigi Federzoni. Il busto in bronzo è sorretto da una stele di marmo su la quale è scolpito la dedica. «A Giovanni Federzoni – per cinquant'anni Maestro insigne d'Italianità – Nato in Bologna nel MDCCCXLIX – Morto in Roma nel MCMXXIII – i discepoli memori – P. P. - MCMXXVII».

La cerimonia, improntata a carattere intimo e raccolto, riuscì austera. Erano presenti i famigliari: S. E. Luigi Federzoni. Federzoni, madre di S. E. N. D. Gina Melotti, consorte del Ministro, signorina Anna Lena sua figlia e cav. Ugo Federzoni, zio del Ministro. Fra i presenti notammo: il prefetto gr. Uff. Guadagnini col capo di gabinetto comm. Patrignani, il sen. Albini Vicepodestà in rappresentanza del Podestà, il sen. Dallolio, l'on. Tumedei, il conte Zucchini, delegato del comune col. Comm. Sommariva segretario generale, il comm. Turchi, presidente della Deputazione provinciale, il prof Ducati, vice Rettore della R. Università, comm. Luciani, questore, il cav. Avv. N. Masetti, capo dell'ufficio di P. S. e il prof. E. Cappelletti, direttore centrale, che riceveva autorità e invitati. Assistevano pure, le rappresentanze degli alunni della scuola stessa col direttore Montiani e con i capi-scuola maestro Muratori e maestra Gasperini. Prese per primo la parola l'avv. Prof. Amilcare Rossi, Presidente del Direttorio dell'associazione Combattenti di Roma, e medaglia d'Oro, il quale, già discepolo del Grande Maestro, diede in consegna al rappresentate del Podestà, a nome dei memori e riconoscenti alunni Giovanni Federzoni ebbe in Roma, il busto che essi hanno desiderato rimanesse nella scuola del comune di Bologna dedicata alla salda memoria di Lui. L'oratore quindi ricordando le parole con le quali Giovanni Federzoni dedicava e legava l'«opus maius» della sua portentosa attività letteraria al diletto figli Luigi: «Durante la maggior parte della mia vita ho studiato l'opera di Dante e l'anima di lui, anima cattolica, anima italiana: ed ho cercato fu far intendere a molti il senso letterale e l'intimo spirito del poema sacro. Questo ho voluto far conoscere anche a te, mio figliuolo, e ad altri quasi figliuoli, a miei discepoli, esortando sempre te e loro, secondo gli ammaestramenti del Poeta, a giustizia, a fortezza, a costanza romana, a italianità pura». Riferendosi a queste ultime parole, il prof Rossi prosegue «Esse sono il compendio vero della religione civile e della vita realmente vissuta da Quegli che fu il Maestro mio diletto e venerato e fu il Maestro indimenticato di alcune delle generazioni di combattenti della grande guerra vittoriosa. Come figlio adottivo, nel senso più alto e più nobile dell'espressione, perché tutti veramente di affetto paterno amava i suoi discepoli, e come soldato modesto, ma non degli ultimi, della guerra redentrice della depressa anima nazionale, affermo con commossa certezza innanzi a voi, Bolognesi, che a buon diritto, del resto, lo considerate tra i concittadini più grandi e più degni, che Giovanni Federzoni fu precursore e propagatore in tempi oscuri, della grande idea nazionale, la cui essenza purissima deriva direttamente dal Padre Dante non per amore di esattezza scientifica soltanto, ma per intima perfetta corrispondenza della sua personale concezione e passione». Rileva quindi il significato della cerimonia, volta a celebrare, nella persona persona immateriale di Lui e nel suo nome venerato, e ad esaltare le virtù sublimi che non debbono sperdersi per il buon seme che lasciano tra gli uomini.

Lumeggia poi, nella sua meravigliosa compiutezza, la vita e la personalità complessa e semplice ad un tempo di Giovanni Federzoni, la cui giornata fu tutto un episodio di bontà e di dolcezza infinita, fu tutto un apostolato di infaticata attività eroica, fu tutto un esempio di altruismo e di abnegazione volti a fini altissimi e di educazione civile e di morale perfezionamento della società, le cui basi Egli vedeva, per la sua fede politica Nazionalista prima e di Fascista poi come già prima ancora per profondo maturato convincimento, come fossero raccomandate prevalentemente alla coscienza e alla fede dei giovani. E conclude: «Noi che beneficiammo del suo purissimo apostolato di sacrificio e di amore sentito che l'opera e il nome di Lui non saranno dimenticati. E gli italiano di oggi e di domani, i nostri figli che lo apprenderanno da noi e tutti quanti dopo le nostre generazioni lo apprenderanno dal monumento che Egli eresse a se stesso nella produzione culturale e didattica, sapranno che è sempre vivo e benefico il ricordo di Giovanni Federzoni, che per oltre cinquant'anni educò la gioventù d'Italia ai più puri e più santi ideali. Nel nome di Lui e in Lui che potentemente vi cooperò in un mezzo secolo di efficace propaganda veramente formativa delle coscienze e dei cuori, salutiamo la nuova grandezza e la nuova bellezza morale dell'Italia nostra, che ai pur rari campioni di compiuta perfezione spirituale, come Giovanni Federzoni, si affida in eterno e per essi in eterno si accresce».

Il discorso del sen. Albini. Avendo il prof. Amilcare Rossi invitato il rappresentante del Comune a ricevere il busto donato dagli scolari romani del Federzoni, il sen. Albini così comincia: «Si, ricevo questa effigie di Giovanni Federzoni: ed è un onore per me riceverla in nome del Comune e del Podestà di Bologna, rendendo le più fervide grazie ai donatori e giusto tributo di plauso all'artefice». Dice poi che vorrebbe le sue brevi parole fossero specialmente rivolte agli alunni e alle alunne presenti, perché meglio sappiano chi fosse questo ospite novo che viene a stare con loro e che è il buon genio del luogo, cui già dava il nome. E la bontà appunto ne esalta per prima cosa, e insieme con la bontà la perfetta finissima educazione. Leggendo sulla stele dell'erma le parole «per cinquant'anni maestro insigne d'italianità», spiega il contenuto, ch'è immenso, di questa parola, e mostra che il magistero del prof. Federzoni fu tale veramente. Lo segue a Roma ove ebbe a trasferirsi ad anni inoltrati. Fu un distacco lasciare Bologna: lo fece con la solita dignità e senza nessun clamore. Era disegno di provvidenza che Roma dovesse altamente pregiarlo e premiarlo. Destinato il figliuolo di Lui a rendere grandi servigi alla Patria in altissimi gradi e non si tratta già solo di raccogliere onori a tempi come questi e in un Governo instancabile e rigeneratore, - l'abnegazione paterna fu quanta doveva essere, e la naturale compiacenza quanto mai intima e vereconda. Anche dal suo insegnamento non gli mancano premi, almeno quelli che solo Egli ambiva, l'affetto dei moltissimi scolari e la riuscita di molti in tutto degni di Lui. E soggiunge: «Ce n'è anche qui più d'uno e più d'una. Ma che la sensitiva della modestia non impaurisca: ne nomino un solo, perché è degli scolari romani donatori del busto e perché è (inchiniamoci) medaglia d'oro, il prof. Amilcare Rossi». Accennato il mutuo affetto che il Federzoni ebbe coi maestri suoi grandi e poi coi colleghi e altri uomini insigni; accennato agli alti studi e alle opere belle; l'amico si raccoglie a ripensare la figura dell'amico, e dice quasi testualmente: «sarà ricordo personale, ma è un documento verace che potrà aggiungere ad altri. In una conoscenza che risaliva tanto addietro, io non rammento da parte sua altro che segni di cortesia e di affetto, sorrisi or più sereni or più mesti, sempre buoni; e conforti tanto più cari quanto più spontanei e autorevoli mi vennero da Lui fino all'estremo e oggi ne sento la mancanza; tratti di amicizia che risapevo tardi e da altri; egli non li diceva non li ricordava neppure; albero gentile che reca naturalmente i suoi fiori. Non mi fu dato forse di ricambiarlo adeguatamente: tanto più mi è caro rendergli questa testimonianza, che mi piace altersì perché è così bello (e con la miglior volontà se ne trovano rare occasioni), è così bello poter dire di uno tutto il bene sapendo che si dice proprio la verità».

Le ultime parole del sen. Albini sono un saluto agli alunni per i quali il nome e il ricordo dell'ottimo Maestro d'italianità sono lieto presagio che riusciranno degni figli d'Italia probi e operosi. L'affettuoso discorso del sen. Albini, accolto con vivi segni di consenso dall'eletto uditore, fu in ultimo unanimemente applaudito; e S. E. il Ministero e i famigliari di Lui significarono all'oratore i sensi del loro grato animo. In occasione della inaugurazione del busto a Giovanni Federzoni nella Scuola omonima S. E. Bodrero, Sottosegretario di Stato alla P. I., inviò al Podestà il seguente telegramma: A nome Ministro e mio, presento omaggio reverente alla memoria di Giovanni Federzoni, cittadino e padre esemplare, maestro impareggiabile, studioso genialissimo, onore della scuola italiana. Ossequi. Sottosegretario Istruzione: Emilio Bodrero." (Testo tratto dalla rivista 'Il Comune di Bologna', aprile 1927, trascrizione a cura di Zilo Brati)

2008, ultimo aggiornamento giugno 2023.