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EUGENIO IV

11 Gennaio 1383 - 23 Febbraio 1447

Scheda

EUGENIO IV - Gabriele Condulmer (1383 – 1447)

Il cartiglio papale recita: EVGENIVS IV· PONT· MAX· / OLIM BONONIÆ LEG·

La famiglia Condulmer originaria di Pavia era di estrazione mercantile e, pur essendo fra le più in vista di Venezia, venne esclusa dal patriziato con la serrata del Maggior Consiglio nel 1297. 
Angelo Condulmer, per aver fornito soldati alla repubblica veneta per la guerra contro Genova, vi fu ammesso nel 1381 e nel 1431 vi fu ammesso Marco perché nipote di Gabriele divenuto Papa con il nome di Eugenio IV. Un terzo ramo della famiglia entrò a far parte del patriziato più tardi, in seguito alla guerra di Candia.

Gabriele Condulmer nasce a Venezia nel 1383 da Angelo, nobile e veneziano e da Bariola, sorella di Gregorio XII. Quest’ultimo fu papa dal 1406 al 1415, nel periodo dello scisma di Occidente che mise in seria difficoltà la Chiesa per più di 40 anni. 

Prima di parlare della vita di Eugenio IV, è d’obbligo fare una contestualizzazione storica in modo da capire la situazione nella quale Gabriele Condulmer si trova a reggere le sorti dello Stato Pontificio.
Lo scisma di Occidente è un periodo di quasi 40 anni che lacera lo Stato Pontificio e la figura del papa, iniziato quando la sede papale da Avignone (ove si era trasferita nel 1309) viene riportata nuovamente a Roma. O, per lo meno, questo era il piano. Nel 1378 moriva Gregorio IX e bisognava eleggere un nuovo papa. Si decise di fare il conclave a Roma.
Il popolo pretendeva un papa italiano (se non Romano) ma non tutti i cardinali erano d’accordo, né nell’eleggere un papa italiano né nell’eseguire un conclave a Roma. Dopo diverse controversie, al papa eletto a Roma (Urbano VI) venne contrapposto un altro papa, Roberto di Ginevra, eletto da cardinali francesi ritiratisi a Fondi, che prese il nome di Clemente VII (che, essendo un antipapa, non è da confondere con il papa Clemente VII del XVI secolo).
Siamo nel 1378 e da questo momento fino al 1417 si assiste a un periodo in cui non si ha quasi mai un unico papa riconosciuto da tutti i cardinali, ma diversi concili in diversi luoghi di Europa eleggono diversi papi, che si vanno a contrapporre e a non riconoscere a vicenda.
Per esempio, il sopracitato Gregorio XII, papa romano eletto a Roma nel 1406, non venne riconosciuto da Benedetto XIII, antipapa eletto dai cardinali francesi alla morte di Clemente VII nel 1394.
Dopo un tentativo (fallito) di risoluzione durante il concilio di Pisa del 1409, dal 1414 al 1418 a Costanza (anche grazie alla mediazione dell’imperatore Sigismondo di Lussemburgo) si tenne un Concilio nel quale si riconobbe ed elesse all’unanimità un nuovo papa, destituendo gli altri e portando diverse riforme nelle strutture dello Stato della Chiesa.
I tre papi infatti (Gregorio XII, Benedetto XIII e Giovanni XXIII) abdicarono e venne eletto Martino V (1417-1431).
Ma ciò che può risultare molto utile sottolineare sono due dei decreti stabiliti durante il Concilio di Costanza.
L’istituzione del Concilio infatti non va più a rappresentare qualcosa di sporadico e convocato occasionalmente, ma un’istituzione che deve riunirsi periodicamente (Decreto Frequens) e che ha un potere superiore a quello del papa (Decreto Haec Santa). Quest’ultimo è ovviamente un dettaglio non da poco.
Martino V era stato eletto durante il Concilio e rappresentava quindi l’espressione delle decisioni di questo.
Una volta divenuto papa, però, non volle portare avanti le istanze conciliari che imponevano la superiorità di questo al papa, anzi, si adoperò per affermare il primato del Pontefice.
Il partito conciliare però non rinunciò alla sua lotta politica e acconsentì solo a una tregua, rimandando la discussione sul governo della Chiesa ad un nuovo concilio, che doveva tenersi a Basilea nel 1431.
Il pontificato di Martino V può essere visto come un periodo di tregua fra lo scontro delle forze conciliariste e quelle papali. Forse un periodo di tregua dovuto alla necessità di evitare altri grossi problemi all’interno della Chiesa, visto che, come detto in precedenza, quest’ultimo usciva da 40 anni non esattamente tranquilli.


È in questo periodo che si trova a reggere le sorti dello Stato Pontificio Gabriele Condulmer, che prenderà il nome di Eugenio IV.
Prima di diventare papa era stato vescovo di Siena in giovanissima età, nel 1407, grazie alle sue conoscenze, e nel 1408 venne fatto cardinale. Partecipò quindi al Concilio di Pisa e di Costanza.
Dal 1420 al 1424 lavorò come legato papale nella città di Bologna. In questa veste aveva attuato una politica antiviscontea (e quindi antimilanese) cercando di far gravitare Bologna unicamente intorno alla città di Firenze e alla sua economia, escludendo la città Lombarda.
Morto Martino V (1431), venne eletto papa a Roma.
La situazione che doveva fronteggiare era tutto tranne che semplice, sia per quanto riguardava gli equilibri all’interno della Chiesa, sia la situazione nella Capitale.
Qui, infatti, la famiglia dei Colonna, cui apparteneva il neo defunto Martino V, anche grazie alla sua mediazione, era diventata dominante nella città e nella campagna circostante, un’enorme potenza che rischiava di rendere non poco difficile l’affermazione del potere temporale della Santa Sede a Roma.
Eugenio IV infatti, da subito, cercò di limitarne i poteri e ridurne i possedimenti, sostenendo una loro famiglia rivale, quella degli Orsini.
Ma la potenza dei Colonna era troppo ampia, mentre l’influenza del papa nel Lazio e nelle regioni settentrionali dello Stato della Chiesa molto limitata (qui infatti i diversi condottieri Niccolò Fortebraccio, Francesco Sforza e Niccolò Piccinino facevano il bello e il brutto tempo).
Anche con le altre forze in campo il rapporto non era facile. Se Martino V aveva avuto un atteggiamento di accordo con la famiglia Visconti (Milano) e il regno di Napoli, Eugenio conservò questa linea solo per quanto riguardava il regno (il cui esercito aiutò Eugenio ad avere la meglio sui Colonna nel 1431).
Per quanto riguardava la famiglia milanese, invece, Eugenio portò avanti la politica antiviscontea che aveva caratterizzato la sua legazione apostolica nella città di Bologna, ma su un piano più vasto, cercando di ostacolare la penetrazione di questi ultimi in tutta l’Italia centrale e sostenendo gli interessi di Firenze e Venezia. Per contrastare la presenza milanese nella Tuscia mandò un esercito comandato da Niccolò Fortebraccio.
Nel frattempo, iniziava il Concilio di Basilea con Eugenio assente. Il canonico incaricato di portare notizie a riguardo riferì che la città era pericolosa e la presenza degli Hussiti (eresia di cui si doveva parlare durante il Concilio) fra le file conciliari non presagiva nulla di buono.
Il papa mandò allora una bolla chiudendo il concilio e trasferendolo a Bologna, suscitando l’indignazione del presidente del Concilio e dei suoi membri, che in risposta emanarono un’enciclica negando la bolla di Eugenio, affermando di volere restare uniti e di non muoversi dalla città. Tutta l’Europa si schierò con loro.
La mediazione dell’imperatore (desideroso di ottenere l’incoronazione imperiale da parte del papa) si fece decisiva ed Eugenio ritornò indietro sui suoi passi.
Ma la motivazione principale di ciò è che la situazione in Italia cambiava nuovamente.
Qui i Visconti avevano di invadere le regioni pontificie con Francesco Sforza e Niccolò Fortebraccio (passato dalla parte dei nemici papali) occupando un’ampia zona della Marca e buona parte dell’Umbria, insieme al Lazio meridionale grazie all’aiuto dei Colonna.
È quindi per questo che nel 1433 Eugenio revoca la bolla e provò a convincere lo Sforza a passare dalla sua parte concedendogli dei benefici.
L’idea funziona relativamente: lo Sforza passò (teoricamente) dalla sua parte ma i Visconti si diressero verso Roma ed Eugenio fu costretto a fuggire di notte travestito da frate per rifugiarsi a Firenze, appena riconquistata dai Medici.
Il sostegno finanziario di questa città permise al papa di radunare un esercito affidato al cardinale Vitelleschi che riuscì ad ottenere numerose vittorie nel Lazio e nell’Umbria, sconfiggendo a più riprese gli avversari della Santa Sede fra il 1434 e il 1439.
Riprese anche la lotta contro le forze conciliariste che avevano, nel frattempo, votato decreti fortemente limitativi contro l’autorità pontificia. Nel 1437 il papa ruppe i suoi rapporti col Concilio e con una bolla ne decretò il trasferimento a Ferrara.
L’alleanza con Firenze permise di ottenere per un breve periodo anche il controllo di Bologna, dove provò a far rientrare la famiglia Bentivoglio.
Il 5 dicembre Antongaleazzo Bentivoglio rientrava a Bologna, il 23 dicembre veniva assassinato. Ma il papa non si diede per vinto, instaurò un governo di tre suoi fedeli, che assunsero un comportamento fortemente repressivo nei confronti dell’economia dell’oligarchia bolognese.
Fra il 1436 e il 1438 il papa dimorò a Bologna tenendo a freno l’odio verso il regime, ma nel momento in cui fece ritorno a Firenze il malcontento scoppiò, i bolognesi si schierarono dalla parte dei Visconti e chiamarono il comandante milanese Niccolò Piccinino a reggere il comune, nominandolo a settembre del 1439 governatore della città.
Perduta nuovamente Bologna, Eugenio cominciò a vedere anche problemi col regno di Napoli, in quanto nel 1435, morta Giovanna II, Eugenio sostenne (per la seconda volta) non Alfonso di Aragona ma Renato d’Angiò, investendolo l’anno successivo formalmente del Regno.
Tutto l’equilibrio che era andatosi a creare, già precario, cominciò a crollare. Firenze cominciava ad espandersi in Umbria, incrinando l’alleanza sostenuta negli ultimi anni, Venezia si espanse in Romagna mentre Sforza assume atteggiamenti insubordinati e indipendenti dalle volontà papali.
Quello che poteva sembrare l’ennesimo aspetto negativo della situazione, e cioè la vittoria di Alfonso nella guerra iniziata per il trono del Regno di Napoli, si trasformò però in positivo.
Si potè assistere infatti a un avvicinamento fra il monarca e il papa, siglato da un patto del 1442 nel quale si decretava l’impegno comune nella lotta contro lo Sforza, spina nel fianco per Alfonso.
La rottura fra Firenze (alleata dello Sforza) e il papa fu resa definitiva proprio da questa decisione.
Le alleanze erano (come spesso accade) cambiate radicalmente nel giro di pochi anni: da una parte vediamo Firenze e Venezia alleati con lo Sforza nella battaglia contro il papa.
Quest’ultimo vantava un’alleanza con Alfonso d’Aragona e i Visconti (che avevano abbandonato nel frattempo la politica antipapale forti del comune nemico). Ma nell’ottobre del 1444 Eugenio fu costretto a riconoscere l’incapacità delle sue armi nello sconfiggere la fazione nemica e a rinnovare ancora allo Sforza l’investitura delle terre dominate nella Marca in cambio di una sospensione delle ostilità.
La tregua era però contraria agli interessi di Firenze e gli scontri ricominciarono fino al 1446, quando il papa riuscì a far passare dalla propria parte Sigismondo Malatesta, uno dei principali sostenitori dello Sforza.
Recuperati buona parte dei territori persi nel momento di crisi, molti restavano i problemi dello Stato Pontificio. Uno di questi era Bologna.
Nel 1442 Francesco Piccinino (Figlio di Niccolò) era riuscito a stroncare un tentativo di Annibale Bentivoglio di impadronirsi del potere, ma nella primavera del 1443 una coalizione dell’oligarchia giungeva al potere cacciandolo (Annibale godeva di una posizione di preminenza all’interno di questa coalizione).
Risultati positivi erano però giunti nella lotta contro il Concilio. L’avvicinamento dei Visconti e di Alfonso aveva sottratto importanti sostenitori, indebolendo la forza politica del Concilio.
Nel 1440 venne eletto l’antipapa Felice V (il cui segretario fu per qualche tempo Silvio Enea Piccolomini, futuro Pio II) che ebbe però un’influenza molto limitata, non recandosi mai a Roma e avendo una vita ritirata.
Abdicò nel 1449, senza troppi problemi, ottenendo l’anno dopo il titolo cardinalizio e rappresentando l’ultimo antipapa della storia. I conciliaristi avevano perso.
Gli ultimi anni di governo di Eugenio IV furono rappresentati da un tentativo di unire le due chiese nella lotta contro i Turchi, subendo una grossa sconfitta presso Varna nel 1444 ma influenzando le politiche dei successivi papi nella preparazione di una crociata contro l’impero Ottomano.
Ammalatosi a gennaio del 1447, morì il mese dopo nel Palazzo Vaticano.
Dovette affrontare una situazione non esattamente tranquilla, in un’Italia lacerata da lotte interne e con una Chiesa ancora alle prese con le conseguenze dei passati decenni.

Dal momento che prima di essere eletto Papa, Gabriele Condulmer fu Legato di Bologna, nella Sala Urbana è presente anche il suo stemma araldico