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Ebe

1820-1823

Schede

Antonio Canova realizzò due versioni dell’Ebe e da ciascuna furono tratte due repliche. La prima versione, in cui il sostegno è costituito da una nuvola, è documentata dalla statua del museo di Berlino e da quella, proveniente dalla collezione di Giuseppina Beauharnais, oggi conservata all’Ermitage. La seconda versione, con un tronco come sostegno, è attestata dalle statue oggi a Chatsworth e a Forlì. Dagli studi della Mikocka apprendiamo che il generale polacco principe Ludwik Michał Pac, in viaggio in Italia con la moglie Karolina di Małachowski tra il 1819 e il 1820, durante la sua visita allo studio di Antonio Canova incaricò di alcune commissioni i suoi allievi Rinaldi, Tadolini e Baruzzi (Mikocka 2001).

Il principe risentì fortemente del tour italiano dal quale riportò in patria, oltre a numerosi dipinti e sculture antichi, anche una forte passione per l’arte di Canova, del quale possedeva un busto di Elena, oggi all’Ermitage. Il suo gusto neoclassico si espresse anche nel palazzo che si fece costruire dall’architetto italiano Enrico Marconi, collega di Baruzzi nel pensionato romano dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Qui furono collocate le sculture commissionate a Roma e giunte in Polonia entro il 1830. Una lettera di Antonio Canova a Leopoldo Cicognara, datata 23 febbraio 1820, testimonia le varie commissioni ricevute da Baruzzi da parte del nobile polacco. Grazie alla lettura dei documenti e delle fonti è possibile ipotizzare che si trattasse di due statue, una Baccante e un’Ebe, un busto al naturale di Antonio Canova e due monumenti funerari, dedicati ad antenati del Pac. Dai due rilievi funerari e dall’Ebe Baruzzi ricavò almeno 2000 scudi romani. Mentre non abbiamo notizie del busto e della Baccante che potrebbe anch’essa corrispondere ad una copia da Canova o addirittura coincidere con l’Ebe, sono giunte no a noi quest’ultima e i due monumenti. Attualmente conservata presso il museo Lazienki di Varsavia la statua era esposta in origine nella grande sala del palazzo Pac da dove fu asportata per nasconderla nel monastero dei cappuccini ed evitarne il sequestro nel 1831, quando il palazzo fu sottoposto a saccheggio per punire la partecipazione del principe alla ribellione di novembre. Un volta ritrovata, nel 1834, l’Ebe fu collocata a palazzo Lazienki, prima nell’Orangerie, poi nella sala da pranzo, dove si trova attualmente. Leggermente più alta delle versioni autografe dello stesso soggetto l’Ebe è tratta, come nota la Mikocka, dalla versione di Forlì con cui ha in comune la collana, assente nelle altre statue. Nella mano alzata, Ebe reggeva una piccola brocca e in quella protesa in avanti una coppa. Mi sembra probabile che il gesso attualmente conservato presso la Villa Baruzziana, anch’esso con una collana scolpita a rilievo sul petto e ancora dotato di entrambi gli accessori, possa essere quello da cui Baruzzi avrebbe tratto il marmo oggi a Varsavia. Un’ipotesi tuttavia che solo un confronto diretto tra le due sculture potrebbe confermare. La statua polacca presenta numerose tracce di rotture al collo, ad entrambi i polsi, all’attacco del braccio destro e alle falangi delle mani. Baruzzi si cimentò più volte nella copia dell’Ebe di Canova. Sappiamo che fu una delle prime opere che riprodusse appena giunto nello studio del maestro e nella successiva gestione dello studio a lui affidata furono prodotti altri marmi di questo soggetto tra cui anche un piccolo busto, che si potrebbe identi care con quello oggi conservato presso la Accademia Carrara di Bergamo.

marmo bianco, statua 171 x 72 x 83 cm. Varsavia, Royal Lazienki Museum, sala da pranzo, inv. MNW 158405.

Antonella Mampieri

Testo tratto da: A. Mampieri, Cincinnato Baruzzi (1796 - 1878), Bononia University Press, 2014. Fonti: BCABo FSCB 64. Bibliografia: Catalogo delle opere di scoltura eseguite in marmo dal prof. cav. Cincinnato Baruzzi a tutto l’anno 1859, Bologna 1860; K. MIKOCKA-RACHUBOVA, Canova jego krag y Polaky (okolo 1780-1850), Varsavia 2001, t. II, pp. 137-144; L. SIGHINOLFI, La vita e le opere di Cincinnato Baruzzi, in Uno scultore neoclassico a Bologna tra Restaurazione e Risorgimento, a cura di C. Maldini, Bologna 2006, p. 313.