Salta al contenuto principale Skip to footer content

Donne al lavoro al posto degli uomini al fronte

26 ottobre 1916

Schede

Su alcune linee urbane di tram fanno la loro comparsa le prime donne, assunte come bigliettaie avventizie a tempo determinato. Altre donne già operano in città come spazzine, altre ancora hanno occupato nelle fabbriche i posti di lavoro degli uomini inviati al fronte. Il problema della scarsità di forza lavoro indusse a un massiccio ricorso alla manodopera femminile. Comitato Industriale per la Mobilitazione Industriale (CRMI) dell'Emilia emanò disposizioni già a partire dal 1915 in modo pressante, per stimolare l'assunzione di donne da inserire soprattutto nei processi produttivi di fabbriche per il munizionamento, soprattutto di quelle statali: secondo i dati riportati da Degli Esposti, nel Laboratorio Pirotecnico la manodopera femminile costituiva circa il 60 % della manovalanza. Anche nelle aziende ausiliarie di più piccole dimensioni come la Sigma o la Maccaferri & Pisa, le donne costituivano la maggioranza della forza lavoro. Anche la propaganda induceva le donne a dare il loro contributo materiale e morale. Una cartolina dell'Unione Generale degli Insegnanti Italiani per la guerra di Torino in un “Decalogo della donna italiana durante la guerra” riportava: “Moltiplica la tua attività, in casa e fuori, per renderti utile alla patria col lavoro delle tue mani, con l'ardore del tuo cuore, colla luce della tua intelligenza”.

L'alternativa all'impiego della manodopera femminile era quella dell'assunzione nuovi giovani non ancora in età da leva. E' da registrare il progetto, non portato a termine, del CRMI di aprire all'interno dell'Istituto Aldini – Valeriani una scuola per tornitori. Allo scopo di potenziare l'istruzione professionale e coinvolgere studenti all'interno del ciclo produttivo. Gli imprenditori però non accettarono l'assunzione di una manodopera improvvisata sia per motivi tecnici, sia per considerazioni di ordine sociale. Gli studenti spesso appartenevano a famiglie di ceti agiati, della medio alta borghesia: una volta avviati al lavoro di fabbrica, quando sarebbe finita la guerra, sarebbe stato un problema non da poco sostituirli con gli ex dipendenti di ritorno dal fronte. Le donne invece potevano essere licenziate più agevolmente, anche facendosi sostituire dai mariti.

Nicola Lugaresi

Bibliografia: F. Degli Esposti, L'industria bolognese nella grande guerra, in A. Varni (a cura di) Storia di Bologna. Bologna in età contemporanea. Vol. 4, Tomo 2, 2013, Bologna, Bononia University Press, pp. 45-151. 

cronologia sala borsa