Discriminazione razziale

Scheda

Le leggi razziali (5 provvedimenti tra il 1938 - 39), nel loro insieme, stabilivano che era proibito ai cittadini italiani di "razza" ebraica:
contrarre matrimonio con persone appartenenti ad altra "razza";
prestare servizio militare in pace o in guerra;
esercitare l'ufficio di tutore e di curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla "razza" ebraica;
essere proprietari o gestori di aziende con più di 100 dipendenti e proprietari di terreni con estimo superiore a 5.000 lire o fabbricati con un imponibile superiore a 20.000 lire;
avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini di "razza" ariana;
iscriversi alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche o private, frequentate da alunni italiani;
insegnare alle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine o grado e nelle Università ( con immediata sospensione dell'insegnamento o della libera docenza)
esercitare le professioni di notaio e di giornalista ( per gli altri professionisti era obbligatoria la denuncia di appartenenza alla "razza" ebraica e l'iscrizione in elenchi aggiunti da istituirsi in appendice agli albi professionali);
Era fatto divieto di avere alle proprie dipendenze persone di "razza" ebraica:
• alle Amministrazioni civili e militari dello Stato;
• al Partito Nazionale Fascista;
• alle Province, ai Comuni e agli enti pubblici;
• alle Amministrazioni delle aziende municipalizzate e delle aziende collegate agli Enti pubblici;
• alle Amministrazioni di imprese private di assicurazione.

Le leggi razziali italiane si preoccuparono di definire l'ebreo, con una casistica minuziosa.
Vennero considerati di "razza" ebraica coloro che avessero:
• entrambi i genitori di "razza" e di religione ebraica;
• un solo genitore di "razza" ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
• un solo genitore di "razza" o di religione ebraica e l'altro di nazionalità italiana;
• madre di "razza" ebraica, in caso di padre ignoto.

Non venne invece considerato di "razza" ebraica chi fosse nato da genitori entrambi di nazionalità italiana, di cui uno solo di "razza" ebraica, ma non appartenente alla religione ebraica.
Per il fascismo, dunque, le persone erano di "razza" ebraica e di "razza" ariana. La categoria giuridica dei "misti", tanto importante in Germania, in Italia non fu considerata.

C'erano tuttavia delle categorie di ebrei alle quali non erano applicabili le disposizioni contro la razza:
• i componenti delle famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola e dei caduti per la causa fascista;
• i mutilati, gli invalidi, i volontari e i decorati al valore nelle guerre sopraccitate;
• gli iscritti al Partito Nazionale Fascista del 1919 fino al secondo semestre del 1924;
• i legionari fiumani.

Le leggi razziali disponevano, infine, l'allontanamento dall'Italia di tutti gli ebrei stranieri entro 2 mesi; quelli ancora presenti sul suolo della penisola nel maggio 1940 furono internati nel campo di concentramento calabrese di Ferramonti di Tarsia.

Fonti: 
Michele Sarfatti, Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi, Einaudi, Torino 2002
Renzo De Felice Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1993 
www.deportati.it
www.museodiffusotorino.it

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