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Diploma della Carboneria riformata

1835

Schede

Il Diploma, intestato a Girolamo Tipaldo de’ Pretenderi e datato 11 gennaio 1835, venne donato al Museo dalla figlia Laura, unitamente ad altri documenti tutti relativi alla Carboneria di cui il Pretenderi, originario di Corfù e studente nella Bologna degli anni trenta del XIX secolo, aveva fatto parte. Era già stato esposto nel Tempio del Risorgimento nel 1888.

I mutamenti intervenuti in epoca napoleonica segnarono in maniera profonda Bologna, che faticava ad accettare il ritorno all’interno dello Stato ponticio. Dopo il Congresso di Vienna, pur in un clima di rassegnazione e attesa, in città furono attivi movimenti ed associazioni politiche legate allo scomparso ordine sociale. Fra queste associazioni la più vivace e rivoluzionaria era la Carboneria, società segreta sviluppatasi in Italia meridionale e che a Bologna si era diffusa soprattutto con l’arrivo in città delle armate napoletane di Gioacchino Murat (1815). Dalla Massoneria essa aveva mutuato il gusto per i complicati rituali, molti dei simboli utilizzati, il carattere internazionale e la struttura rigidamente gerarchica. Il suo scopo supremo era la libertà e l’indipendenza dei popoli soggetti, tuttavia non venivano definite con chiarezza né la forma più conveniente di governo (monarchico o repubblicano) né la scelta dei mezzi per assicurarne l’attuazione (pacifici o violenti), né l’assetto sociale dello stato ideale che si voleva attuare.

A partire dalla repressione dei carbonari marchigiani (1817), i bolognesi cercarono di sostituirsi ad essi nella direzione del movimento, in modo che la città potesse diventare «quel centro nel quale raccogliere si possono tutte le notizie degli altri stati e particolarmente delle altre provincie dello Stato». A tal fine il capo carbonaro Luigi Zubboli, cospiratore attivo ed ambizioso affiliato anche alla Massoneria, cercò l’appoggio dei ceti più elevati, ma senza ottenere grandi risultati. Molte delle persone più influenti e distinte della città temevano infatti le intemperanze rivoluzionarie dei carbonari e non si opponevano in linea di principio al potere temporale della Chiesa, che avrebbero voluto avviare ad una politica di riforme e di progressiva laicizzazione. Costoro seguivano una linea di riformismo moderato, che trovava espressione, stando almeno ai rapporti della polizia pontificia, nella società segreta dei Guelfi (o Adelfi). Infine, tra i moderati non mancavano quanti si sarebbero accontentati di tornare alle forme di autonomia cittadina e municipalistica precedenti l’arrivo dei Francesi. I moti del 1831 segnarono il momento ‘pubblico’ più eclatante ed importante per la Carboneria, ma il repentino fallimento della rivoluzione segnò l’inizio del suo tramonto. Proprio dalla riflessione sui motivi profondi di quel fallimento, Giuseppe Mazzini prese le mosse per procedere alla creazione di un’associazione politica di tipo nuovo, che egli, in polemica non troppo velata con quelle precedenti, volle chiamare Giovine Italia.

Otello Sangiorgi

In collaborazione con IBC - Istituto per i beni culturali dell'Emilia Romagna.