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Demolizione delle mura di Bologna

1902 | 1905

Schede

Il 20 gennaio 1902 iniziò a tra roventi polemiche l'abbattimento delle antiche mura del Trecento. I primi lavori furono avviati a Porta Santo Stefano e a Porta Lame. Continuarono poi a Porta Castiglione e San Mamolo. Al loro posto ora si trovano i viali di circonvallazione. Solo pochi brevi tratti non subirono la demolizione, solitamente dove vi erano addossati edifici di una certa importanza. Lungo l'attuale viale Panzacchi si trovava un edificio con merlature ghibelline e torre sovrastante, conosciuto come Casa Trari. Adiacenti vi erano altri caseggiati adibiti a stalle militari. Nel 1909-1910 la Casa fu ristrutturata per far spazio a nuovi edifici. Era stata costruita nella prima metà dell'Ottocento suIl'antico corpo di fabbrica dell'ex chiesa della Madonna delle Febbri (risalente al 1573). Tale chiesa sorgeva a ridosso delle mura in cima a via Miramonte e venne chiusa nel 1798, in seguito alle soppressioni napoleoniche. Il luogo di culto, ormai sconsacrato, fu dapprima adibito a magazzino e poi a polveriera. Nel tratto di mura a sud di Porta Lame furono invece coinvolti i fabbricati dell'Ospedale dei Convalescenti e della chiesa della SS. Trinità.

Tra le motivazioni delle demolizioni, contrastate solo da Alfonso Rubbiani e pochi altri "conservatori", vi furono quella di dotare la città di una maggiore circolazione d'aria e salubrità; della costruzione di nuove abitazioni decorose è dell'opportunità di fornire lavoro a 494 disoccupati del settore edilizio: lavorarono per 2 lire al giorno, dalle 7,30 alle 16,30. In una fotografia CaRisBo si possono scorgere i cosiddetti "guastatori", che stanno operando lungo gli spalti a nord di Porta San Vitale. Le pietre ricavate servono a colmare il fosso che corre lungo i viali di circonvallazione. Non ultima giustificazione era quella di promuovere un ampliamento urbano.

Ecco alcuni stralci della polemica:
Rodolfo Pezzoli: «Non si affina il gusto artistico del pubblico mantenendo la città, le piazze, le vie nelle angustie e bruttezze del medioevo [...]. Ma c'è proprio bisogno di vedere un brutto muro con una non meno brutta scarpa di verde sporco per ricordare i fatti storici?». Alfonso Rubbiani: «No: non si dica che queste mura, che queste porte sono senza storia. Molte giornate gloriose esse narrano: sempre ebbero attraverso i secoli la funzione che ha la fortezza militare nella vita civile dei popoli». Rodolfo Pezzoli: «Decoro forse conservare queste mura, ora non più guardate nemmeno dai dazieri, a comodo di chi ne usa come monumento vespasiano? Genialità osservarle così come sono, goffe, malandate, manomesse, minaccianti, squarciate? Fortuna di Bologna forese per gl'idilli intrecciati nell'aer scuro sul tappeto della verde zona, cui fanno eco i passeri sulle alte cime degli alberi; o attrattiva dei monelli, degli oziosi, dei vagabondi che tengono quegli spalti per loro tane o per campo delle loro gesta?». Alfonso Rubbiani: «Non parlate d'igiene per giustificare lo atterramento delle mura. E' pulire l'orlo del vaso; igiene farisaica. Per la nuova Bologna giovi lo spazio; per la vecchia altro che mura; ci vogliono fogne e che si risanino i meandri di andata e ritorno fra le cucine e i pozzi neri. Non c'è una cubatura legale degli ambienti proporzionata al numero degli uomini che vi respirano. Dunque qualcosa di meglio vi è da fare che atterrare le mura» (in P. Zappaterra, [1997]).

Entro il 1905 furono abbattute anche le Porte Sant'Isaia e San Mamolo per motivi di viabilità, ma le demolizioni continuarono anche negli anni successivi, seppure con interventi di minore importanza. Conclusi i lavori di abbattimento delle mura, furono tracciati i nuovi viali di circonvallazione e, nel 1909, il Comune procedette alla loro definizione toponomastica. In quell'occasione si scelse di commemorare i protagonisti del Risorgimento cittadino - gli uomini dei moti del 1831, della sollevazione del 1848, e della vittoriosa rivoluzione del 1859 - con «un'opera di sapere e di amore a glorificazione del patriottismo e dello ingegno bolognese» (Consiglio comunale, Bologna, 16 aprile 1909, n. 64). Un tratto dei viali fu intitolato a Giosue Carducci. La sua abitazione, infatti, si trova a ridosso delle mura, che in quel punto furono conservate e che sono ancora oggi visibili. Casa Carducci ospita attualmente anche il Museo civico del Risorgimento.

In collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna