Dandolo Fantino

Dandolo Fantino

1379 - 17 Febbraio 1459

Note sintetiche

Scheda

ARMA: Troncato nel 1° d’azzurro a tre gigli d’oro posti in fascia nel 2° di rosso. Con la fascia d’argento attraversante la partizione.
Lo scudo è sormontato da un cappello prelatizio guarnito di due fiocchi di rosso e con cordoni e fiocchi laterali di violetto.
Il cartiglio sottostante dice: FANTINVS DANDOLVS / VENET· PROTON· GVBER / 1431· (Fantino Dandolo Veneto. Protonotario. Governatore 1431).

Il Crollalanza per i Dandolo di Venezia dà: Spaccato di argento e di rosso alla banda d’azzurro caricata da una stella d’oro attraversante sul tutto. Lo Spreti dà: Spaccato di argento e di rosso e così pure il Rietstap. È probabile quindi, che i tre gigli d’oro che compaiono nello stemma dipinto sul muro sia una aggiunta arbitraria.

I Dandolo furono una delle più antiche ed illustri famiglie di Venezia note fin dalla fondazione della città. In seno alla famiglia Dandolo si contano ben quattro dogi: Enrico nel 1192, Giovanni doge nel 1278, Francesco detto «il cane» nel 1328 ed Andrea doge dal 1342 al 1354, amico del Petrarca e scrittore di cronache veneziane.
Altri furono ambasciatori, generali, prelati, ecc.

Fantino Dandolo nacque a Venezia da Leonardo, figlio del Doge Andrea nel 1379. Studiò prima a Bologna poi a Padova, dove si addottorò nel 1401. Le doti intellettuali e il prestigio del nomefecero sì che i signori di Padova gli conferissero in giovane età la cattedra di diritto civile presso lo stesso studio. Questo fino al 1406, anno della morte del padre che lo costrinse a tornare a Venezia per occuparsi dell'amministrazione del patrimonio familiare. Fu la nuova politica di Venezia, suggestionata dall'espansione sulla terraferma, che fecero passare il Dandolo dalla cattedra alla politica.
Giurista di vaglia, espletò numerose missioni diplomatiche per la Repubblica Veneta, fu consigliere di Venezia per il sestiere di San Marco, nell'agosto del 1409 venne incaricato di dirigersi a Cividale del Friuli per convincere Gregorio XII a rinunciare alla pretesa papale in favore di Alessandro V. Fu inviato a Treno presso i duchi d'Austria per sollecitare un'alleanza contro il re d'Ungheria, che minacciava guerra in Dalmazia. Il successo di questa missione gli valse il primo rettorato e fu eletto podestà di Padova. La città, appena passata sotto il dominio Veneto aveva bisogno di un governatore dotato di mano ferma che conoscesse bene l'ambiente padovano. Fu molto attivo soprattutto nell'ambiente dello studio. 
Al termine del mandato fu eletto Podestà di Verona, dove accolse Giovanni XXIII che si recava al concilio di Costanza.
Nel 1416 è ambasciatore a Milano e dopo un periodo passato nuovamente come podestà a Padova, tornò in patria e venne fatto consigliere.
Dopo altre missioni per l'Italia e per l'Europa, nel 1431 Eugenio IV lo nominò protonotario apostolico e lo inviò legato «a latere» a Bologna con autorità su tutta la Romagna.
I suoi tentativi di riportare Bologna sotto la piena autorità della Chiesa, provocarono la reazione della nobiltà locale per cui, sentendosi malsicuro, cercò senza riuscirvi, di fare entrare in città le truppe del Gatamelata. Scopertasi la trama, fu costretto a fuggire da Bologna per la violenta reazione popolare.
Questo infortunio provocò in lui sfiducia e stanchezza tanto da indurlo a ritornare a Venezia ove si dedicò agli studi giuridici e filosofici. Rimasto vedovo prese i voti e nel 1444 venne nominato arcivescovo di Candia, traslato poi a Padova nel 1448.
Morì in questa città il 17 febbraio del 1459, completamente povero per aver profuso le sue ricchezze in opere di bene.
Fu sepolto a Venezia nella chiesa del Coprus Domini.

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