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Anselmo Dandini (Dandino)

1546 - 4 Gennaio 1608

Scheda

ARMA: Trinciato d'azzurro e d'oro a tre stelle di otto punte dell'uno all'altro poste sulla trinciatura ed il capo d'oro all'aquila spiegata di nero.
Lo scudo è sormontato da un cappello prelatizio guarnito con un cordone e due fiocchi di rosso e con cordoni e fiocchi laterali di violetto.
Il cartiglio sottostante dice: ANSELMVS DANDINVS / CESENAT. PROT. V. LEG. / 1587. (Anselmo Dandini Cesenate. Protonotario. Vicelegato 1587).

I Dandini erano originari di Siena e furono signori di molti feudi in territorio di Massa e di Volterra. Un Ugolino venne nominato Senatore di Siena, suo figlio Davide fu vescovo della città nel 1270.
La famiglia si trapiantò in S. Arcangelo di Romagna nel 1375 quando un Cristoforo divenne consigliere di Galeotto Malatesta.
Giovanni Ludovico fu giurista e podestà di Rimini e già nel 1458 apparteneva al Consiglio Nobile di Cesena. I suoi figli, Anselmo ed Oddo Antonio, quest'ultimo podestà di Urbino nel 1495, furono creati da Leone X Conti Palatini e Cavalieri Aurati.
Pompeo, figlio di Anselmo, fu creato conte dall'Imperatore Carlo V ed ebbe l'onore di aggiungere al proprio stemma l'aquila imperiale nel 1539.
Girolamo, fratello di Pompeo, fu Nunzio apostolico in Germania e Vescovo di Imola nel 1546, sede a cui rinunziò in favore del nipote Anastasio Uberto quando divenne cardinale nel 1551.
Marco Agrippa fu Vescovo di Jesi nel 1599, Anselmo Vescovo di Cervia nel 1662 e Muzio lo fu di Senigallia nel 1686. Altri si distinsero nel campo civile e militare, ultimo cardinale fu Ercole creato da Pio VII nel 1823.

Anselmo Dandini nacque a Cesena da Pompeo nel 1546, egli era nipote del Cardinal Gerolamo. Nel 1557 si recò a Bologna ove studiò diritto sotto i consigli e la guida dello zio Cardinale che lo fece nominare Abate commendatario di S. Bartolomeo in Ferrara a soli 13 anni.
Laureatosi in «utroque jure», Pio V lo nominò Protonotario e Referendario delle due segnature.
Gregorio XIII lo inviò poi Governatore ad Orvieto, pensò di nominarlo come nunzio in Portogallo, ma la cosa non si realizzò e nel 1578 fu inviato come Nunzio ordinario presso il Re di Francia. Restò presso quella corte per 3 anni, svolgendo un'intensa attività a favore dei cattolici e contro gli Ugonotti e collaborando strettamente con i Gesuiti. Si adoperò anche per mantenere la pace fra Francia e Spagna, come richiesto dalla politica di Roma. I suoi dispacci delineano una figura attenta alle politiche internazionali in un'ottica di lotta fra bene e male, verità ed eresia, ma le tensioni alla corte francese dopo tre anni divennero inaffrontabili.
Venne infatti richiamato a Roma perché inviso alla corte francese e, nonostante lo zelo con cui aveva svolto la sua missione diplomatica, non venne ricompensato nemmeno con un vescovado. Nel 1578 si era fatto il suo nome per l'arcivescovato di Chieti o per il vescovato di Forlì, l'anno successvo per il vescovato d'Imola. Il Dandini fece sapere in Curia di non ambire a quella dignità, forse per paura di essere allontanato da Roma. Visse allora prevalentemente in Curia, tranne quando portava a termine brevi incarichi che riguardavano l'amministrazione interna.
Nel 1587 fu Vicelegato a Bologna per il Cardinal Peretti. Questo incarico durò fino al 1588 ma non finì in modo glorioso. Durante la carestia di quell'anno infatti fu considerato responsabile dell'aumento del prezzo del grano, sostituito dal papa e cacciato dalla città a furor di popolo. 
Fu anche rettore dell'Umbria con poteri di legato. Sotto Clemente VIII (1592) fu consultore dell'Inquisizione e partecipò a diverse congregazioni. Nel 1600 fu visitatore apostolico di Città della Pieve e commissario generale della al di Chiana per sorvegliarne i lavori di bonifica.
Morì il 4 gennaio del 1608 a Roma e fu sepolto nella Chiesa di S. Marcello.