Salta al contenuto principale Skip to footer content

Maria D'Ajutolo

16 gennaio 1896 - 1987

Scheda

Maria D'Ajutolo, da Giovanni e Gilda Vivante; nata il 16 gennaio 1896 a Bologna; ivi residente nel 1943. Laureata. Sorella di Filippo, con lui convivente nell'appartamento di via San Vitale, 57, ne condivise gli ideali, partecipando attivamente alla sua attività cladestina.
Offrì asilo e assistenza ad esponenti della lotta di liberazione ricercati; nascose documenti. Il 7 agosto 1944, dopo avere seguito tutte le fasi precedenti dell'operazione, con il fratello e Mario Bastia, provvide a seppellire il radium nella propria cantina.
Rimasta a Bologna dopo la fuga del fratello, dal settembre 1944 all'aprile 1945, nonostante le perquisizioni periodiche subite nella sua abitazione, riuscì a mantenere segreta la presenza del prezioso materiale nascosto. Denunciò pure per evitare le indagini, o sviarle, la misteriosa scomparsa del fratello.
Visse le sofferenze della sorella Ninuccia Anna D'Ajutolo, moglie di Mario Jacchia. Sul periodo 1943-1945 a Bologna tenne un diario, del quale alcune pagine sono state pubblicate in L. Bergonzini, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. III, Bologna, 1970, pp. 655-659, estremamente interessante non solo per le informazioni che contiene, ma soprattutto per le osservazioni e le note sulle condizioni di vita di quei mesi. Particolarmente significativo, per esempio, questo brano non ancora adeguatamente utilizzato e approfondito dalla storiografia: «Mentre nell'agosto 1943 la città si presentava quasi completamente deserta, con i lunghi portici silenziosi, molti negozi chiusi e l'esodo dalla città alla campagna quasi compiuto (dovuto ai bombardamenti del centro), nell'ottobre 1944 i bombardamenti sono soprattutto alla periferia e nei dintorni. L'esodo delle popolazioni rurali dalle loro case, porta in città innumerevoli carri trainati da buoi, con masserizie. E la guerra con tutti i suoi silenziosi drammi: la gente senza casa, in cerca di un tetto. Le cantine, le chiese, si popolano; i carretti abbandonati sotto i portici costituiscono un pericolo per l'incolumità del viandante nell'oscurità della sera, in cui nessuna luce è permessa per timore delle incursioni aeree. La razzia dei bovini fatta dai tedeschi nelle campagne tra Firenze e Bologna, porta delle interminabili file di buoi per le vie della città - che ne son piene - e proseguono verso il nord, verso il Po. E il cuore si stringe davanti a tanta ricchezza d'Italia che se ne va lasciando la miseria e la fame. Le razzie sono infinite; tutti murano o seppelliscono ciò che più preme salvare, ma troppo spesso le delazioni rendono inutile questo lavoro. I tedeschi hanno delimitato le vie della città con cartelli: 'Sperrzone' e con reticolati e muri».
Riconosciuta partigiana nel CUMER dal 15 settembre 1943 alla Liberazione. [A]