Crevalcore, (BO)

Crevalcore, (BO)

1943 | 1945

Scheda

Alla caduta del capo del fascismo, anche a Crevalcore si esultò. Un rapporto fascista, stilato dopo la nascita della RSI, riferisce che ci fu chi cantò "bandiera rossa ed altri inni sovversivi" e chi distrusse ogni simbolo della cosiddetta "propaganda fascista e nazionale", che contro qualche fascista locale furono pronunciate frasi con tono "alto, adirato e minaccioso", quale ad esempio "finalmente (è) giunta l'ora di fare bucato" e, ancora, che qualcuno "puntò i pugni sulla faccia" a qualche gerarchetto del luogo, che qualche altro esaltò "il nuovo regime badogliano". I proprietari di terra chiesero la restituzione delle quote che erano stati costretti a pagare per ristrutturare la Casa del fascio, ammontanti complessivamente a 64.637, per devolverli all'asilo infantile locale. Dopo l'annuncio dell'armistizio fra l'Italia e gli Alleati, il 23 settembre 1943 nacque la RSI. Questo fascismo - asservito ai tedeschi - era inferocito dalla sconfitta, subita il 25 luglio, dal dissenso manifestato dal popolo italiano e incarognito dalla certezza di esser condannato alla fine. Da Bologna fu insediato a Commissario reggente di Crevalcore, Walter Pincella, che, successivamente diverrà segretario del fascio, Commissario prefettizio, comandante delle squadre d'azione delle Brigate Nere. Da lui partirono segnalazioni di arresti alla Federazione fascista repubblicana di Bologna e il 14, il 18 e il 21 novembre vennero ammoniti tre gruppi di persone per il loro "particolare atteggiamento" ostile verso gli occupanti tedeschi e le autorità locali. Fra gli ammoniti vi furono anche dipendenti della sezione distaccata della "Ducati" installata a Crevalcore, dentro lo stabile dell'Istituto professionale Marcello Malpighi, dopo i bombardamenti subiti dagli stabilimenti di Borgo Panigale nell'estate 1943 e dove circa 200 addetti lavoravano alla "progettazione di dispositivi per la produzione in serie di pezzi per macchine da guerra segrete". Il 17 marzo, alle ore 21,10, il capoluogo fu scosso da un fatto clamoroso, un attentato alla casa del fascio in previsione di un'importante riunione di militi della GNR che doveva svolgervisi. La reazione dei fascisti fu molto vasta. Nel giro di tre giorni vennero fermate ed arrestate 65 persone (fra le quali 5 donne). Gli arrestati, furono tradotti a Bologna nel carcere di San Giovanni in Monte e furono sottoposti ad interrogatori, quindi, il 15 aprile successivo, trasferiti nel Campo di concentramento di Fossoli (Carpi), dove in gran parte rimasero fino a metà maggio ed alcuni fino a metà giugno 1944. Intanto il 5 aprile, in località "La Suora" i partigiani compirono un sabotaggio contro un cavo telefonico tedesco. Per questo atto il Comando di Polizia di Sicurezza e del S.D. (Sicherheitsdienst) in Italia inflisse una multa di £. 10.000 al Comune di Crevalcore. Da metà giugno, dopo la liberazione di Roma (4 giugno) e dopo che alcune mondine crevalcoresi furono coinvolte nella giornata di sciopero condotto nelle risaie del Persicetano nel quadro dello sciopero generale delle mondine bolognesi (v. Bentivoglio), crebbe fortemente l'attività patriottica. Le azioni partigiane si manifestarono in svariate forme: principalmente con affissioni di manifesti e propaganda orale, con tagli di fili e cavi telefonici, con sabotaggi alle ferrovie Modena-Ferrara e Bologna-Brennero e lungo le strade di intenso traffico militare. Una seconda ondata di arresti fu operata a partire dal 19 giugno 1944, quando i fascisti crevalcoresi ritennero di aver scoperto i responsabili di un complotto per attuare attentati "contro l'accantonamento Tedesco e contro la vita del Podestà e Segretario del Fascio di Crevalcore". Nello stesso momento i fascisti, compilate nuove liste di avversari e di luoghi pubblici sospetti, iniziarono fermi ed interrogatori e la sera del 20 giugno informarono il Comandante la Piazza di Crevalcore, tenente Hakle e, di comune accordo, procedettero ad indagini ed a fermi di polizia. Dopo diversi interrogatori (alcuni fermati ne subirono anche due e furono sottoposti a confronti con altri), il 23 giugno undici persone furono definitivamente dichiarate in arresto e, per ordine del Comando tedesco delle SS di Bologna, inviate al Campo di concentramento di Carpi. Alcuni, poi, furono trasferiti in campi in Germania.

II 23 giugno, puntualmente, i partigiani misero a segno un attentato al reggente del fascio nel suo ufficio che non andò ad effetto. A luglio, il 13, posero una mina in una trebbiatrice, il 15 recuperarono due armi automatiche tedesche. Sempre in luglio i partigiani portarono un attacco nel cuore della zona ospedaliera militare. Crevalcore, essendo collocato in un crocicchio di strade di collegamento sia verso il fronte, sia verso il Brennero, nonché in senso perpendicolare a tali direttrici, fu sfruttato dai comandi tedeschi come "zona ospedaliera militare" di retrovia, comprendente non solo l'Ospedale, ma anche altri edifici molto capienti adibiti allo scopo, incluso il palazzo municipale. Con un'azione combinata fra partigiani di Ravarino e di Crevalcore, venne disarmato il nucleo della SS italiana di stanza a porta Modena. L'operazione portò alla disintegrazione del nucleo dei militari (parte dei quali passarono nelle file partigiane), alla liberazione di ostaggi ed al recupero di un ingente bottino di armi (1 fucile mitragliatore, 5 mitra, moschetti, rivoltelle, munizioni varie, ecc.). In quel torno di tempo, a seguito delle azioni partigiane in tutta la zona della bassa bolognese e dell'attigua bassa modenese, le autorità nazifasciste reagirono con l'annuncio di misure sempre più minacciose verso i patrioti e con inviti sempre più subdoli rivolti alla generalità della popolazione perché i cittadini divenissero dei delatori dei patrioti. A Crevalcore agì un reparto delle Brigate Nere - la squadra d'azione del corpo ausiliario delle Camicie Nere della 23° Brigata Nera "E. Facchini" - fra i più feroci della provincia, per il personale impulso che vi impresse il suo comandante, il già menzionato Commissario prefettizio Walter Pincella. Nell'agosto 1944 al suo comando, due drappelli di Brigate Nere fucilarono due gruppi di patrioti sulle piazze di due paesi e di fronte alle popolazioni raccolte a bella posta per assistere all'esecuzione: a Ravarino il giorno 16, furono fucilati al petto 5 persone "ben conosciute per i loro sentimenti antifascisti", e il giorno 26 a Sant'Agata Bolognese (v.), Quinto Pietrobuoni, ex garibaldino in Spagna, "bandito confesso" e due "favoreggiatori".

Anche alla "Ducati" di Crevalcore vi fu un'agitazione a carattere sindacale come attestano i volantini clandestini diffusi il 10 settembre 1944, con le piattaforme rivendicative proposte in tutti i posti di lavoro della provincia. Il 23 dello stesso mese fu disarmato un presidio tedesco. Nel comune venne attuato anche uno sciopero dei lavoratori ingaggiati dalla Organizzazione Todt. Su segnalazione partigiana venne mitragliato da aerei angloamericani un convoglio ferroviario che trasportava materiale bellico. Il treno immobilizzato era composto anche con vagoni di generi alimentari e la popolazione accorse sulla ferrovia in gran massa e saccheggiò zucchero ed altri commestibili. Il 6 febbraio 1945 a Crevalcore venne giustiziato un milite repubblichino. Nello stesso giorno venne attaccato un automezzo tedesco ed eliminato il conducente e poi furono prelevate varie munizioni che si trovavano a bordo della macchina. Il contributo dei crevalcoresi alla lotta di liberazione può così riassumersi: un centinaio di partigiani e patrioti riconosciuti; 9 partigiani caduti in altri comuni: 6 fucilati (a Piano di Bardi, a Bologna, a Tizzano Val Parma, a Casarza Ligure, a Castelnuovo Garfagnana); 1 caduto in combattimento a Renazzo di Cento; 1 disperso; 1 morto in campo di concentramento a Mauthausen. Le formazioni partigiane alle quali appartennero furono diverse in Italia. Due ex militari dell'Esercito Italiano in Jugoslavia ed in Grecia parteciparono ai combattimenti contro i tedeschi e risultarono dispersi nel settembre 1943.

Domenica, 22 aprile 1945, Crevalcore fu raggiunto dalle truppe Alleate. Tre giorni dopo il CLN locale designò a sindaco Carmelo Manfrè e i componenti della Giunta amministrativa per la gestione del comune. Nei giorni di fine aprile l'AMG approvò la Giunta amministrativa proposta dal CLN locale, nella composizione della quale furono sostituite tre persone, compreso il Manfrè. Il nuovo sindaco designato fu Alessandro Panzetti. Il sindaco Panzetti, in data 1° Maggio 1945, pubblicò un manifesto intitolato "Giustizia non vendetta", nel quale si leggeva fra l'altro: "Sulla Patria martoriata da tante stragi e da tanti dolori, spunta finalmente l'alba luminosa di una nuova era di Pace e di Libertà. Sciolto dalle catene del dispotismo fascista, il popolo italiano ha ora il compito di iniziare l'opera di ricostruzione a cui ogni cittadino deve collaborare senza riserve secondo i suoi mezzi e le sue possibilità. Bisogna ricostruire tutto ciò che è stato distrutto, non solo in campo materiale, ma anche e soprattutto in campo morale; bisogna elevarsi e rendersi degni di quella libertà che abbiamo così ardentemente sognata e rimpianta negli anni dell'oppressione fascista e non si può raggiungere questo scopo senza porre a base della rinnovata vita nazionale la Giustizia. Le violenze, i soprusi, la atrocità dei fascisti non devono restare impuniti [...]. Nella giustizia democratica non vi è pena senza colpa, non vi è colpa senza pena [...]. In questa giustizia serena e obiettiva gli stessi ex fascisti troveranno la base della loro rinascita morale, della tranquillità sociale, del ritorno in seno alla vita civile". Il Comune è stato decorato della Croce al Valor Militare. Questo il testo della motivazione: "Comune di consolidate tradizioni antifasciste, offerse ripetutamente asilo e protezione a ricercati e perseguitati politici, rischiando persecuzioni e rappresaglie. L'8 settembre 1943 segnò il passaggio alla aperta opposizione al tedesco invasore, talché molti cittadini accorsero nelle file partigiane, usufruendo del generoso appoggio della popolazione e del prezioso contributo delle sue donne. I suoi fucilati, i caduti in combattimento e nei campi di internamento, le angherie e le distruzioni subite stanno a testimoniare le virtù della sua gente in difesa della libertà".

Fonte: L. Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese, Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998

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Nazario Sauro Onofri, Il Campo di concentramento di Fossoli

Antifascismo e lotta di Liberazione
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Luigi Arbizzani, Antifascismo e lotta di Liberazione nel bolognese Comune per Comune, Bologna, ANPI, 1998

Lodi Gaetano
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Giulio Ricci, Gaetano Lodi. Dalla rivista "Il Comune di Bologna" - marzo 1932. © Museo Risorgimento Bologna | Certosa.

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