Salta al contenuto principale Skip to footer content

Elia Comini

7 maggio 1910 - 1 ottobre 1944

Scheda

Don Elia Comini, 34 anni, sacerdote.
Nato a Clavenzano (Vergato) il 7 maggio 1910 da Claudio e Emma Limoni. Residente a Brescia. Frequentò la parrocchia di Salvaro (Grizzana), retta da mons. Fidenzio Mellini, ammiratore di don Giovanni Bosco e dei salesiani. Con ogni probabilità fu il parroco ad indirizzarlo verso la congregazione di don Bosco. Entrò all’inizio del 1924 nell’aspirantato di Finale Emilia (Modena); passò, nel 1925, nel noviziato di Castel de’ Britti (San Lazzaro di Savena), poi, dopo la professione religiosa, a Valsalice (Torino). Compiuto il tirocinio pratico a Finale Emilia e a Sondrio, venne destinato nel 1931 al pensionato Rota di Chiari (Brescia), ove svolse molteplici attività. Ordinato sacerdote il 16 marzo 1935, si laureò in lettere all’università statale di Milano il 17 novembre 1939 discutendo la tesi «Composizione e fonti del De Resurrectìone Camis di Tertulliano». Ottenne pure il diploma di maestro d’organo. Trasferito all’aspirantato di S. Bernardino, sempre a Chiari, vi rimase sei anni, dal 1936 al 1941.
Dal 1942 al 1944 insegnò nel collegio di Treviglio (Bergamo). Ritornato, il 24 giugno 1944 a Salvaro, per trascorrere, come ogni anno, le vacanze estive insieme con la madre, si mise a disposizione di mons. Mellini, la cui canonica era divenuta una «città rifugio». «Predicò, consolò, assolse, illuminò, prodigandosi oltre ogni limite»: «fu il perno provvidenziale della comunità avventizia».
In quei mesi prestò soccorso ai profughi, nascose i ricercati dalla SS tedesche. Giunse ad offrire ai tedeschi una grossa somma per farli desistere dalle persecuzioni alla popolazione. Fu in contatto con i partigiani della brg Stella rossa Lupo, ai quali non mancò di rivolgere ammonimenti e consigli alla prudenza.
Con padre Martino Capelli, tra l’altro, forzando il blocco delle SS, il 28 settembre 1944 recuperò le salme di tre uomini uccisi. Il 29 settembre 1944 venne arrestato mentre, sempre in compagnia di padre Capelli, andava «caritatevolmente a soccorrere le altre persone uccise e bruciate». «Accorsero insieme, allo sbaraglio, portando con sé - come usavano fare in quei giorni di emergenza assoluta - la stola e l’olio degli infermi», alla Creda (Grizzana), dove si stava consumando l’eccidio di 70 vittime.
Le SS, «ritenendoli spie e maltrattandoli, si servirono di loro come giumenti per il trasporto di munizioni, facendoli più volte scendere e salire per il monte sotto la loro scorta». Uniti ad altre 109 persone rastrellate vennero rinchiusi nella chiesa di Pioppe di Salvaro (Grizzana).
Il 30 settembre 1944 don Comini venne ritenuto responsabile della propria «carità pastorale estesa a tutti senza eccezione». Trascorse l’ultimo giorno, insieme con padre Capelli, rinchiuso nella scuderia davanti alla chiesa di Pioppe di Salvaro. Furono inutili i tentativi fatti di salvare i due sacerdoti, anche perché essi risposero: «O ci libera tutti o nessuno».
La domenica 1 ottobre 1944, insieme con altri 44 uomini, venne ucciso dai «tedeschi nella botte d’acqua dello stabilimento» delle Industrie Canapiere Italiane. I corpi delle vittime vennero «lasciati lì a galleggiare, impedendo il loro recupero». Il 13 settembre 76 è stata chiesta «l’apertura del processo canonico per la dichiarazione dell’eroicità delle virtù e del martirio», quale testimone della fede.
Alla sua memoria è stata decretata il 23 febbraio 82 la medaglia d’argento al merito civile, con la seguente motivazione: «Sacerdote di non comune carità cristiana e profondo spirito apostolico, non esitava, con coraggio ed eroismo, a portare conforto a civili presi in ostaggio per rappresaglia dai tedeschi. Nell’estremo tentativo di ottenerne la liberazione, veniva catturato e condannato a morte come spia, coronando con il supremo sacrificio un’esistenza dedita al prossimo». Il 1° ottobre 1944 in Pioppe di Salvaro (Grizzana - Bologna). [A] [AP] Elia Michele Giuseppe nacque il 7 maggio a Calvenzano di Vergato. Il papà si chiamava Claudio e la mamma, Emma. Frequentando l’oratorio della parrocchia e vivendo accanto al parroco don Fidenzio Mellini, che aveva personalmente conosciuto don Bosco, il piccolo Elia maturò la sua vocazione religiosa a seguire le orme del grande santo torinese. Entrato nel noviziato salesiano, frequentò l’università statale a Milano laureandosi in lettere, e si diplomò anche in organo al conservatorio. Terminati gli studi teologici fu ordinato sacerdote il 16 marzo 1935. Il 28 luglio seguente cantò la sua prima messa nella chiesa di Salvaro.
Come ogni anno, anche durante l’estate del 1944, don Elia aveva raggiunto il suo paese per restare un poco accanto alla sua anziana mamma e per aiutare il suo carissimo parroco don Mellini ormai ultraottantenne. Come abbiamo visto, la parrocchia ospitava parecchie famiglie sfollate e la presenza di don Elia con la sua cordialità e affabilità portò una ventata di speranza. Si prodigò molto nell’intrattenere i ragazzi, nell’insegnare il catechismo, inoltre sapeva animare molto bene le funzioni liturgiche, suonando l’organo.
Ai primi di settembre, assieme a don Mellini, predicò un corso di esercizi spirituali sullo schema di sant’Ignazio di Lojola. Fu molto contento dell’arrivo di padre Capelli, con il quale condivise gli ultimi giorni della sua vita. Quando il giorno di San Michele, durante il rastrellamento tedesco, si rifugiarono in chiesa un centinaio di uomini, fu sua l’idea di nasconderli nella sagrestia e di mimetizzare la porta con grandi armadi. Dopo essere stato arrestato, assieme a padre Martino Capelli, visse gli ultimi giorni pregando e consolando i suoi compagni di prigionia. Rifiutò di essere liberato lui solo e preferì condividere sino alla fine la sorte degli altri prigionieri. Morì il 1° ottobre 1944 nella “botte” presso la canapiera di Pioppe e il suo corpo fu inghiottito dalle acque del fiume, dopo che furono aperte le saracinesche della vasca. [NN] Elia Michele Giuseppe nacque il 7 maggio a Calvenzano di Vergato. Il papà si chiamava Claudio e la mamma, Emma. Frequentando l’oratorio della parrocchia e vivendo accanto al parroco don Fidenzio Mellini, che aveva personalmente conosciuto don Bosco, il piccolo Elia maturò la sua vocazione religiosa a seguire le orme del grande santo torinese. Entrato nel noviziato salesiano, frequentò l’università statale a Milano laureandosi in lettere, e si diplomò anche in organo al conservatorio. Terminati gli studi teologici fu ordinato sacerdote il 16 marzo 1935. Il 28 luglio seguente cantò la sua prima messa nella chiesa di Salvaro.
Come ogni anno, anche durante l’estate del 1944, don Elia aveva raggiunto il suo paese per restare un poco accanto alla sua anziana mamma e per aiutare il suo carissimo parroco don Mellini ormai ultraottantenne. Come abbiamo visto, la parrocchia ospitava parecchie famiglie sfollate e la presenza di don Elia con la sua cordialità e affabilità portò una ventata di speranza. Si prodigò molto nell’intrattenere i ragazzi, nell’insegnare il catechismo, inoltre sapeva animare molto bene le funzioni liturgiche, suonando l’organo.
Ai primi di settembre, assieme a don Mellini, predicò un corso di esercizi spirituali sullo schema di sant’Ignazio di Lojola. Fu molto contento dell’arrivo di padre Capelli, con il quale condivise gli ultimi giorni della sua vita. Quando il giorno di San Michele, durante il rastrellamento tedesco, si rifugiarono in chiesa un centinaio di uomini, fu sua l’idea di nasconderli nella sagrestia e di mimetizzare la porta con grandi armadi. Dopo essere stato arrestato, assieme a padre Martino Capelli, visse gli ultimi giorni pregando e consolando i suoi compagni di prigionia. Rifiutò di essere liberato lui solo e preferì condividere sino alla fine la sorte degli altri prigionieri. Morì il 1° ottobre 1944 nella “botte” presso la canapiera di Pioppe e il suo corpo fu inghiottito dalle acque del fiume, dopo che furono aperte le saracinesche della vasca. [NN]

*V*