


Nel fitto tessuto di figure e di adombramenti più o meno ingegnosi della simbolica mistica, questo arnese, in origine di comune uso – come sedia, tavola o braciere – trasportato nel tempio e nell’oracolo, rivestito di quello speciale lenocinio di arte plastica che i sacerdoti ellenici, nella loro esperienza del sovrumano sensibile, sapevano tanto destramente adoperare – divenne la nota distintiva del mistico magistero e significò un complesso di astratte virtù attinenti alle religioni: la fede, la verità, la sapienza. Come nella pratica della Chiesa cattolica si usa donare i voti all’altare – cuori e mani d’argento, quadri, immagini, crocifissi – così presso i greci, e successivamente presso i romani, venivano offerti i tripodi agli dei, insieme alle corone ed agli scudi votivi. Atene aveva una via tutta ripiena di bronzei tripodi offerti (Pausania), e su di essi, comunemente, si accendevano i profumi e si sacrificava. Vi sedeva la pizia che pronunciava il responso di Apollo, nel tempio di Delfo. I sostegni su cui si appoggiava la parte superiore – tazza o cratere – alludevano alle tre virtù divinatorie di Apollo: conoscere il passato, il presente, il futuro (Pianigiani). Il tripode entra nell’attrezzeria simbolica dell’inverno. (Testo tratto da: Giovanni Cairo, "Dizionario ragionato dei simboli", Ulrico Hoepli, Milano, 1922 - febbraio 2022).
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