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Teatro Comunale di Bologna

Di rilevanza storica

Schede

Così viene descritto nella 'Guida illustrata di Bologna - Storica artistica industriale', edita nel 1892 dalla Tipografia Successori Monti: "Il 27 dicembre 1755 la Congregazione di Camera elesse Antonio galli Bibiena ad architetto e direttore del pubblico teatro, incaricandolo di farne il progetto, che fu assai discusso poi approvato.

La fabbrica fu eseguita, sotto la direzione del Bibiena, dal maestro muratore Michelangelo Galletti e compiuta il 30 ottobre 1761. Nella sera del 14 maggio 1763 fu inaugurato il nuovo Teatro Comunale con la rappresentazione dell'opera Il Trionfo di Clelia del celebre signor abate Pietro Metastasio Poeta Cesareo, musica del sig. Cav. Cristoforo Gluk al servizio delle MM. LL. II. RR. Vi si rappresentarono in seguito commedie, drammi, balli, spettacoli vari.

Oggi il Teatro Comunale serve quasi esclusivamente per l'esecuzione di opere in musica e vi hanno agito e vi agiscono i più celebri artisti di canto diretti e coadiuvati dai più valenti maestri di musica e professori d'orchestra. Degli attori drammatici che vi recitarono in questi ultimi anni ricorderemo il grande Tommaso Salvini che, insieme a Cesare Rossi e alla sua compagnia, nel luglio del 1879, prese parte alla rappresentazione della Calunnia di E. Scribe. A beneficio dei danneggiati dall'inondazione del Po. Nel 1880 vi agirono, pure a scopo di beneficenza, Adelaide Tessero Guidone, Francesco pasta ed altri della Compagnia di Alamanno Morelli. Nel Teatro Comunale hanno inoltre lavorato i più distinti scenografi a macchinisti teatrali.

La sala del Teatro Comunale fu decorata nel 1858 dai Bolognesi Luigi Busi e Luigi Samoggia. L'atrio fu dipinto dal Samoggia e da Silvio Faccioli. Il sipario del Teatro di cui l'ardita pittura non è andata esente dalla critica, come la parte architettonica di tutto il teatro Comunale, è buona opera d'arte. A proposito di ciò ricorderemo che l'egrgio capitano Pastore, distintissimo Ufficiale del Genio italiano, ha immaginato, a scongiurare possibili incendi, che non si evitano nè pure con l'illuminazione elettrica, un sipario metallico di una utilità pratica indiscutibile, perchè riunisce in sè tutte le condizioni di sicurezza, d'eleganza, e d'economia. Consiste in una leggera tela metallica incombustibile, che raddoppia l'ordinario sipario, col quale sale e discende con la più grande facilità, presentando il vantggio di chiudere anteriormente la vista delle fiamme al pubblico, il quale ne rimane sempre terrorizzato e, per darsi alla fuga, aumenta il disastro. Terribili esempi recentemente avemmo negl'incendi dei teatri dell'Opera Comique di Vienna, di Nizza, dove le vittime si contarono a centinaia. La Presse, importante giornale francese, si occupò lungamente, in un articolo sui mezzi ingegnosi per scongiurare le disgrazie nei teatri, di questa invenzione ed ebbe sincere parole di encomio pel bravo capitano Pastore".

Nel 1802 va in scena l'“Antigona”, dramma serio composto da Francesco Bianchi. Protagonista femminile è la grande cantante Brigida Banti (1757-1806). Dopo questa rappresentazione la Banti, reduce da grandi trionfi all'estero e in Italia (in particolare a Venezia), si ritirerà dalle scene e si stabilirà a Bologna, dove nel 1792 ha ricevuto la cittadinanza onoraria per la sua memorabile recita nella “Zenobia in Palmira” di Anfossi. Nel 1805, in occasione della visita di Napoleone, per lo spettacolo e il veglione danzante in suo onore il Teatro Comunale è rischiarato da migliaia di lumi. Il palco reale è allargato: due colonne con architrave introducono la "boschereccia" dipinta da Luigi Busatti e Vincenzo Martinelli. La parete di fondo del palcoscenico è aperta e immette sul “guasto dei Bentivoglio” trasformato in giardino. La serata al Teatro Nazionale è memorabile: è lo spettacolo più imponente mai dato ai sovrani "da qualunque parte". I Francesi commentano che "nulla di più gajo" si può vedere a Parigi. Intervengono tutte le autorità e i personaggi del seguito imperiale e sono presenti, accanto a Giuseppina, le dame più nobili e belle, con acconciature e vesti "ricercatissime": tra esse Cornelia Martinetti e Maria Hercolani, "le due stelle di prime grandezza". Durante l'estate del 1809 la celebre cantante spagnola Isabel Colbran (1785-1845) interpreta al Teatro Comunale, con Giovan Battista Velluti, ruoli da protagonista nel dramma per musica “Traiano in Dacia” di Giuseppe Nicolini (1762-1842) e nell' “Artemisia” di Domenico Cimarosa (1749-1801). La sera del 28 luglio 1814 al Teatro Comunale si rappresenta l'opera “Tancredi” di Gioacchino Rossini, che vede protagonista Maria Marcolini, primadonna ammirata da Stendhal. Da questa data l'attività del teatro porterà l'impronta del suo genio: dopo il “Tancredi” saranno allestite a ritmo continuo e con crescente successo tutte le opere del compositore di Pesaro.

Sotto la direzione di Giuseppe Tubertini, tra il 1818 e il 1820 il Teatro comunale subisce radicali restauri: viene ricostruita la volta con le allegorie opera di Pietro Fancelli, che ha anche dipinto il sipario, è eliminata la trabeazione del boccascena, sono modificati i parapetti dei palchi e sostituite le colonne e le statue della sala con pilastri corinzi. E' inoltre alzato il tetto del palcoscenico e rifatto quello della platea. Sopra l'imboccatura del palcoscenico è posto “un nuovo e d ingegnoso orologio”, opera di Pietro Toldi. Il macchinista Ferrari realizza un meccanismo per il sollevamento della platea, che sarà utilizzato fino al secolo successivo. Dal 1820 la programmazione delle stagioni musicali del teatro non sarà affidata solo ai privati: il Comunale disporrà di una sovvenzione di 5.000 scudi da parte della Deputazione teatrale, che lo metterà al riparo dai frequenti dissesti degli impresari. Il 9 novembre 1833 si tiene al Teatro Comunale la prima esecuzione della “Norma” di Vincenzo Bellini. I cantanti protagonisti, Giuditta Grisi, il tenore Paganini e il basso Canetta ottengono grandi ovazioni. Tanti applausi sono riservati anche alla primadonna Maria Malibran, di passaggio a Bologna.

Durante i restauri del 1852-53 il cav. Parmeggiani modifica il soffitto del Teatro comunale con “mensoloni a volute e motivi a lacunari”. I dipinti del soffitto, affidati a Giuseppe Badiali e Antonio Muzzi, danno al teatro un aspetto romantico. Sono coinvolti poi altri artisti, tra cui Ignazio Contoli, Giuseppe Pacchioni, Augusto Viallet, Vincenzo Testoni e Antonio Tognetti. Il sipario fu eseguito da Napoleone Angiolini. Viene inoltre commissionato un nuovo sipario con la rappresentazione dell' “Apoteosi di Felsina”, capolavoro di Napoleone Angiolini (1797-1871), purtroppo esso andrà distrutto durante un incendio nel 1931. Tra il 1865 e il 1866 viene restaurato il teatro comunale. E' il terzo importante intervento dopo quelli del 1818-20 e del 1853-54. Coriolano Monti ristruttura la facciata posteriore. Luigi Samoggia e Luigi Busi ridipingono il soffitto del teatro con una decorazione pseudo settecentesca, in linea con l'eclettismo in voga in questo periodo.

Il 1 novembre 1871 viene data la prima rappresentazione del "Lohengrin" di Richard Wagner. L’arrivo a Bologna dell’opera del compositore tedesco è frutto dell’interessamento del sindaco Camillo Casarini e avviene su pressione della stampa cittadina, dominata dalla figura del giovane assessore Enrico Panzacchi, e dell'editore musicale Lucca, detentore dei diritti di esecuzione. Sotto la guida del maestro Angelo Mariani, cantano il tenore Italo Campanini (Lohengrin), Bianca Blum, Elisa Stefanini Donzelli, Pietro Silenzi. Il successo è fin dalla prima notevole: gli artisti e il direttore vengono più volte richiamati alla ribalta. Ad una delle quattordici repliche (il 9 novembre all'ombra del palco n. 23) presenzierà anche Giuseppe Verdi, accompagnato da Arrigo Boito. Il 31 maggio 1872 il Consiglio municipale assegnerà a Wagner la cittadinanza onoraria. Il Teatro Comunale diverrà il tempio del culto wagneriano in Italia: a Bologna si terranno anche le prime italiane di "Tannhäuser" (1872), "Il vascello fantasma" (1877), "Tristano e Isotta" (1888) e "Parsifal" (1914). Nel dicembre 1873 grande successo al Teatro Comunale per l'opera "I Goti" di Stefano Gobatti (1852-1913), che ottiene 51 chiamate in palcoscenico. Il giovane compositore polesano è visto come un possibile contraltare di Verdi e viene acclamato da Carducci e da Panzacchi come nuovo astro della musica. Il 19 dicembre successivo è nominato cittadino onorario di Bologna. Dopo un anno di restauri, il Teatro Comunale riapre il 4 ottobre 1875 con la messinscena dell'opera “Mefistofele” di Arrigo Boito. Maltrattata alla Scala di Milano nel 1868, è invece accolta trionfalmente dal pubblico bolognese. Il successo clamoroso contribuirà a far entrare questo lavoro in modo permanente nel repertorio della lirica italiana. Diretta da Enrico Usiglio, l'opera impegna 80 orchestrali, 72 coristi e numerose ballerine e comparse. Tra i cantanti protagonisti, oltre al tenore Italo Campanini (Faust), vi è la bolognese Erminia Borghi-Mamo (Margherita), al debutto al Comunale.

In una stagione musicale contrassegnata da grandi successi (tra questi la "Norma" di Bellini e il "Tannhauser" di Wagner) debutta nel 1910 al Teatro Comunale Ottorino Respighi (1879-1936), giovane compositore bolognese destinato a una luminosa carriera. La sua "Semirama" vede tra gli interpreti Elsa Bland, Maria Llacer, Giuseppe Borgatti ed è orchestrata da Rodolfo Ferrari, direttore unico dell'autunno operistico bolognese. Nel 1924 Arturo Toscanini dirige al Teatro comunale, per dodici serate, la tragedia in 4 atti "Nerone", opera postuma di Arrigo Boito. In questa occasione viene costruito al Comunale il "golfo mistico", cioè la fossa dell'orchestra.

La sera del 14 maggio 1931 è in programma al Teatro Comunale un concerto, diretto da Arturo Toscanini. Il Maestro si rifiuta di dirigere l'inno fascista Giovinezza e l'Inno reale al cospetto del ministro Ciano e di Arpinati. Viene aggredito e schiaffeggiato da alcune camicie nere presso un ingresso laterale del teatro (secondo Indro Montanelli si trattava di Leo Longanesi). Rinunciando al concerto, il Maestro si rifugia all'hotel Brun. Il Federale Mario Ghinelli, con un seguito di facinorosi, lo raggiunge all'albergo e gli intima di lasciare subito la città se vuole garantita l'incolumità. Dal "fattaccio" di Bologna maturerà la sua decisione di lasciare l'Italia, dove tornerà a dirigere solo nel dopoguerra. Durante la notte tra il 27 e il 28 novembre un incendio distrugge il palcoscenico e altre parti del Teatro comunale. Il sipario metallico, provvidenzialmente calato dopo la prova generale della "Vedova scaltra" di Ermanno Wolf Ferrari, impedisce che il fuoco divampi nella sala del Bibiena. Il teatro rimarrà chiuso per restauri due anni. Nel 1935 a protezione della sala, oltre a un nuovo sipario metallico, si è provveduto all'installazione di un impianto antincendio ad acqua, alimentato da un alto serbatoio, che si eleva come una torre su via del Guasto. La facciata del teatro è stata modificata e completata sopra l'antico portico, secondo un progetto dell'architetto Umberto Rizzi. L'11 novembre il Comunale riapre i battenti con una esecuzione della "Norma" di Bellini, diretta da Gino Marinuzzi.

Al maestro bolognese Alessandro Molinari Pradelli e al pianista svizzero Paul Baumgartner è affidata la riapertura del Teatro comunale nel 1946 dopo gli eventi bellici. Il programma del concerto, che ottiene grande successo, comprende Brahms e Beethoven. Molinari Pradelli è definito da Adone Zecchi “direttore di nascita, di razza, di istinto”.

In collaborazione con "Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi" della Biblioteca Sala Borsa di Bologna.