Salta al contenuto principale Skip to footer content

Gaetano Tambroni

1763 - 1841

Scheda

Gaetano Filippo Tambroni nacque a Bologna nel 1763. Le prime notizie di interesse artistico che lo riguardano risalgono alla partecipazione ai concorsi per l’assegnazione dei premi Marsili Aldrovandi nel 1784 e nel 1786, anno in cui risultò vincitore. Fra gli allievi di Vincenzo Martinelli (1737-1807) fu, insieme a Rodolfo Fantuzzi, il più neoclassico. Nell’Elogio a Vincenzo Martinelli redatto due anni dopo la morte del Maestro, Pietro Giordani, in merito ai due citati allievi, parlò espressamente di più eletta maniera riferendosi ad un modo di dipingere ambizioso ed aristocratico nella scelta dei modelli di riferimento. In effetti, le poche opere che ci sono pervenute denotano una convinta adesione ai canoni di Claude Lorrain, talmente forte da venire trasmessa ai suoi principali allievi d’Accademia (G. Barbieri e O. Campedelli). Nel 1804, all’atto della rifondazione dell’Accademia, diversamente dal Fantuzzi - assai più giovane - risulta incluso nell’elenco degli “Accademici”. Fu inoltre Conservatore in Pinacoteca dal 1808 al 1822.

Il Bassani documenta in Palazzo Sanguinetti (attuale Museo della Musica) tre sue tempere che il Palagi, nelle memorie, attribuisce a sé stesso. Di queste tempere Claudio Poppi ha riconosciuto al Palagi le sole figure. Allo stesso momento artistico (circa 1805) appartiene una tempera in abitazione privata in via San Vitale ed un paesaggio del museo milanese di Villa Belgioioso. Nell’inventario del 1813 della collezione di Ferdinando Marescalchi compaiono quattro dipinti del Tambroni due dei quali ci sono pervenuti. Il primo di questi, una “Veduta della Città di Bologna presa da Mezza Ratta” (ora Fond. Cassa di Risp. in Bologna unitamente ad un disegno preparatorio) fu premiato al Salone di Parigi nel 1810. Il secondo è invece una “Veduta della villeggiatura di Tizzano” attualmente in collezione privata. Nel Museo Davia Bargellini due sono i dipinti assegnati al Tambroni: una copietta alla maniera veneta firmata sul retro dall’autore ed un paesaggio la cui attribuzione, assai ragionevolmente, Renzo Grandi ha messo in discussione suggerendone il trasferimento a Giacomo Savini. Come numerosi artisti bolognesi operò a Villa Conti a Montechiaro sul finire degli anni venti (di questo periodo rimane, in collezione privata, una piccola veduta veneziana, forse d’invenzione). Come recita la lapide in Certosa morì nel 1841 all’età di settantasette anni.

Vincenzo Nascetti