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San Bruno ritrovato da Ruggero re di Sicilia

1613 | 1614 ca.

Schede

Il dipinto era collocato all’interno di una delle cappelle “segrete” del Monastero ed era parte del breve ciclo pittorico destinato a decorare gli altari delle cinque nuove cappelle fatte edificare dal priore Giovan Battista Capponi. La tela con San Bruno era collocata nella terza cappella, dove viene descritta da Masini (1666), da Malvasia (1678) fino al 1793 quando la guida di Jacopo Alessandro Calvi ne riportò l’avvenuto spostamento nella nona cappella, e poi nella foresteria vicino alla sesta cappella.

Il dipinto raffigura l’incontro tra il padre fondatore dell’Ordine Certosino, San Bruno, e re Ruggero duca delle Puglie e conte della Calabria, avvenuto intorno al 1094 in una località vicina all’odierna Serra San Bruno, dove il santo si era ritirato in preghiera. L’amicizia nata da questo incontro fortuito proseguì nel tempo. Re Ruggero divenne devoto del santo e da questi fu visitato e soccorso in momenti d’infermità. L’episodio, entrato a far parte dell’iconografia dell’ordine monastico, venne rappresentato con frequenza nel corso del Seicento sia in ambito certosino che nelle occasioni nelle quali era trattato il tema dell’eremitaggio. Tiarini non si sofferma sull’incontro vero e proprio, ma ferma la narrazione prima della scena culminante, dando massima evidenza alla figura del santo che in primo piano, intento a pregare, sembra appena distolto dall’arrivo, preannunciato dai cani e dai servi, del Re a cavallo. Una tale scelta narrativa, cioè “la rappresentazione di un’azione colta nel suo farsi” (D. Benati), silenziosa e senza eccessi, focalizzata solo sulle solide figure dei protagonisti, sembra anticipare quello che sarà lo svolgersi futuro della storia: un rapporto duraturo e sincero. La raffigurazione di san Bruno e di re Ruggero, colti in un momento preciso e quasi privato della loro vita terrena, mostra in quale misura l’atteggiamento del pittore si mantenga aderente alla realtà nel raccontare l’episodio, favorendone così l’immediata comprensione. La datazione del dipinto non ha mai subito oscillazioni rilevanti, perché la morte del committente Capponi, nel 1614, dovette avvenire quando il ciclo, forse distribuito tra pittori diversi anche per vederne la conclusione in tempi più brevi, era già in via di completamento. Alessandro Brogi (1998) si è espresso a favore di una data tra il 1613 e il 1615, cogliendo nelle due piccole pale “ancora ben avvertibili memorie toscane”, in particolare dei modi di Passignano, presso il quale Tiarini era stato a bottega durante il soggiorno fiorentino degli anni giovanili.

Opinione di chi scrive è che almeno il san Bruno possa essere tra le due opere quella licenziata per prima e in un tempo non molto successivo all’affresco con Il monaco dissotterrato e assolto nel chiostro ottagonale di San Michele in Bosco, pagato a Tiarini nel 1613 e che segna per il pittore un momento di riallineamento dei propri mezzi espressivi a quelli di Ludovico Carracci. Il San Bruno richiama nei gesti e nel volto fisionomie e attitudini dei monaci raffigurati nell’affresco, e in particolare sembra derivare direttamente da uno di essi: quasi che il pittore avesse estrapolato da quella complessa e corale macchina narrativa una singola figura per renderla protagonista di un episodio a due sole voci.

Alessandro Tiarini (Bologna, 1577 - ivi, 1668), San Bruno ritrovato da Ruggero re di Sicilia, 1613/1614 circa, tela, cm 259 x 149,5. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 7018.

Emanuela Fiori

Dalla scheda in Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo Generale. 3. Guido Reni e il Seicento, Venezia, 2006. Pubblicato in Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, Bologna, 29 maggio - 11 luglio 2010. © Pinacoteca Nazionale di Bologna.