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Progetto per il monumento Malvezzi alla Certosa

1807 ca.

Schede

Il monumento del nobile bolognese Piriteo Malvezzi Lupari rappresenta un interessante caso di riutilizzo di sepolcri storici per le sepolture moderne, incoraggiato dalla Magistratura bolognese all’inizio del XIX secolo, in corrispondenza della creazione del nuovo cimitero monumentale presso la certosa cittadina. Questo tipo di riadattamenti coniugava due esigenze importanti. Da un lato spingeva le famiglie illustri a trovare nel nuovo luogo destinato alle sepolture fuori dalle chiese e lontano dalla città, avvertito come inadeguato sia per motivi religiosi che di tradizione, un nuovo interesse celebrativo. Allo stesso tempo i monumenti antichi, che rischiavano di essere abbandonati al degrado all’interno delle chiese destinate ad altro uso, grazie alla loro concessione a famiglie illustri, non sempre discendenti degli antichi proprietari, venivano smontati, trasportati nel nuovo cimitero comunale e rimontati a spese dei concessionari.

E' quello che accadde anche in questo caso. Per commemorare la figura del padre, Maria Ercolani e Teresa Ranuzzi acquistarono nel 1806 la tomba del protonotario apostolico Pietro Fieschi, tradizionalmente attribuita allo scultore toscano Francesco di Simone Ferrucci. La tomba, posta all’interno della chiesa di san Francesco, era tra quelle segnalate alcuni anni prima, quando si era deciso di trasformare la chiesa in dogana, come degne di essere salvaguardate e collocate altrove. I costi di smontaggio, trasporto e rimontaggio erano troppo alti per essere sostenuti dalla sola Municipalità che finì col proporre tale operazione ai cittadini, in cambio di concessioni cimiteriali in posizioni di particolare pregio a prezzi agevolati. Fu incaricato di seguire le operazioni di smontaggio e adattamento l’architetto Angelo Venturoli, che aveva già lavorato per le famiglie Malvezzi ed Ercolani. A lui venne affidata anche la scelta della nuova collocazione alla Certosa, che in un primo momento venne a coincidere con uno degli angoli del grande chiostro cinquecentesco. Solo alcuni decenni dopo il monumento sarà trasferito nel Chiostro del ‘500, appena costruito dall’ingegnere Luigi Marchesini, dove è documentato da foto della fine dell’800.

Nel 1906, in occasione della riapertura al culto di san Francesco che seguì i restauri curati da Alfonso Rubbiani, il monumento Malvezzi Lupari, insieme ad altri provenienti dalla stessa chiesa, come quelli di papa Alessandro V, di Alessandro e Francesco Zambeccari e di Francesco Albergati Capacelli, venne riportato nella collocazione originaria, anche se in una posizione differente a quella precedente il trasferimento. Tutte le fonti lo ricordavano infatti porto a sinistra del portale centrale, in controfacciata, mentre oggi è attestato a metà della navata destra. L’attività di Angelo Venturoli sul monumento è documentata da un nutrito gruppo di documenti e disegni, conservati presso l’archivio della Fondazione Collegio Artistico Venturoli nel cartone M52 della serie Perizie. Contattato dall’agente delle due nobildonne, Raffaele Gherardi, Venturoli si occuperà del trasferimento delle sculture, della scelta della nuova collocazione della tomba, dei disegni per guidare il lavoro dei tagliapietre e dei manovali e degli adeguamenti necessari alla nuova destinazione.

Tra questi ultimi spicca il grande spazio lasciato allo scultore Giacomo De Maria, con cui Venturoli aveva condiviso già molti cantieri, affidandogli le decorazioni scultoree. A lui venne affidato il compito di realizzare la grande lunetta in scagliola con la figura della Carità, oggi documentata solo da un gesso conservato presso il Collegio Venturoli, e probabilmente distrutta in seguito ai danni subiti dalla chiesa di san Francesco durante l’ultima guerra. A lui si doveva anche la figura del pellicano che nutre i piccoli, altro emblema della carità cristiana, che dai disegni di Venturoli sappiamo destinato ad essere collocato al centro della fiancata del sarcofago. Infine l’intervento per noi moderni più stupefacente, quello sulla statua del gisant rinascimentale, il cui volto venne sostituito da un ritratto di Piriteo Malvezzi Lupari, ricavato da una maschera funebre. I successivi rilievi fatti al cimitero fecero ben presto emergere anche la necessità di sollevare il sarcofago, inserendo sotto di esso un piano-basamento e facendo predisporre da un argentiere delle zampe leonine, le cui cere vennero realizzate ancora una volta dal De Maria, per ovviare al problema di una eccessiva vicinanza al pavimento del loggiato, con il rischio che la scultura venisse esposta ad atti di vandalismo. Completato dalle decorazioni scolpite da De Maria e dalle pitture della parete di fondo, affidate a Giuseppe Muzzarelli, il monumento Malvezzi Lupari venne inaugurato la domenica successiva all’8 maggio 1807.

Presso il Collegio Venturoli sono conservati altri due disegni relativi al monumento che, assieme alle spese, depositate presso l’Archivio di Stato di Bologna, permettono di seguire le varie fasi dell’adattamento del monumento, secondo una modalità messa a punto dalla stesso Venturoli alcuni anni prima, quando anche la tomba di Vianisio Albergati Seniore era stata trasferita alla Certosa, adattandola a sepolcro del contemporaneo Francesco Albergati Capacelli. L'opera viene anche ricordata nel 1847 da Savino Savini nella rivista “Il mondo illustrato – Giornale universale” di Torino: "pur bello in pietra d'Istria e marmo bianco, intagliato da Francesco Simoni, e dissimile poco da quello di Vanesio Albergati seniore, apparteneva alla celebre famiglia Fieschi di Genova, ed oggi mutato il capo della statua giacente, si vede appropriato a certo Malvezzi Piriteo, nella stessa guisa che ad altre statue d'uomini immortali vediamo a' nostri giorni mutar la testa e dar nomi nuovi; un Cesare battezzar per Caligola, e dir ch'è d'un filantropo il simulacro di tale che meglio sarebbe non fosse mai nato".

Antonella Mampieri

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.