Pietro  di  Giovanni  Lianori - Madonna con il Bambino e angeli

Pietro di Giovanni Lianori - Madonna con il Bambino e angeli

1444 circa

Scheda

La Madonna col Bambino, sostenuta da una gloria di angeli, era nella chiesa della Madonna del Monte, sul colle dell’Osservanza, e, anche se il Malvasia non ne parla, nell’anno in cui egli scrisse le Pitture di Bologna, l’affresco doveva trovarsi nell’atrio della rotonda di quella chiesa.
Ho trovato notizie dell’opera di Lianori in Memorie storiche dell’antica Chiesa del Monte e delle immagini da quella trasportate al cimitero di Bologna di Sgargi, scritta nel 1815, ossia pochi anni dopo che la chiesa fu comprata da un generale napoleonico . Aldini, questo il suo nome, iniziò a far portare via le immagini sacre della Madonna del Monte nel 1805, poiché di lì a poco avrebbe distrutto parte dell’edificio per costruirvi la villa di sua proprietà . L’affresco di Lianori fu staccato in quella circostanza e portato alla base del campanile di S. Girolamo della Certosa . Il cimitero bolognese era, proprio in quegli anni, diventato un rifugio per molte opere d’arte provenienti da varie chiese distrutte o soppresse che qui trovarono riparo, scampando a sicura eliminazione . Su alcune di queste furono poste delle ancone con didascalie, e su quella di Lianori nel campanile è scritto: EX AEDE QUAE – FUIT – MARIAE – MONTANAE. Appunto in merito a questa traslazione di opere e a questa trasformazione della Certosa in un museo d’arte, lo Sgargi introduce una descrizione della nostra opera e del suo trasferimento, di cui parlerò più tardi.
Anche il Gualandi parla degli “ …antichi monumenti vari per arte e già sparsi nelle chiese profane della città …. ” , trasportati nel cimitero, ma non si sofferma su nessuno in particolare.
Zucchini nel 1935 scrive un libro sulla Madonna del Monte, che, creduta distrutta dopo la costruzione della villa, era rivenuta alla luce nella zona della rotonda, inglobata nella nuova struttura e trasformata in salotto. Il ritrovamento era avvenuto proprio in quegli anni e il critico, nel descrivere l’antico luogo di culto, parla della avvenuta diaspora degli affreschi in esso contenuti. Egli, tra “le opere d’arte disperse”, cita la Madonna con Bambino sostenuta da una gloria di angeli, che mostra “una fine grazia quattrocentesca vicina alla maniera di Orazio di Jacopo e del Lianori” . Zucchini è il primo ad inserire l’opera nel catalogo di quest’ultimo artista, dopo che lo Sgargi nel 1815 la dice “Madonna antica dipinta da Gelasio” , che poi sarebbe quel Galasso da Ferrara a cui la attribuiscono anche il Battistelli prima e il Rodriguez poi, nel 1954 . Raule riporta le varie attribuzioni, che ho citato in precedenza, senza schierarsi a favore di nessuna posizione .
Il Volpe sostiene totalmente Zucchini, inserendo il dipinto tra le prove della maturità di Lianori , e dello stesso avviso sono anche Iole Massa e Tassinari Clò.
Mentre si registrano varie ipotesi sull’attribuzione della Madonna con Bambino, sicura è la datazione, senz’altro ascrivibile attorno al 1444, anno in cui sull’antica chiesa romanica fu aggiunto l’atrio, o pronao, della rotonda . I vari critici risultano tutti concordi riguardo a questo punto.
Molto belle le descrizioni che dell’affresco fanno Sgargi e Volpe, andandone ad esaminare i caratteri iconografici. Il primo così descrive la scena: “Maria Vergine e Lattante in mezzo ad una gloria di Angioli per accarezzare i quali il Bambino ha lasciatola poppa, da cui cade a gocciole il latte” . Parole simili usa Volpe, il quale dice che dell’opera desta la nostra ammirazione l’invenzione del “motivo iconografico rarissimo della Vergine colta durante una pausa dell’allattamento del Bambino, per la sorpresa, si pensa, provocata dall’intervento degli adoratori angelici” …….. “incredibilmente delicato è quel pensiero della mano, tornita come un avorio boemo, che solleva il velo, forse per detergere le stille del latte materno” .
La Madonna e Bambino della Certosa rientra nella stagione fortemente poetica di Lianori, poeticità che andrà perdendo subito dopo la metà del secolo, quindi in anni di poco posteriori a questa mirabile prova.
Questa Vergine è “inarcata alla gotica come non mai nel contegno solito di Pietro Lianori” e segue gli andamenti “liminari” di Giovanni da Modena.
Ancora una volta trovo forti somiglianze tra un affresco con soggetto mariano di Lianori e la Vergine incoronata ( fig. VII ) nel Paradiso di Giovanni da Modena in S. Petronio. Qui è impressionante la somiglianza tra la Madonna petroniana e quella di S. Girolamo: i due volti hanno gli occhi leggermente chiusi e gonfi nella zona inferiore, il mento un po’ sfuggente, la fronte tondeggiante, stesse fattezze di naso e bocca ed il velo che cade in modo simile sulla spalla.
Non mi meraviglio che Zucchini, nel suo libro sulla Madonna del Monte, dica che: “ le boccucce e i nasi affilati degli angioli, l’insistente bianchezza della sclerotica negli occhi derivano direttamente dal gruppo di pittori del primo ventennio del secolo XV, a cui si deve il ciclo degli affreschi Bolognini ”.
Le due Vergini sono identiche, solo che quella petroniana ha il volto più girato verso destra.
Il Volpe sostiene come proprio nel Paradiso si riscontri il più volte citato nesso tra Lianori e Giovanni da Modena e la D’Amico rileva in più occasioni come non sarebbe improbabile una partecipazione di Lianori alla realizzazione della Cappella Bolognini, la cui paternità non è stata mai del tutto accertata.
La nostra opera “era dipinta sopra di un intonaco, che copriva un pezzo grande di gesso incastrato nel muro sopra la porta” , secondo quanto dice Sgargi. Egli continua affermando che le intemperie avevano staccato l’affresco in molti punti; questa la motivazione per cui fu tolto dal luogo di origine, “levato con tutta la diligenza” , trasportato nella cella campanaria e ivi ricomposto. Il dipinto fu riunito nelle sue parti con il cemento e Sgargi dice che la pittura rimase intatta, senza alterazioni, e che non sia stata ritoccata dal pennello di altri pittori . In realtà, nonostante “i pezzi originali dell’affresco” fossero “in ottimo stato” , a detta dello Zucchini, salta subito all’occhio il fatto che c’è qualcosa che stona nella composizione, qualcosa di non troppo quattrocentesco. Le figure devono aver subito dei ritocchi almeno nei contorni, come vediamo nella linea troppo marcata dell’arcata sopraccigliare della Vergine, ma soprattutto notiamo come l’immagine sia “ malamente rabberciata col motivo delle nuvole dipinte in epoca moderna ” , come giustamente afferma Volpe.
Il nostro affresco si trova in una zona assai poco fruibile, dato che il campanile è situato all’interno di un chiostro del cimitero e l’accesso non è consentito al pubblico.

Claudia Vernacotola

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Il Piccol Reno - Foglio settimanale. Nn. 14 - 26, 1845. Tipografia San Tommaso D'Aquino, Bologna

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