Palazzo Comunale o d'Accursio

Palazzo Comunale o d'Accursio

Scheda

Il vasto complesso architettonico che si affaccia su Piazza Maggiore consta di due nuclei distinti. Quello di sinistra, più antico, fu nel XII-XIII secolo sede della famiglia Accursio (da cui derivò il nome l’intero edificio), poi della magistratura comunale degli Anziani dal 1336. La sopraelevazione dell’attuale torre dell’orologio risale alla seconda metà del XV secolo, epoca in cui Nicolò dell’Arca realizza anche la Madonna con Bambino in terracotta sulla facciata. La parte destra, pienamente gotica, è caratterizzata da otto finestre realizzate ad opera di Fioravante Fioravanti e da una grande finestra nella parte bassa costruita a metà Cinquecento da Galeazzo Alessi. Questi edificò altresì l’ingresso trionfale la cui parte superiore ospita la statua di papa Gregorio XIII, autore della riforma del calendario. Il palazzo, ora sede del Comune, ospitò i Legati papali dal XVI al XIX secolo. All’interno, percorrendo una scala cordonata attribuibile a Donato Bramante, sono visitabili al primo piano la Sala d’Ercole e la Sala del Consiglio Comunale, al secondo la Cappella e la Sala Farnese.
Al secondo piano si trova un importante museo d’arte, le Collezioni Comunali d’Arte, che comprende opere provenienti da raccolte private (Palagi, Pepoli, Baruzzi), disposte nell’ex appartamento dei Cardinali Legati. Fra le molte opere si segnalano il cospicuo nucleo dei “Primitivi” (secc. XIII-XV) di Luca Signorelli, Donato Creti, Giuseppe Maria Crespi, Tintoretto, Ludovico Carracci, Artemisia Gentileschi (Ritratto di Gonfaloniere) e di Francesco Hayez (Ruth).
Da Piazza Nettuno si accede all’Ex Sala Borsa, sede della nuova biblioteca multimediale del Comune. All’interno il pavimento lascia intravedere resti archeologici databili tra il Il secolo a. C. e il XVI secolo (tra cui quelli della basilica romana).

Sala Rossa
La Sala Rossa prende il nome dal colore delle tappezzerie con cui fu rivestita nella prima metà del Novecento, in Antico Regime faceva parte dei quartieri riservati al Senato cittadino, l’organo politico di rappresentanza locale che condivideva col Legato di nomina papale il locale governo. Alla fine del Cinquecento era il luogo di rappresentanza dove si svolgevano le più importanti riunioni senatorie, mentre le camere prospicienti il lungo corridoio su piazza del Nettuno erano adibite a segreterie, tesoreria, amministrazione. L’attuale anticamera del Sindaco, l’Ufficio Stampa e le stanze adiacenti erano le stanze per le Assunterie (commissioni senatorie per il disbrigo di particolari settori di governo). Nel 1677 la sala principale per le riunioni del Senato fu spostata nell’ala aff acciata su piazza Maggiore, creando quella che è l’attuale Sala del Consiglio Comunale. Nella Sala Rossa veniva conservato il Pallione “della Peste”, dipinto su seta da Guido Reni con la Madonna e i Santi Protettori di Bologna, oggi conservato in Pinacoteca a seguito delle soppressioni napoleoniche. Fu commissionato dal Senato nel 1631 per celebrare la cessazione dell’epidemia e annualmente veniva portato in processione dal Palazzo Comunale a S. Domenico, dove la colonna della Vergine del Rosario nel sagrato della basilica costituiva l’altro polo di celebrazione pubblica dell’aiuto della Madonna contro la pestilenza. La sistemazione attuale della Sala Rossa risale alla metà del secolo XIX, si notano i grandi lampadari di cristallo di Boemia in stile impero (che si vuole fossero stati il dono di nozze di Napoleone alla sorella Elisa Baciocchi) e le decorazioni della volta a botte di Luigi Samoggia decoratore e Luigi Busi figurista. Recentemente è stata restaurata mantenendo intatte le sue caratteristiche.


Sala del Consiglio Comunale (già Galleria del Senato)
La Galleria dei Senatori di Bologna fu affrescata nel 1676 da Angelo Michele Colonna (1604-1687), con l’aiuto del giovane Gioacchino Pizzoli (1651-1731). E’ uno splendido testo d’arte barocca e tipico esempio di una tipologia di decorazione di interni che rese famosa la scuola bolognese nel mondo: la quadratura. L’uso sapiente della prospettiva apre le superfici su illusori spazi aperti verso l’esterno. La quadratura architettonica occupa la volta per 34 metri di lunghezza e 8,50 di larghezza. Quattro colonne dipinte sostengono il finto cornicione e creano l’illusione di sostenere una struttura a volta, in cui si aprono cinque scene figurate di soggetto allegorico, con riferimento alle virtù di Bologna. Nel primo lato breve è raffigurato lo Stemma della città sorretto da due Virtù (Concordia e Fedeltà) insieme ai simboli del potere locale e di quello pontificio.
Nella volta centrale: 1) Minerva (dea della Sapienza ) e Marte (dio della guerra) inducono la Fama ad annunciare al mondo le virtù e le glorie della città. 2) Cibele indica a Bologna (con sembianze femminili, sul carro trainato da due leoni a simboleggiarne la potenza) la gloria dell’Olimpo, dove Giove l’attende. 3) Bacco, Pomona e Cerere (alludenti al vino, ai frutti e alle messi) simboleggiano la fertilità della terra bolognese. Nel secondo lato breve: Vigilanza e Prudenza e i simboli delle Arti.

Sala Farnese (anticamente “Regia”)
Luogo del cerimoniale civico, di impianto rinascimentale, era ricoperta da una volta dipinta demolita alla fine dell’Ottocento e sostituita con l’attuale soffitto a cassettoni. Fin dalla metà del Cinquecento contro la parete di fondo era collocata una statua in marmo di papa Paolo III Farnese rimossa all’arrivo dei Francesi alla fine del Settecento. Fu un cardinale della medesima famiglia, Girolamo Farnese, a promuovere nel 1665 il restauro dell’attigua cappella e il ciclo di affreschi che nella sala rievocano i fasti bolognesi collegati alla presenza pontificia nella città. Gli affreschi sono dovuti ad una équipe di pittori guidati da Carlo Cignani, fra cui Lorenzo Pasinelli, Luigi Scaramuccia, Girolamo Bonini, Giovanni Maria Bibiena. Il monumento ad Alessandro VII, posto nel 1660 nell’attigua Sala degli Svizzeri, fu collocato contro la parete di fondo nel corso dei restauri del 1845. L’arcaica tecnica della lamina metallica su anima di legno è dovuta ad un’orafo di origine senese, Dorastante d’Osio.


Cappella del Legato o Cappella Farnese (anticamente “palatina”)
Uno dei luoghi più importanti del cerimoniale cittadino, fu costruita dall’architetto Aristotele Fioravanti intorno alla metà del Quattrocento, all’epoca dei lavori promossi nel palazzo dal Cardinal Bessarione. Tra il 1561 e il 1565, su commissione del cardinal legato Girolamo Sauli, fu ampliata dall’architetto perugino Galeazzo Alessi, cui si deve anche il fronte architettonico esterno - originariamente in arenaria - rivestito in scagliola a metà Ottocento durante gli interventi di restauro in sala Farnese. La decorazione ad affresco risale al 1562, sotto il pontificato di papa Pio IV, la legazione di Carlo Borromeo e la vice legazione del Cardinale Pier Donato Cesi, artefice quest’ultimo del riassetto monumentale del centro cittadino (Palazzo dell’Archiginnasio, portico dell’Ospedale della Morte, palazzo dei Banchi, Fontana del Nettuno). Autore del ciclo decorativo (oggi gravemente lacunoso) con Storie della vita della Vergine fu Prospero Fontana, in quegli anni artista di punta e protagonista della “Maniera” a Bologna e a Roma. L’aspetto attuale è determinato da alterne vicende succedutesi nei secoli: il restauro seicentesco voluto dal cardinale Girolamo Farnese, l’uso incongruo come archivio e deposito nel periodo napoleonico e nel corso dell’Ottocento, fino al più recente recupero del 1991.

Sala d’Ercole
Questa parte del palazzo è la più antica, cresciuta intorno al primitivo nucleo delle case del Giurista Accursio (da cui ancora oggi la denominazione dell’intero complesso), acquisite dal Comune nel 1287. Alla fine del secolo vi ebbe luogo il magazzino per le pubbliche scorte di cereali (da cui l’antica denominazione di Palazzo della Biada). Conserva l’originario impianto medievale, riveduto dai rifacimenti sei-settecenteschi. La denominazione attuale deriva dalla grande statua in terracotta bronzata raffigurante Ercole che abbatte l’Idra di Lerna (1519). E’ opera di Alfonso Lombardi (cui si debbono fra le altre cose anche i Quattro Santi Protettori di Bologna del voltone del Podestà). Può alludere alla caduta dei Bentivoglio e alla definitiva restaurazione pontificia nel governo della città seguita al tentativo di rientro a Bologna dei Bentivoglio nel 1511-12. Sulla parete destra si trova un affresco con la Madonna del Terremoto, di Francesco Francia, dipinta sulla parete di una sala dell’attiguo quartiere degli Anziani come ex voto per il terremoto del 1505, qui trasportata nel secolo scorso dalla vicina Cappella dove era stata trasferita alla fine del Seicento. All’ingresso calchi di bassorilievi della Fontaine des Innocents di Parigi, dono dello stato francese al Comune di Bologna negli anni Trenta del Novecento, in ricordo dello sculture francese Jean Goujon, presente a Bologna subito dopo la metà del Cinquecento.

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