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Nerio Nannetti detto/a Sergio

21 dicembre 1910 - 3 ottobre 1944

Scheda

Nerio Nannetti, nome di battaglia "Sergio", da Alfredo e Ida Trebbi; nato il 21 dicembre 1910 a Calderara di Reno. Nel 1943 residente a Bologna. 3ª elementare. Operaio elettricista.
Iscritto al PCI.
Il 20 agosto 1932, quando era segretario della cellula comunista di Calderara di Reno, venne arrestato con altri 55 antifascisti, per "organizzazione comunista".
Rinviato a giudizio davanti al Tribunale speciale, il 24 novembre 1932 gli fu concessa l'amnistia per il decennale fascita, ma non venne liberato.

Il 17 marzo 1933, infatti, fu assegnato al confino per un periodo di 4 anni. Andò a Ponza (LT) dove il 10 giugno 1933 fu arrestato, unitamente ad altri 150 antifascisti, per contravvenzione alle regole del regime della colonia confinaria.
Il 14 giugno 1933 venne condannato a 5 mesi di reclusione poi ridotti a 4. Scontata la pena nel carcere di Napoli, il 23 ottobre 1933 tornò a Ponza, ma il 24 febbraio 1935 fu nuovamente arrestato per avere preso parte a una protesta collettiva.
Il 3 maggio 1935 venne condannato a 10 mesi dal tribunale di Napoli e il 30 dicembre scontata la pena, fece ritorno a Ponza per ultimare il periodo di confino. Riebbe la libertà il 20 ottobre 1937.
Negli anni seguenti venne attentamente vigilato dalla polizia sin al 25 novembre 1941, data dell'ultimo controllo.

Subito dopo l'inizio della lotta di liberazione, fu uno dei promotori, con Adriano Brunelli e altri del primo gruppo di partigiani che operò a Lizzano in Belvedere e che fu catturato, quasi al completo, in località La Cà l'1 novembre 1943. Sfuggito alla cattura con Monaldo Calari, mentre Brunelli e gli altri vennero fucilati, tornò a Bologna e riprese il lavoro nel calzaturificio Montanari.
Dopo avere organizzato lo sciopero nello stabilimento l'1 marzo 1944 - nel quadro dello sciopero provinciale proclamato dal CLN - si mise nella clandestinità. Si trasferì ad Anzola Emilia e militò nel battaglione Tartan della 7ª brigata GAP Gianni Garibaldi.
Il 31 marzo 1944 incappò con Sonilio Parisini in un rastrellamento organizzato dalle brigate nere, nel quartiere Libia (Bologna), per catturare i partigiani che avevano ucciso due ufficiali fascisti. Tentarono entrambi di fuggire, ma furono colpiti alle gambe da una scarica di mitra e catturati.
Il 29 luglio la questura di Bologna riconobbe che era estraneo alla morte dei due fascisti, ma non lo scarcerò.
Nella notte tra l'8 e il 9 agosto 1944 fu liberato dal carcere di San Giovanni in Monte (Bologna), nel corso dell'azione condotta dai partigiani della sua brigata, al termine della quale alcune centinaia di detenuti riebbero la libertà.
Riprese il suo posto di lotta, come comandante di battaglione, e nell'estate fu uno dei principali animatori della guerriglia nelle campagne per impedire ai tedeschi di razziare il grano e il bestiame.
Il 3 ottobre 1944 attaccò con altri partigiani un camion tedesco in via Bologna, in località Ponte Samoggia (Anzola Emilia). Dopo avere ucciso due militari tedeschi, venne a sua volta colpito e ucciso da un terzo soldato che si era nascosto nel cassone del camion.
Gli è stata concessa la medaglia d'argento alla memoria. 
Il suo nome di battaglia venne dato a un battaglione della 63ª brigata Bolero Garibaldi. 
Riconosciuto partigiano dal 9 settembre 1943 al 3 ottobre 1944. [Nazario Sauro Onofri]

E' sepolto nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della  Certosa di Bologna ed è ricordato nel Sacrario di Piazza Nettuno.