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Schede

La statua in gesso documentata nel Fondo Belluzzi del Museo del Risorgimento è il risultato della commissione a Giuseppe Pacchioni per un monumento da dedicare al frate barnabita Ugo Bassi, figura tra le più significative del Risorgimento italiano. Questa scultura, grande al naturale, non viene mai realizzata a causa della morte dell'artista e va ricercata a Cento, città natale del Bassi: da una nota manoscritta sappiamo che per iniziativa di D.o Facchini parecchi Cittadini Centesi lo acquistavano dalla Sorella dello scultore, destinandolo in dono alla Città. Carlo Monari e Carlo Parmeggiani sono successivamente chiamati ad avanzare una nuova proposta. Viene scelto Parmeggiani, che nel 1888 fonde il grande bronzo che oggi si vede a Bologna in via Ugo Bassi. Entrambe le soluzioni colgono il frate durante la foga oratoria per cui andava famoso, rivolta non solo all'ambito religioso ma anche a quello dei valori risorgimentali. Che questa posa sia tipica del Bassi è evidente anche dalla rappresentazione che propone, nel fatidico '48, il pittore bolognese Napoleone Angiolini, opera conservata presso il Museo del Risorgimento. Il gesso di Pacchioni viene esposto nel Tempio del Risorgimento durante l'Esposizione Emiliana del 1888, e compare in una litografia del giornale periodico dedicato a questa manifestazione. Tra gli innumerevoli oggetti, sculture e 'reliquie' del Risorgimento, appaiono così due opere di Pacchioni: il busto di Angelo Masini, e l’Ugo Bassi. Durante l'Esposizione, sulla tomba di Pacchioni in Certosa, viene inaugurato il suo ritratto in marmo, scolpito da Alfredo Neri. Il Museo conserva nel fondo documentario dedicato al frate barnabita un'altra foto ritraente il nostro gesso, ma da una angolazione differente.

Il bronzo di Parmeggiani non riscontrò grande accoglienza tra i bolognesi e la statua subì diversi spostamenti: da quella originaria davanti al portico dell'Arena del Sole (1900) in via Indipendenza, passò al Mercato delle Erbe di via Ugo Bassi e successivamente in Piazza XX settembre (1949), infine dal 2003 di nuovo nella via a lui dedicata.

Roberto Martorelli

L'idea di onorare con un monumento eretto in Bologna il martire centese che nella nostra città aveva predicato l'amore alla patria e alla libertà, scontato poi con la fucilazione, era antica. Molti patrioti, molti liberali sinceri, e non dell'ultima ora, l'avevano caldeggiata; ma essa prese forma concreta sul finire del 1883 o in principio dell'anno successivo. La erezione di un monumento a Ugo Bassi costituiva non soltanto meritata onoranza al patriota, ma un'affermazione netta e precisa di anticlericalismo: Quindi l'iniziativa accolse subito favore. Si costituì un comitato presieduto dal Saffi e composto da liberali, reduci dalle patrie battaglie e cominciò la raccolta di fondi a mezzo di pubbliche sottoscrizioni. Dopo diattribe il comitato si ricostruì nominando cassiere l'avv. Raffaele  Ghelli, che diede opera ad un efficace propaganda riattivando le sottoscrizioni, finchè fu raccolto un capitale sufficiente, per opera principalmente della massoneria. Fu scelto per l'esecuzione il bozzetto presentato dallo scultore Carlo Parmeggiani, il quale si era fatto apprezzare per alcuni lavori, tra cui il sarcofago di Pellegrino Matteucci. Il gesso fu collaudato da una commissione della quale facevan parte il Panzacchi ed il Barbieri, e mandato per la riproduzione in bronzo alla fonderia artistica all'ospizio di San Michele in Roma.

Finalmente l' 8 agosto 1888, mentre in Bologna era riunito il congresso nazionale dei reduci e si celebravano altre feste patriottiche, fu inaugurato il monumento ad Ugo Bassi eretto nel Largo di Via Indipendenza di fronte all'Arena del Sole. Alla cerimonia intervennero le rappresentanze di numerose Logge massoniche, di associazioni di veterani e reduci dalle patrie battaglie, di sodalizi operai, specialmente di Romagna, con bandiere e corone. Disse il discorso inaugurale Aurelio Saffi. Alla sera vi fu un banchetto patriottico alla Birreria Finzi, fuori porta Santo Stefano. La manifestazione ebbe, come si è detto, un carattere spiccatamente anticlericale e perciò i clericali cercarono ogni mezzo per scemarne il valore. Non potendo in altro modo censurarono la statua. Meschino ripiego che non valse a togliere importanza all'avvenimento e a diminuirne l'altissimo significato, che va oltre il pregio di qualsiasi opera d'arte. Sorte le prime discussioni sul luogo più opportuno per collocarvi Garibaldi, lo stesso scultore Parmeggiani propose di rimuovere la statua del barnabita per far posto al monumento dell'eroe: e il trasloco fu approvato.

Col trasferimento nel largo davanti la caserma di San Gervasio in via Ugo Bassi si deliberò anche la riforma del piedistallo giudicato, di dimensioni non proporzionate alla statua e suscettibile di miglioramento nelle linee: e cosi il basamento è stato del tutto cambiato, e in meglio su disegno di Alfonso Rubbiani. Osservando la base dei pilastri all'esterno di S. Petronio vi si potrà trovare il motivo architettonico al quale si è ispirato il cav. Alfonso Rubbiani nel disegnare il nuovo piedistallo: forse perchè Ugo Bassi dall'alto della gradinata di San Petronio, nell'attitudine risulta che tiene sul plinto, incitò il popolo a libertà. Il monumento  tolto da via Indipendenza  viene trasferito in Via Ugo Bassi. La piazzetta nella quale è stata trasferita  sarà ampliata, quando la caserma San Gervasio, ceduta dal Governo al Comune, sarà trasformata in mercato coperto; e allora la statua del barnabita potrà  avere uno sfondo più decente dell'attuale. E quivi trovi pace finalmente l'eroe del martirio, il credente nella religione di Cristo e in quella della patria, l'apostolo della guerra contro lo straniero, il martire che andò incontro al supplizio con la stessa serenità con la quale aveva sfidato la morte sul campo di battaglia. Il monumento sia, ara sacra al patriottismo, alla virtù. Successivamente in seguito ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, la statua viene trasferita nel giardino di p.zza XX Settembre ; nel 2003 dopo accurato restauro viene riposizionata in Via Ugo Bassi.

Trascrizione dal supplemento N. 180 del Resto del Carlino a cura di Lorena Barchetti