Miracolo di sant’Antelmo

Miracolo di sant’Antelmo

1613 | 1614 ca.

Scheda

Questo dipinto fu registrato da Masini (1666), che lo attribuì ad Alessandro Tiarini, quando era esposto nella quarta delle “nove cappellette” del monastero certosino. Confermatogli dal Malvasia (1678), le edizioni de Le Pitture di Bologna continuarono ad associare l’opera a questo autore fino al 1766, quando fu osservato che il quadro “fu commesso e pagato al Tiarini, ma pare del Cavedone, a cui forse lo fece fare”, mentre nel 1793 Jacopo Alessandro Calvi scrisse che, con tutto il rispetto per Malvasia e per i documenti d’archivio, considerate le evidenze stilistiche il dipinto doveva essere necessariamente opera di Cavedone. Il santo raffigurato nel dipinto è il vescovo e monaco certosino Antelmo (1107-78), un nobiluomo di Chignin, in Savoia. Tra le figure più importanti della storia dell’ordine certosino, Antelmo divenne priore della Grande Chartreuse nel 1139, fu eletto generale dell’ordine nel 1142 e nominato vescovo di Belley nel 1163. Diventato famoso per la sua opera di diplomatico e riformatore oltre che per il rimodernamento materiale della Grande Chartreuse, Antelmo dedicò gli ultimi anni della propria vita ai lebbrosi e ai poveri. Nella vita di sant’Antelmo del XII secolo sono citati solo due miracoli, ed è uno di questi – la guarigione di un uomo morso da un serpente – il soggetto di questo dipinto.

Al miracolo specifico allude la grande macchia di sangue sulla gamba destra esposta del giovane esanime, i cui abiti e i cui arnesi sparsi in giro, assieme alle pietre sparpagliate in primo piano, evocano la sua condizione di bracciante riconfermando insieme il carattere rurale dell’ambientazione. Ne è stata argomentata in modo convincente una datazione antecedente al 1612 circa, considerato che il dipinto presenta quello che si può definire un totale accordo con opere databili con certezza al 1611- 1613, nella fattispecie con gli affreschi della Cappella Bavosi nella chiesa di San Giacomo e con quelli della cappella Arrigoni nella chiesa di San Paolo Maggiore a Bologna, contenenti perlopiù imponenti figure monolitiche costrette in primo piano e proiettate con impeto nello spazio dell’osservatore. Particolare consonanza si ha fra le figure simili a colonne di Melchisedec ed Elia della cappella Bavosi e la figura paragonabile a un pilastro di sant’Antelmo, che presenta il medesimo drappeggio scavato e cesellato e gli stessi ampi gesti generatori di spazio: elementi, questi, che attestano la perdurante influenza del soggiorno breve ma formativo di Cavedone a Roma nell’autunno del 1609, un soggiorno che infuse nell’espressiva austerità del suo stile una monumentalità classica che giungerà al suo culmine nella pala d’altare di Sant’Alò del 1614 per la chiesa della Pietà, e che recede gradualmente verso la fine del secondo decennio del secolo. Al contempo, i colori e la pennellata sono meno luminosi e vividi che negli affreschi Bavosi o nei laterali della cappella Arrigoni (l’Adorazione dei pastori del 1613, e l’Adorazione dei Magi, datata 1614) a indicare una data leggermente anteriore.

Un rapido schizzo a penna e inchiostro preparatorio per il dipinto, che oggi ci è noto, è uno dei molti esempi in cui Cavedone dette inizio al processo creativo capovolgendo la composizione. Sant’Antelmo vi avanza infatti dalla sinistra e fluttua sopra il giovane, che è sostenuto a fatica da quattro figure e volge la testa lontano dal santo. Alterando e rifinendo nel dipinto la posa del giovane, in modo che il suo corpo quasi prono riempia l’intero primo piano, che il suo viso sollevato sia rivolto verso gli occhi adombrati del santo e che la sua mano destra sia alzata in benedizione, Cavedone crea un effetto di prossimità fisica quasi caravaggesca, sicché pare che la guarigione miracolosa sia il frutto di uno sguardo e d’un gesto fugaci, mentre i forti contrasti di luce e buio danno forza espressiva alla solidità delle figure, la cui forma espansa diviene tutt’uno con la profondità spirituale del soggetto.

Giacomo Cavedone (Sassuolo, 1577 - Bologna, 1660), Miracolo di sant’Antelmo, 1613/1614 circa, tela, cm 255 x 145. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 7090. Provenienza: monastero della Certosa di Bologna.

Laura M. Giles

Dalla scheda in Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo Generale. 3. Guido Reni e il Seicento, Venezia, 2006. Pubblicato in Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, Bologna, 29 maggio - 11 luglio 2010. © Pinacoteca Nazionale di Bologna.

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Andrea Emiliani - La Certosa di Bologna
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Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna. Video dedicato alla mostra tenutasi a Bologna nel 2010.

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