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Alfredo Mangano

27 Gennaio 1884 - 3 Marzo 1966

Scheda

Figlio di Alfio, nacque a Trieste, cittadino austroungarico. Non abbiamo notizie precise sul suo allontanamento da Trieste, ma nel 1912 era già ufficiale degli alpini italiani e nel 1913 ricette il definitivo “sfratto” dall’Austria- Ungheria. Nonostante fosse avviato alla carriera militare, fu impiegato anche come magazziniere del periodico “Il Gazzettino” di Venezia, dove si trasferì proprio nei primi anni ‘10. Allo scoppio della guerra Mangano doveva già avere una certa e riconosciuta esperienza militare poiché, quando si aggregò nel settembre del 1914 al primo nucleo della nascente Compagnia “Mazzini”, venne subito impiegato come addestratore dei volontari. Tutti i memorialisti del reparto ricordarono nei propri scritti il tenente Mangano come una delle sue figure cardine. Possedeva un carattere forte e deciso, come attestato nel diario della Compagnia redatto da Luigi Ghisleri a proposito di diverbi con altri membri del reparto. La sua posizione di militare di professione era mal vista da alcuni volontari, che lo accusarono di “essere un nazionalista e di essere venuto per avere uno stipendio”, come risultò anche dalla riunione della Commissione Politica tenuta il 7 ottobre, in cui “si prende nota di una trentina di volontari che avendo fatto il servizio milit[are] regolare aspirano ad essere caporali e sergenti. Si discute di alcune misure finanziarie. Mangano domanda 1000 lire”.

La critica nei confronti di Mangano si acuì quando palesemente questi tentò di convincere la maggior parte dei volontari a trasferirsi fra i ranghi della Legione Garibaldina, alla luce delle prime avvisaglie di scioglimento della Compagnia “Mazzini”. Quando il 15 ottobre Fausto Zambrini, volontario marchigiano che da tempo si era unito alla Legione Garibaldina, arrivò a Nizza in visita alla Compagnia “Mazzini”, fu proprio Mangano ad accoglierlo. I due furono presto investiti dagli insulti di diversi membri del reparto che li accusarono di essere reclutatori di uomini su mandato di Peppino Garibaldi, di lavorare per il fallimento dei propositi della Compagnia “Mazzini” e di essere “mercanti di carne umana”.

Il 16 ottobre Mangano partì con altri 41 volontari da Nizza per aggregarsi definitivamente alle truppe dei fratelli Garibaldi. Gino Coletti annotò l’arrivo di Mangano, che definì come il “comandante della Compagnia “Mazzini” fra i ranghi del 4° reggimento di marcia del 1° straniero”. Divenne aiutante maggiore di Sante Garibaldi, comandante della 6a compagnia, per poi venire promosso aiutante maggiore in capo dell’intero reparto in data 24 gennaio, dopo i tre combattimenti sostenuti. Allo scioglimento della Legione, a Mangano fu proposto dall’esercito francese l’ingaggio nel 4° Reggimento di marcia del 1° straniero, ma preferì rientrare in Italia. Il suo rimpatrio fu segnalato dalla prefettura di Ventimiglia a quella di Venezia il 24 marzo 1915. Dopo un mese esatto Mangano si arruolò volontario come tenente nel 51° Reggimento Fanteria, Brigata Alpi, seguendo così le orme dei fratelli Garibaldi, ai quali ormai aveva legato la propria carriera militare. Passato poi al 12° Reggimento Bersaglieri, meritò la Medaglia di Bronzo al Valor Militare a fine 1916, per un’azione del proprio reparto durante la nona battaglia dell’Isonzo con la seguente motivazione: “Quale aiutante maggiore in seconda, sotto l’intenso e violento fuoco di potenti artiglierie avversarie, disimpegnava con calma, ardimento e fermezza le sue attribuzioni, portando ordini ed assicurandosi della loro esecuzione, coadiuvando così efficientemente ed intelligentemente il proprio comandante di battaglione. Monte Pecinka, 1-3 novembre 1916”.

Le notizie su Mangano durante gli anni del regime e della Seconda Guerra Mondiale sono praticamente inesistenti. Pose la sua residenza a Bologna dove si sposò con Elvira Blazina. Ottenne il pensionamento dall’Esercito italiano con il grado di colonnello. A Bologna Mangano divenne uno dei principali animatori della sezione locale dell’ANVRG. Rassegnò le sue dimissioni in seguito a frizioni interne, che portarono per un breve periodo anche ad una scissione interna all’associazione stessa.

Alla morte i suoi resti furono tumulati nel Chiostro 1500 della Certosa di Bologna, dove riposa accanto alla moglie, deceduta nel 1998.

Giacomo Bollini

Bibliografia: M. Gavelli, F. Tarozzi (a cura di), Tra Nizza e le Argonne. I volontari emiliano-romagnoli in camicia rossa 1914-1915, Museo Civico del Risorgimento, Bologna 2016, pp. 217-219