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Madonna di San Luca

1590 | 1610 ca.

Schede

Il dipinto è una copia della celeberrima icona della Madonna col Bambino conservata presso la basilica suburbana che da essa prende il nome, e attorno alla quale crebbe sviluppandosi nel corso dei secoli da piccolo romitaggio fino a divenire una delle sedi religiose più importanti della città. Questa replica viene certamente eseguita, in scala un po’ ridotta rispetto all’originale, come immagine di devozione privata o comunque da collezione devota, in un periodo – quello tra fine Cinquecento e inizio Seicento – in cui la fama del dipinto stava ormai superando quella di ogni altra immagine miracolosa a Bologna, divenendone nei fatti copatrona. Di copie o repliche della Madonna di San Luca ne sono testimoniate infinite. In questo caso, l’oggetto è però di livello del tutto particolare, e dotato di attendibile pedigree: a tutt’oggi infatti un’iscrizione antica ancora seicentesca, apposta sull’immagine, attesta che l’opera fu dipinta da Ludovico Carracci. Lo afferma il pittore Sante Vandi (pittore ritrattista all’epoca di ottima fama e in rapporto con committenze d’alto rango), che nel 1681 acquistò la copia, per poi donarla nel 1704 ai Certosini di San Gerolamo.

La Madonna, eseguita a olio su tela, venne inglobata per l’occasione in una sorta di custodia lignea, incernierandola assieme a una lastra di rame, che ora ne costituisce il falso retro; all’interno, nell’intercapedine, fu assicurato un foglio cartaceo con alcune indicazioni del possessore, fissandolo sull’interno del “coperchio” di chiusura. Una seconda testimonianza scritta di Vandi, quella sul foglio originariamente staccato, risale al momento del lascito del pittore. Vi è infine una terza iscrizione, che corrisponde alle modifiche apportate in occasione del passaggio ai Certosini e che campeggia – quasi illeggibile – dipinta sulla faccia esterna della lastra di rame. L’epigrafe, che potrebbe essere anche successiva alla data (1704) che vuole celebrare, include, in alto, uno stemma, probabilmente quello di Vandi, inserito in un cuore in fiamme. È da questa terza testimonianza, che dipendono le citazioni antiche: nelle note a Malvasia (1678), e di Crespi (1772), dove si ricordano l’intervento miracoloso dell’immagine e il suo dono ai Certosini: “fu regalata a quella cappella dal nostro Vandi […] lo che tutto, fu da esso fatto in ringraziamento a Nostro Signore, ed alla santissima Vergine Madre, per essersi veduto miracolosamente salvato un giorno, che fu li 30 di Novembre dell’anno 1689, in un pericoloso accidente, nel quale dovea naturalmente lasciare miseramente la vita da tre persone insidiatagli, che con pugnalate lo ferirono”.

Lo stile del dipinto, più che replicare l’originale, lo interpreta e lo metabolizza; dell’icona, rimangono due o tre elementi identificativi, quasi a garanzia dell’attendibilità dell’impresa: il naso marcato e appuntito, l’enfatizzazione della mano della Vergine e del suo gesto, e poco altro. Per il resto, le fisionomie e i panneggi sono morbidi e pastosi, con la cancellazione di quelle “prime linee in un campo di colore”, come le avrebbe chiamate Vasari, che segnano la pittura duecentesca e la trattengono entro uno schema grafico imposto dalla “maniera greca” del tempo; e soprattutto è l’atmosfera ad appianarsi – con i gesti canonici della tradizione, vocabolario essenziale di un’iconicità allusiva e volutamente innaturale, che si stemperano in mutuo scambio di veri affetti. Già le pagine malvasiane ricordavano l’azione di Ludovico come “ispirata” dall’immagine sacra bolognese e una versione dello stesso tema, ritenuta all’epoca autografa, figurava in collezione Zambeccari. Possediamo poi almeno un’attestazione certa di trascrizione pittorica dell’icona di San Luca a opera del suo entourage nel primissimo esordio del XVII secolo: del 1604 è infatti la citazione di una replica della Madonna, dove è riferita al Galanino sicché taluno ha pensato che sia questa l’immagine acquisita da Vandi. Peraltro, da una lettera di Ludovico del 5 settembre 1600, sappiamo di una copia che doveva essere realizzata da Francesco Brizio per un “Dottor Persio”, cioè quell’Ascanio Persi che l’anno seguente licenzierà una raccolta di componimenti sulla venerata immagine. È comunque indubbio che questa copia si colloca bene nella storia cittadina tra gli ultimissimi anni del XVI secolo e i primissimi del XVII, ciò che non contrasta, e anzi concorda con la temperatura formale del nostro dipinto in rapporto allo sviluppo di Ludovico in questo tratto di tempo.

Ludovico Carracci? (Bologna, 1555 - ivi, 1619), Madonna di San Luca, 1590/1610 circa, tela, cm 48,5 x 31,5. Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 318.

Fabrizio Lollini

Dalla scheda in Pinacoteca Nazionale di Bologna. Catalogo Generale. 2. Da Raffaello ai Carracci, Venezia, 2004. Pubblicato in Luce sulle tenebre - Tesori preziosi e nascosti dalla Certosa di Bologna, Bologna, 29 maggio - 11 luglio 2010. © Pinacoteca Nazionale di Bologna.