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L’omicidio di Raffaele Mazzoli

7 ottobre 1828

Schede

A metà ‘800, con il “motu proprio”, Leone XII ribadisce il potere della chiesa anche nell’amministrazione della giustizia. A Bologna, se da un lato i provvedimenti di Leone XII non generano alcun cambiamento nell’amministrazione della necropoli cittadina, dall’altro riemergono in relazione a fatti avvenuti all’interno della Certosa, come l’omicidio di Raffaele Mazzoli. Nel 1826 il Mazzoli era stato nominato custode-dimostratore del cimitero comunale in seguito alla vincita del primo concorso pubblico indetto per la carica appena istituita. Al suo arrivo in Certosa, tra i diversi lavori in corso, vi era anche l’ultimazione della Sala del Pantheon affidata al capomastro Carlo Perucchi e ai suoi figli Paolo e Innocenzo. Ultimata la copertura, i Perucchi vennero però esclusi da qualunque altro lavoro da eseguirsi nel cimitero poiché il tetto della sala, destinata ad onorare gli uomini illustri della città, sembra fosse stato mal costruito. Innocenzo e Paolo incominciarono a nutrire verso il custode-dimostratore una terribile vendetta, che compirono il giorno 7 ottobre 1828, alle ore undici e mezzo.

Il delitto avvenne all’interno del “magazzeno dei ferramenti” e vi assistette il carrettiere Bonora, la cui versione dei fatti fu confermata da altri testimoni subito accorsi alle urla. Ad uccidere il custode-dimostratore furono i fratelli Perucchi che, come conferma l’autopsia, colpirono più volte il Mazzoli con uno “squadro” e un “manarino”. Dopo aver inferto diversi colpi rivelatosi mortali, i fratelli abbandonarono la Certosa e si diedero alla fuga con la complicità del padre. L’omicidio avviene all’interno del cimitero comunale, e quindi, secondo le norme stabilite dal governo pontificio, in luogo immune. Per questo motivo fu il cappellano della chiesa di San Girolamo a fare immediata denuncia alla Curia e a occuparsi per primo dell’osservazione e della descrizione del cadavere e della scena del delitto.

Perché il procedimento potesse aver inizio era dunque necessaria una sorta di “sospensione” dell’immunità attraverso un atto formale delle autorità governative dello Stato Pontificio. Ottenuto questo e svolte tutte le indagini necessarie, il 10 novembre 1828 viene emesso un ordine di arresto per i fratelli Perucchi, i quali però si trovano già all’estero. Le ricerche degli accusati continuarono per molti anni anche oltre i confini dello stato. Nel corso degli anni, il tribunale riceverà diverse testimonianze secondo le quali i fratelli, insieme o singolarmente erano stati visti in Francia, a Lugano, a Torino, a Livorno. Paolo e Innocenzo non verranno mai arrestati e il caso verrà definitivamente archiviato nel 1863, dopo ben 35 anni.

Loredana Lo Fiego

Bibliografia: Gian Marco Vidor, Biografia di un cimitero italiano, La certosa di Bologna, Bologna, il Mulino, 2012