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La figlia di Jefte

1857 ca.

Schede

Luigi Busi (1838 - 1884), La figlia di Jefte, 1857 ca. Ubicazione: sconosciuta. Presentata alla mostra della Protettrice delle Belle Arti del 1857 quando Luigi Busi aveva solo vent’anni Seide, figlia di Jefte, fu acquistata e poi sorteggiata tra i soci e assegnata al dott. Fabio De Maria, padre di Mario De Maria. Il soggetto è tratto dal libro dei Giudici (11, 29-40): Jefte, giudice di Israele, fa voto al Signore di sacrificargli in olocausto la prima persona che gli verrà incontro da casa sua se gli sarà concessa la vittoria contro gli Ammoniti; vittorioso, sulla via del ritorno, è la sua unica figlia, ancora fanciulla, a rendergli omaggio per prima. Jefte disperato si straccia le vesti e le concede quattro mesi con le sue compagne sui monti per piangere la sua sorte, prima di essere sacrificata. Questo è il momento della vicenda che il pittore decide di rappresentare. Bellentani, che pure non si trattenne dall’ammirarla trovò che “le inferiori membra non rispondino [sic] alle superiori!”, ma soprattutto, sempre molto conservatore, anche in questo caso rimproverò a Busi di allontanarsi troppo dalla tradizione: “Più di una volta consigliammo al Busi un freno all’ardor giovanile, accioché in breve potessimo averlo grande artista; ed ora che ci viene detto lui andare a Roma, non ne abbiamo più dubbio, là essendovi capolavori da trattenere ogni arrischiato ardimento, e così toccherà egli la gloriosa meta di un sentiero, che gli fu sparso di rose”. A Roma per il pensionato Angiolini Busi sceglierà altre vie che lo porteranno poi a realizzare il Tasso a Sant’Onofrio.

Intanto, a Bologna, La figlia di Jefte ispira dei versi (Bellentani 1857) e in generale riscuote consensi, come d’altronde appena tre anni prima il dipinto di identico soggetto di Giulio Cesare Ferrari (vedi biografia dell’artista) – ricordato da Severino Bonora (1801 - 1866) in una missiva diretta ad Adeodato Malatesta (1806 - 1891) - e di cui Busi avrà certamente tenuto conto. Seida inoltre è anche modellata sull’esempio di Malinconia (1841, Milano, Pinacoteca di Brera), e di La meditazione (1851, Verona, Galleria d’Arte Moderna) di Hayez (1791 - 1882), sia nell’atteggiamento scomposto, nei capelli sciolti, che in generale nell’atteggiamento di silenziosa disperazione. Alcuni però la ritengono meno convincente che affascinante: “Indarno io cerco nella leggiadra donna, dal pittore ritratta, la timida verginella destinata dal voto paterno al sacrifizio”, osserva Giuseppe Giacomo Roncagli (Di una pittura e di una scultura offerte alla nostra Società Protettrice di Belle Arti da Luigi Busi e da Federico Monti, già alunni del Collegio Venturoli, in Bellentani 1857, p. 44). Certamente ai modelli già citati, dei quali terrà conto lo stesso Giulio Cesare Ferrari con la sua Esmeralda, si aggiungeva quel filone di eroine bibliche del pittore veneziano quali: Tamar di Giuda (1847, Varese, Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea), e soprattutto la Ruth (1853 ca., Bologna, Collezioni Comunali d’arte, vd. Milano 2015-2016, n. 91, p. 284), nella collezione bolognese di Bonora, insieme all’Agar nel deserto di Malatesta (1847-1850 ca., Modena e Reggio Emilia 1998, n. 173, p. 166 e Guadagnini 1861), di cui certamente Busi doveva essere a conoscenza.

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia e fonti: ASFCVBo, Campione degli Alunni nel Collegio Venturoli, 1826-1856, n. 18; ASFCVBo, Cartone 71, Premio Angiolini; Bellentani 1857, pp. 18, 39, 41-45; Bellentani 1860; Masini 1867a, p. 17; Gatti 1896, p. 22; Bologna 1983b, p. 61; Chillè 2015, pp. 87-88; Bologna 2018, p. 13.