Costa Paolo

Costa Paolo

13 Giugno 1771 - 20 Dicembre 1836

Note sintetiche

Scheda

Paolo Costa (Ravenna, 13 giugno 1771 - Bologna, 20 dicembre 1836), viene ricordato dall'amico e confidente Ranalli come un notevole poeta e filosofo, i cui insegnamenti hanno arricchito lo spirito di molti giovani, Anche dopo la morte, infatti, i giovani hanno continuato a beneficiare dei suoi insegnamenti tramite il libro Della elocuzione, i quattro sermoni Dell'arte poetica e il trattato Del modo di comporre le idee e di contrassegnarle con vocaboli precisi. La sua opera fu preziosa perché diede inizio agli esercizi di retorica e soprattutto perché poteva essere consultata dagli stessi insegnati di retorica: anzi Ranalli afferma che poteva anche essere consultata maggiormente la sua opera di retorica, per evitare tanta barbarie nella scrittura, affinché gli italiani imparassero che se si desidera che il proprio pensiero “fruttifichi” esso deve uscire dall'animo e non necessariamente con belle maniere e adeguate parole. In definitiva con la sua opera gli italiani avrebbero imparato a disporre le idee con chiarezza ed eleganza. Le grandi qualità di Paolo Costa si notano, afferma sempre Ranalli, sia nella poesia che nella prosa, dove si registra un livello di qualità che è molto raro da raggiungere e solo pochi nella storia della letteratura hanno avuto questo prestigio. Poco prima di morire scrisse i suoi precetti e le varie norme sulla poesia (Dell'arte poetica), in gran parte derivate dalla sapienza degli antichi, ma con la volontà che esse depurassero il gusto romantico dei moderni. Più volte si mostrò dolente davanti agli amici per il timore di non vedere pubblicata la sua ultima opera. Riuscì tuttavia largamente a soddisfare questo sue desiderio e ricevette anche molte lodi per il suo lavoro. Anche in quanto filosofo seppe distinguersi, lottando contro i moderni per sanare e raddrizzare le loro opinioni, affinché i vecchi errori della scuola platonica non risorgessero a dominare gli intellettuali. Ranalli ci confessa che Paolo Costa gli apriva spesso i suoi pensieri tramite corrispondenza, in particolare quelli rivolti alle nuove dottrine filosofiche provenienti dalla Scozia, che si diffusero assai rapidamente in Francia. Il suo intento era quello di spegnere “l'impura” dottrina dei francesi V. Cousin, Th. Jouffroy (Spiritualismo e Sensismo) rivendicando il pensiero di Locke e Condillac. Questo lo portò a comporre un'opera in cui delinea i principi morali e le fondamenta della buona filosofia.

Da una lettera a Ranalli, di Costa (da “Lettere inedite di Paolo Costa” datata Bologna 11 aprile 1835”) riportiamo il suo disaccordo con i pensatori contemporanei: “I filosofanti moderni della Francia hanno soggiogato le menti della gioventù, e sarà difficilissimo che tornino in libertà. Il foglio della Ricreazione glie ne avrà già dato segno; ma se le fossero noti i discorsi, che si fanno per le botteghe de' librai e per le case de' semidotti, maraviglierebbe. Omero e Virgilio balbettarono. Aristotele, Bacone, Locke, Condillac e simili altri, sono nomi magnificati dal l'ignoranza dei padri nostri. Così la discorrono questi novelli dottori nutriti nella sapienza delle gazzette. Ella non ricorda che io sono vecchio e che ne' combattimenti bisogna vigore di gioventù: sorga ella in mia vece, che ne ha tutta la potenza”. Questa sua volontà di controbattere i deliri del secolo lo portò anche ad essere considerato nemico del sapere dei moderni e perciò dell'Italia. In verità nessuno si preoccupava dell'Italia come faceva lui, che desiderava il ripristino del prestigio che gli antichi le avevano dato. La sua lotta contro la scuola oltremontana fu molto insistente, come scrive Ranalli nel suo “Elogio a Paolo Costa”: “Finchè mi basteranno le forze ( diceva a me non è lunghissimo tempo) non mi stancherò di scrivere a pro della filosofia sperimentale: ed era degno del Costa impedire che i ludibrii dell'antico idealismo risorto nella Scozia, accolto e fomentato nella Francia, non si rinnovassero nella patria di Galileo.”

Sempre dall'Elogio di Ranalli si evince l'animo buono e gentile di Costa, anche se non gli veniva riconosciuto da tutti proprio per il suo temperamento molto deciso e intransigente. Più di tutti odiava coloro che erano cresciuto nell'ozio e nell'ignoranza, ma apprezzava i giovani predisposti all'apprendimento e curiosi. Fu sempre molto più dedito agli studi e al confronto con gli studiosi che ai piaceri della vita, amava fermarsi a parlare con loro di filosofia e letteratura. A questo proposito non va dimenticata la sua attività d'insegnamento: a Ravenna, nel corso dell'occupazione napoleonica, Costa si era dedicato alla politica, ma all'arrivo degli austriaci nel 1799 era stato costretto a prendere asilo a Bologna. Qui, sotto i francesi, nel 1809 fu professore di Lettere al Liceo, scuola che però, la Restaurazione più tardi abolì. Iniziò quindi ad insegnare privatamente fino al 1831, anno in cui gli venne data la cattedra di “Scienza Ideologica” all'Università di Bologna. Quando fallì la rivoluzione, venne licenziato dai suoi incarichi e fu obbligato all'esilio a Corfù fino al '32 perché sospettato di essere affiliato alla Carboneria. Gli fu concesso di tornare a Bologna, ma con l'obbligo di risiedere in campagna, nella sua villa “Il Cipresso” dove continuò l'insegnamento, sua grande vocazione fino al 1836 anno della sua morte. La linea educativa adottata da Costa presentava delle linee specifiche: le materie erano eterogenee e si adattavano alle attitudini dello studente, allo studio della lingua e delle materie umanistiche egli aggiungeva le scienze naturali: la matematica, la finisca, la trigonometria e anche l'astronomia. Trattava anche di chiaroveggenza e magnetismo, argomenti molto in voga nell'Ottocento. I sistemi filosofici divulgati da Costa erano simili a quelli degli enciclopedisti francesi, dei sensisti e degli empiristi, secondo i quali la conoscenza avveniva attraverso l'esperienza diretta e l'apprendimento si realizzava con la sperimentazione oggettiva sul campo, anche attraverso l'uso della tecnica. Probabilmente fu proprio questo aspetto che condusse Mattei a compiere gli studi elettromeopatici. (tratto dall'articolo del Numero 88 della rivista “Nuétel” di Alex Vannini). Costa perse la vita poiché soffriva del “male della pietra” ovvero un calcolo che lo obbligò a sottoporsi a diversi interventi chirurgici, durante questo periodo fu molto aiutato dal suo alunno e poi amico Cesare Mattei, che lo sostenne come un figlio fa con il padre. Dalle “lettere al Conte Cesare Mattei” di Costa lettera XXXII p.106: La vostra lettera mi ha fatto piangere di consolazione. Pochi padri troveranno ne loro figliuoli quell'amore che voi dimostrate a me. Siano pur benedette le umane lettere, che mi hanno dato in voi un amico sì tenero, anzi un figluolo sì caro. Benedirei quasi il mio male, che vi ha dato occasione di aprirmi il cuore e di darmi conforto e consolazione.

Alla morte di Costa, fu lo stesso Mattei a fare da esecutore testamentario, il quale volle costruire con Marco Minghetti un monumento sepolcrale in ricordo del poeta (riuscendo a raccogliere ben oltre 6000 lire). L'opera venne innalzata nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna per mano di Cincinnato Baruzzi. Essa vede il busto di Costa al centro, sopra una colonna, al lato ci sono due figure femminili in bassorilievo che personificano la Poesia e la Filosofia. A sinistra una ragazza che canta versi con in mano una lira, a destra, una donna che contempla la statua di una Psiche, l'anima umana. Entrambe appaiono tristi per la perdita dell'uomo che le aveva rese tanto desiderabili. Ci piace a questo proposito riportare anche un affettuoso ed elegante Sonetto dell'illustre Monsig. Muzzarelli alla memoria dell'amico:

SONETTO
Era il Settembre, e a un Renio Colle in cima
Io ti vidi condur beati i giorni,
Allegrando col suon della tua rima
Gli amici, all'ospitale ombra degli orni.
Di nuovo lascerò questa ch'è prima
Città del mondo ed avverrà che torni
Dove sorge l' ingegno e si sublima
Fra i dotti fasti di gran nome adorni:
Ma indarno chiamerò l'amico e il vate
Lunghesso il margo del ruscel d'argento
Che noi vide congiunti in altra etate:
E sol fra il giusto universal lamento
Poche risponderan alme bennate
Vano è sperar, l'amico il vate è spento!

E' sepolto nel monumento commissionato da Marco Minghetti allo scultore Cincinnato Baruzzi, collocato nella Certosa di Bologna, Chiostro V o maggiore, portico sud-ovest.

Zilo Brati

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Documenti
Opera del prof. Paolo Costa (L')
Tipo: PDF Dimensione: 1.69 Mb

L'opera del prof. Paolo Costa, intitolata del modo di comporre le idee, discorso di Marco Minghetti; Pisa, Tipografia Nistri, 1837. Museo Risorgimento Bologna

Uomini Illustri | Pantheon di Bologna
Tipo: PDF Dimensione: 234.51 Kb

Uomini Illustri - Elenco delle collocazioni dei busti nella Sala del Pantheon, nel Cimitero Comunale della Certosa. 1819 | 1889

Certosa di Bologna (La)
Tipo: PDF Dimensione: 160.28 Kb

Angelo Raule, La Certosa di Bologna - Guida; Nanni, Bologna, 1961, INDICE DEI NOMI.