Chiostro romanico

Chiostro romanico

1892

Scheda

Mario Dagnini (Bologna, 1867 - Bologna, 1925) Chiostro Romanico, 1892. Ubicazione: sconosciuta. Sulla foto è stampato il motto con cui il lavoro fu presentato al concorso Curlandese di Prospettiva del 1892: “Sapere aude[re]”. Il soggetto, scelto dalla Commissione nel febbraio del 1892 richiedeva ai partecipanti la realizzazione di un “Chiostro di stile Romanico disegno all’acquerello colorato” che, sia di formato verticale o orizzontale, doveva avere una superificie di almeno 0,50 m2. La commissione comprendeva tutta l’Accademia con Enrico Panzacchi (1840 - 1904) come presidente e Tito Azzolini come segretario; tra i membri – chiamati ad esprimersi anche sull’Architettura - gli ingegneri Francesco Gualandi (1821 - 1902) e Antonio Zannoni (1833 - 1910), gli scultori Tullo Golfarelli (1852 - 1928), Enrico Barberi (1850 - 1941) e Salvino Salvini (1824 - 1899), e i pittori Silvio Gordini - maestro del Dagnini - Raffaele Faccioli, Giulio Cesare Ferrari, Anacleto Guadagnini, Gaetano Malagodi e Giacomo Lolli. Oltre a Dagnini concorse per il premio anche Ernesto Graziani - fatto rivelato dal ricorso presentato da quest’ultimo contro la decisione della commissione giudicatrice – e che partecipò nascosto dal motto “solitudo beatitudo”.

La commissione fu effettivamente concorde nel ritenere per molti aspetti gli acquerelli entrambi meritevoli ed entrambi mancanti proprio nella resa prospettica. Se il maggior difetto che si vide nel lavoro di Graziani fu una commistione stilistica non del tutto riuscita, piacque l’effetto scenografico e pittorico suggestivo e personale del lavoro di Dagnini. Se il lavoro di Graziani parve essere ispirato agli esempi del chiostro di San Zeno in Verona e di quello dell’abbazia di Chiaravalle della Colomba, quello di Dagnini è chiaramente ispirato al chiostro del monastero bolognese di Santo Stefano nelle mezze colonne tozze, nella bassa volta a capriate e nell’organizzazione del piano superiore. Il complesso stefaniano d’altronde aleggia anche nel lavoro di Luigi Cavalieri Pace, che dell’opera di Dagnini tiene certo conto. D’altronde in questi anni Santo Stefano era oggetto di numerosi lavori di restituzione e di vero e proprio rifacimento, e mi riferisco in particolare alle ristrutturazioni dell’ingegner Raffaele Faccioli (1836 - 1914) negli anni Ottanta del XIX secolo. Quanto al chiostro, nel 1892 erano ancora visibili le tamponature eliminate solamente con i restauri del 1915. Ormai di primo Novecento il Chiostro romanico di Aosta di Giovanni Masotti (1873 - 1915), donato dalla famiglia ai Musei Comunali di Bologna (MAMbo, Archivio fotografico, scheda 5173) riecheggia quello di Santo Stefano e in modo più severo, più cupo, questo molto decorato di Dagnini. Quanto a Dagnini tornerà al romanico nel 1918, disegnando un reliquiario in tale stile per presentare a Roma i resti del Santo Petronio, reliquario che attualmente li conserva (Un’opera artistica, in “Emporium”, 286, XLVIII, 1918, p. 217).

Isabella Stancari

Testo tratto da: Isabella Stancari, 'Il Primo album fotografico Belluzzi e i pittori bolognesi della Seconda metà del secolo XIX', Bollettino del Museo civico del Risorgimento, Bologna, anno LXIII - LXVI, 2018 – 2020, Bologna, 2022. Bibliografia: ASCBo, Segreteria generale, Carteggio amministrativo, 1892, Tit. XIV Istruzione, Rubrica 5° Arti Belle; ASCBo, Segreteria generale, Carteggio amministrativo, 1893, Tit. XIV Istruzione, Rubrica 5° Arti Belle; Bologna 1981, p. 389; Bologna 2001c, p. 69; Accademia di Belle Arti di Bologna 2012, p. 194.

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