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Cesare Bianchetti

30 Marzo 1775 - 23 Febbraio 1849

Scheda

Cesare Bianchetti (1775 - 1849), figlio del conte Pietro e della marchesa Aurelia Monti Bendini, studia nel collegio di s. Saverio, e nel 1797 fa parte della compagnia degli ussari inviati a Milano. Pur volendo proseguire nella carriera militare, se ne distoglie a causa della vittoria austro-russa. Napoleone lo nomina barone del Regno, ciambellano e cavaliere della Corona di Ferro. Appartenente alla massoneria, sodale di Pellegrino Rossi e Gioacchino Murat, partecipa alla vita di corte napoleonica a Milano e Parigi: si erca a Roma in occasione del battesimo del figlio di Napoleone. Podestà di Bologna dal 1811 al 1814, dopo la Restaurazione è tra le persone della corrente liberale moderata. Nel 1831 entra a fare parte del Governo provvisorio, nominato ministro degli Affari esteri con direzione della polizia. Al termine della rivoluzione è costretto all'esilio: Lucca, Avignone, Parigi, Ginevra, poi di nuovo a Lucca dal 1832 al 1847. Il rientro a Bologna dovuto all'amnistia di Pio IX è salutato calorosamente dai cittadini. L'anno successivo, pur anziano, viene chiamato in causa immediatamente prima e dopo la rivolta dell'8 agosto per gestire l'amministrazione del governo bolognese, arrivando a proporsi ostaggio agli austriaci pur di evitare un conflitto. Muore il 23 febbraio 1849. E' sepolto nel Monumento Monti Bendini collocato nel portico nord-ovest del Chiostro Maggiore della Certosa di Bologna.

E' amico di molti intellettuali ed artisti, tra cui Ugo Foscolo, Giuseppe Bossi ed Antonio Canova. Nel 1813 su invito di Bianchetti, Foscolo tiene una conferenza di musica nella sala dell'Accademia Filarmonica, lodando l'istituzione. Nei Principi di critica poetica, ha illustrato una sua concezione dell'armonia: esiste nel mondo una universale secreta armonia, che l'uomo anela di ritrovare come necessaria a ristorare le fatiche e i dolori della sua esistenza. Iscritto alla Società del Casino, dal 1823 al 1831 Bianchetti è presidente dell'Accademia di Belle Arti. Antonio Basoli nel 1826 pubblica la sua Collezione di scene teatrali in 100 tavole, dedicata al conte Bianchetti e corredata da un indice degli spettacoli per le quali sono state eseguite. In una lettera al pittore Felice Giani, Cesare Bianchetti così scrive: "Poggio, 18 settembre 1811. Amico carissimo, Io avrei sempre quelle macchiette, che mi avete promesso di far voi a due paesi di Burcher dipinti a tempra sulla tela. Non potreste venire a farli ora che siamo in campagna? Per vostra regola io vi resto sino ai due di ottobre, vale dire sino a martedì a otto. Io vi manderei a prendere e vi ricondurrei poi io stesso il martedì sera. Se voleste venire prima, scrivetelo. In somma, non mi dite di no in un modo o nell'altro. Addio, tutto vostro Bianchetti. Rispondete subito. (in 'Felice Giani. Un maestro nella civiltà figurativa faentina', Faenza, 1979). Nella Cronistoria dell'indipendenza italiana di Cesare Cantù (1875), ne viene data una nota poco positiva: uomo in tutti i sensi nullissimo, era ministro degli affari esteri, dove non seppe fare cosa alcuna.

Roberto Martorelli