Salta al contenuto principale Skip to footer content

Cincinnato Baruzzi

16 Marzo 1796 - 28 Gennaio 1878

Scheda

Dopo aver frequentato la scuola di scultura di Giacomo De Maria all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel 1816 vinse il pensionato di Roma, dove si recò per perfezionarsi e dove venne accolto nello studio del Canova, di cui divenne il collaboratore prediletto, tanto che alla morte del maestro ricevette l’incarico di dirigerne lo studio, e nello stesso periodo portò a termine varie opere lasciate incompiute dal Canova stesso - come la statua di Pio VI per S. Pietro, o la Dirce per Giorgio IV d’Inghilterra -, e tradusse in marmo la Pietà che Canova aveva destinato al suo Tempio di Possagno: il grandioso gruppo si trova ora nella chiesa sel Santissimo Salvatore di Terracina. Baruzzi continuò a lavorare incessantemente acquistando rinomanza, nonostante fosse stato coinvolto nelle invidie e polemiche che nacquero attorno all’eredità dello studio. Nel 1832 rientrò a Bologna a seguito della sua nomina a professore di scultura all’Accademia, incarico che mantenne fino al 1860. Baruzzi eseguì principalmente raffinate opere di carattere mitologico e religioso, acquistate da collezionisti e regnanti di tutta Europa, ma fu anche un valente ritrattista e dette ottimi risultati soprattutto nei monumenti funerari, che ha eretto numerosi nel Cimitero Monumentale di Ravenna, nel Cimitero della Certosa di Bologna ed in quello di Ferrara.

Tra le opere che gli furono commissionate dall'estero ricordiamo due stele per la famiglia Pac nella chiesa di Raczki in Polonia; la Venere dormiente e la Psiche seduta ora nel Castello di Peterhof in Russia, Venere e Amore per la Collezione Devonshire di Chatsworth in Inghilterra. Della Timpanista, esposta nel 1851 a Londra nel Crystal Palace, gli furono richieste diverse repliche. Lo scultore imolese è l'unico chiamato a lavorare il marmo a Bologna su scala colossale nella prima metà dell'Ottocento. Nel 1854 completa in S. Petronio il monumento funebre dedicato a Felice Baciocchi e alla moglie Elisa Bonaparte. Elisa, sorella di Napoleone, è dal 1809 al 1814 granduchessa di Toscana e regge il governo insieme al marito fino a che, dopo i noti rivolgimenti del 1814-15, si rifugia a Trieste, dove muore. Il marito scelse come dimora definitiva la loro residenza bolognese e portò con sè la salma della moglie. Il sepolcro è realizzato in una prima versione da Lorenzo Bartolini, ma che viene rifiutata, tanto che di suo nella cappella si ammirano solo due bei fanciulli che sorreggono lo stemma di famiglia. Il gruppo principale, dopo vari passaggi, finisce in Certosa sul sepolcro Angelelli. Baruzzi viene chiamato a sostituire il più anziano scultore toscano e raffigura l'unione eterna tra i due coniugi, suggellata da un genio funebre in volo, opera strettamente classica, del tutto consona al nostro scultore e al rango dei defunti. Il percorso di vita di Baruzzi non è sempre tra i più facili, e una delle delusioni più cocenti è l'abbandono della colossale composizione che doveva raffigurare Il Trionfo di Maria. L’opera richiesta a Torino da Carlo Alberto non viene mai completata a causa delle vicissitudini storiche, che impediscono di investire su questo grande marmo la cifra di 100.000 lire.

Dal 1833 si fece costruire a Bologna una villa, oggi detta la “Baruzziana”, dove raccolse quadri e sculture. Ormai dimenticato dalla cultura ufficiale, muore nella sua villa nel 1878; quest’ultima passò in proprietà al Comune di Bologna e parte del suo ricco patrimonio artistico andò purtroppo disperso. Alla sua morte lo scultore volle che venisse creato un premio artistico a suo nome nell'Accademia di Belle Arti di Bologna: per decenni diventa un concorso ambito dai più importanti artisti emergenti italiani, con giurie composte dalle più significative figure culturali del paese. Espressamente dedicato ai giovani artisti italiani d’età inferiore ai trent’anni, che avessero studiato in un’Accademia o presso un artista di chiara fama, e fossero in una provata condizione di disagio economico che impedisse l’esecuzione di opere importanti, il “Premio Baruzzi” era libero da ogni imposizione riguardo al soggetto da trattare. Entro il termine di due anni dalla proclamazione dell’esito del concorso, i vincitori dovevano consegnare il proprio lavoro compiuto che, di proprietà del Municipio, entrava nelle Collezioni Comunali. Il “Premio” di scultura, a cadenza sostanzialmente triennale (si alternava a quello dedicato alla musica ed alla pittura), avrà diciassette edizioni in circa mezzo secolo.

Il testo originario di Valentina Andreucci del 2008 è stato aggiornato sulla base del volume Cincinnato Baruzzi (1796-1878) di Antonella Mampieri, BUP, Bologna, 2014.