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Achille Ardigò

1 marzo 1921 - 10 Settembre 2008

Scheda

Achille Ardigò, da Mario - ferroviere - e Adelaide Bertazzoni; nato l'1 marzo 1921 a San Daniele del Friuli (UD). residente con la famiglia a Bologna, negli anni '30 prese parte all'attività dell'Azione cattolica bolognese e dal 1938 specialmente alla vita della FUCI.
 Negli anni '40, durante la guerra, frequentò l'università di Bologna, laureandosi nella facoltà di lettere e filosofia. Negli ambienti cattolici di quegli anni - e non solo in quelli - venne considerato per la sua vasta e profonda preparazione culturale, che mise, senza risparmio, a disposizione con conferenze e incontri, incentrati sui problemi sociali e politici confrontati con i principi della filosofia perenne. 

Nel movimento cattolico giovanile tenne quindi - come ricordano molti giovani di quegli anni - un ruolo di primo piano nel sollecitare alla riflessione e all'aggiornamento culturale e nel proporre - o riproporre - la necessità di un'azione cattolica fondata su prospettive storiche concrete e su orizzonti pili ampi di quelli che sembravano propri della tradizione cattolica bolognese. Fu, inoltre, collaboratore delle riviste «Architrave» e «Setaccio». Quando gli avvenimenti e le circostanze richiesero anche ai cattolici di passare «dalla reazione morale, dall'azione assistenziale alle vittime della repressione nazifascista e dall'azione militare o paramilitare, "alla motivazione e all'azione politica" nella clandestinità», operò perché questa esigenza fosse riconosciuta e assumesse connotati organizzativi consistenti, diffusi e programmaticamente fondati, anche tramite i necessari collegamenti tra città e campagna e sul piano nazionale. Punto di riferimento costante del gruppo ristretto di giovani cattolici del quale fece parte, furono l'ex-deputato del PPI Fulvio Milani, e il dirigente dell'Azione cattolica Angelo Salizzoni. Quello di rendere possibile una presenza politica dei cattolici che, in qualche modo, indirizzasse, come tale, tutto il movimento cattolico e influenzasse il mondo cattolico bolognese, non fu un impegno facile. Concorsero ad ostacolare questo processo, oltre che le condizioni drammatiche entro le quali si doveva operare, la natura diversa e separata, spesso chiusa - e i sospetti reciproci conseguenti - delle esperienze organizzative dei cattolici, cui deve aggiungersi la difficoltà di avere informazioni esterne e di istituire opportuni scambi con altri analoghi gruppi in Emilia-Romagna e altrove. Inoltre, non va sottovalutato - tra le remore di questo processo - lo scarto generazionale, anche in termini psicologici, che non permise di comprendere - come del resto non fu compreso dal mondo cattolico negli anni '20 - e di recepire nei suoi aspetti positivi «l'improvviso - per i giovani - insorgere delle vecchie bandiere e polemiche ideologiche, dopo il 25 luglio, quali espresse nella stampa liberale e poi in fogli clandestini socialisti».

All'interno di questo complesso contesto, costretto dall'isolamento all'autonomia delle scelte e delle posizioni, il gruppo di giovani, provenienti prevalentemente dalla GIAC e dalla FUCI, del quale Ardigò costituiva il centro d'iniziativa e di sintesi, insieme con Angelo Salizzoni, promosse la formazione della DC, tramite una fitta rete di incontri interpersonali e privati e di convegni, che coinvolsero, tra la fine del 1943 e i primi mesi del 1944, gran parte delle strutture e delle sedi dell'Azione cattolica bolognese. «Decisivo ai fini della direzione politica dei vari gruppi e in primis delle persone che divennero poi dirigenti ed elementi attivi della DC clandestina, fu un insieme di conversazioni del tutto private e già specificamente politiche tenutesi verso la fine del 1943 in casa del rag. Alfonso Melloni». Le riunioni furono dedicate allo studio dei documenti e delle pubblicazioni clandestine del partito dei comunisti cristiani, fatte avere ad Angelo Salizzoni dal bolognese Paolo Moruzzi , dirigente a Roma di quel movimento. Rispetto a quei documenti e alla richiesta di aderire al partito, «il gruppo fu di contrario avviso e la scelta di un partito nuovo che continuasse la migliore tradizione "popolare" fu sostanzialmente allora compiuta». Nel corso dei primi mesi del 1944, la necessità di accentuare il carattere clandestino del gruppo, portò alla distinzione dei compiti. Ardigò prese parte all'attività formativa e culturale, incentrata nella chiesa di San Giovanni in Monte - ove fu ospite per molte notti al fine di evitare l'arresto - e assistita da mons. Emilio Faggioli, non disinteressandosi, tuttavia, dell'attività organizzativa, soprattutto in provincia. Dai «problemi politici concreti» trasse origine il contrasto tra i «quadri giovani» e il gruppo degli ex-popolari di metà giugno 1944. «I giovani chiedevano di autonomizzarsi come gruppo d'iniziativa politica [...]. Dopo discussioni anche sulla denominazione, prevalse l'opinione di Angelo Salizzoni e venne formalmente costituito il "movimento giovanile del partito della Democrazia Cristiana"; vennero distribuiti gli incarichi di lavoro. Noi giovani - afferma Ardigò nella sua testimonianza - avevamo di continuo la sensazione che il gruppo degli ex-popolari (avv. Strazziari , avv. Ottani , avv. Deserti , alcuni ex sindacalisti "bianchi") cominciasse a riunirsi con F. Milani e A. Salizzoni e maturassero programmi un po' sopra le nostre teste. Per quanto nel menzionato incontro di fondazione del movimento DC prevaleva la tendenza a voler costituire la Democrazia Cristiana e non il suo movimento giovanile. Angelo Salizzoni dovette impiegare tutto l'ascendente su di noi, per convincerci alla sua tesi. Egli era il leader dei giovani e il 'nostro' rappresentante del CLN».

In questa nuova collocazione, certamente subordinata, Ardigò diede vita, tuttavia, a «La Punta», organo della Gioventù democratica cristiana, edizione dell'Italia occupata, che fu l'unico foglio periodico della Resistenza cattolica bolognese. Del periodico, diffuso anche a Ferrara e in Romagna, ne uscirono quattro numeri dal dicembre 1944 al marzo 1945. Riprendendo, nell'articolo «Nuova Democrazia», l'allocuzione natalizia del 1944 di Pio XII, Ardigò poneva in prospettiva le linee che avrebbero dovuto seguire i cattolici alla conclusione del conflitto, mentre e ad un tempo marcava la distanza culturale e politica della nuova generazione democratico cristiana dalla generazione dei popolari. Affermava: «per incapacità costruttiva non deve infrangersi, ancora una volta invano, l'edificio della pace tanto faticosamente costruito su questa seconda guerra mondiale, combattuta, a distanza di neppure trent'anni, contro la stessa rabbia imperialistica della violenza, contro lo spirito teutonico dell'aggressione, contro il parassitismo belluino delle forze dittatoriali e militaristiche». Per questo «una gigantesca opera» attendeva i giovani cristiani. «E l'avvento del "Regnum Dei" che - sottolineava - s'attua anche attraverso le vie inevitabilmente difficili ma proficue della politica, del partito, della vita nazionale, dove il pianto che si alza dalle macerie e dai lutti di quest'infelicissima Italia ha da esser consolato nel fattivo amore filiale che ci avvinca a questa terra, tradizione di spiritualità cristiana, la quale ci ha donato, come in un istinto, il senso della libertà e dell'amore. Per un vero cristiano oggi non è più lecito credere alle possibilità della rinuncia alla vita sociale. La tranquillità e l'ordine saranno il frutto solo della nostra forte azione politica, severa verso gli opportunismi e la disonestà d'ogni condizione e gravezza. Ai giovani la Democrazia Cristiana, che vuole essere la nuova democrazia additata dal Pastore dei popoli, apre le sue compagini già provate dalla lotta contro l'oppressore ed accese dai valori perenni della libertà e della giustizia sociale, per gettare le basi della nuova Italia che sarà come noi vogliamo, secondo una sola ambizione: quella che, dal tormento di tutta questa giovinezza agitata dal vento gagliardo della battaglia, scaturisca lo spirito chiarificatore della pace». Riconosciuto partigiano nella 6a brg Giacomo dall'1 settembre 1944 alla Liberazione. Testimonianza in RB1. Ha pubblicato: (a cura di), Società civile e insorgenza partigiana, Bologna, 1979. [A] Muore a Bologna il 10 settembre 2008, è sepolto nel Cimitero della Certosa, Campo Nuovo, parete sud.