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Francesco Albergati Capacelli

19 Aprile 1728 - 16 Marzo 1804

Scheda

Francesco Albergati Capacelli, nato nel 1728 dal senatore marchese Luigi e da Eleonora Bentivoglio d’Aragona, senatore dal 1751, nello stesso anno era stato sciolto dal matrimonio che aveva contratto appena sedicenne nel 1744 con Teresa del senatore Guid’Ascanio Orsi. Lei si era poi fatta suora (avverando, nota Guidicini, l’anagramma del suo nome: sarete sora); lui si era dato agli studi letterari e alla passione teatrale, aveva avuto amori burrascosi (con Orinzia Cospi, moglie del conte Ercole Orsi e poi amante del palermitano cardinal legato Antonio Branciforti) e letterari (con l’intellettuale Caterina Caminer), ed aveva sposato, vent’anni più tardi, l’attrice veneziana Caterina Boccabadati. Caterina (che gli diede due figli: un maschio, Luigi, e una femmina, Maria Eleonora, morta bambina) fu trovata uccisa il 18 agosto 1786, nel palazzo di Zola, da due stilettate al petto. Francesco fu arrestato, ma il processo, che ebbe risonanza nazionale e in cui fu difeso dagli avvocati Luigi Nicoli e Ignazio Magnani, si concluse con un verdetto di suicidio. Tre anni dopo, sessantenne, sposò la ballerina venticinquenne Teresa Checchi detta Zampieri: era, come scrisse lo stesso Albergati in una lettera riportata da Ernesto Masi (La vita i tempi, p. 427), «la più bella giovane che sia in Bologna», che morì, dice Guidicini (Diario, IV, p. 34), «di lunga e penosissima malattia» nel 1816. Francesco Albergati morì a 76 anni il 16 marzo 1804 (ms. B 682/2, tav. 1; Guidicini, I Riformatori, I, pp. 129-130; Giacomelli, Famiglie, pp. 70-73; A. Asor-Rosa in DBI). Dandone notizia, De’ Buoi (Diario, p. 175) si permette un lapidario sottotitolo: « Cessò di vivere in età di oltre 76 Anni il già Senatore marchese Francesco Albergati Capacelli eccellente per le domestiche e teatrali Commedie».

Silvia Benati

Così viene descritta la sua vita nella pubblicazione 'Serie di vite e ritratti de' famosi personaggi degli ultimi tempi', Milano, Batelli e Fanfani, 1818: "La Biografa ha i suoi capricci, le sue stranezze, come ogni altro ramo della letteratura. Si danno le buone e le cattive venture in biografia, come per ogni dove. Un oscuro letteratuzzo vien convertito in chiarissimo dopo la sua morte da qualche amica penna che ne stende una buona notizia necrologica. Questa viene inserita in un Dizionario d’uomini illustri, e tutti gli altri Dizionari siffatti la ripetono. Così dicasi per converso d’uomini insigni che giacciono dimenticati in que’ Dizionari, per mancanza di un’amica mano che da principio abbia raccolto le notizie della sua vita, ed espostele con qualche garbo. Ciò avvenne in parte del marchese Albergati, autor comico di molto valore, il cui nome non trovasi nelle più recenti Biografie di Parigi e di Londra, benché ridondino di nomi italiani più oscuri. ln Italia ne abbiamo un elogio scritto dal suo amico Zacchiroli e una notizia del Bramieri inserita nel NuovoGiornale Pisano. Da questi due Scritti e dalle sue opere son tratti i cenni che seguono. Splendore di nome gentilizio, celebrità di patria, ampiezza di fortuna domestica, eccellenza d’ingegno, vivacità d’immaginazione, eleganza di forme, venustà di figura; tutto questo concorso di avventurose combinazioni prometteva ad Albergati una felice esistenza. Nulla fu trascurato per la morale e letteraria sua educazione. Compiuti gli studi elementari, ebbe a maestri nella facoltà legale il conte prevosto Vernizzi professore a que’ tempi di alto grido in Bologna; nella filosolia e nelle matematiche Francesco Zanotti, al cui nome non fa d’uopo aggiugnere elogio. Poiché terminaron eglino di essere i suoi precettori, continuaron sempre ad esserne gli amici. Solo di sua prosapia Albergati in età assai verde menò per moglie una donzella sua pari, e sua concittadina. Ma l’unione non fu felice. Qualunque si fosse il motivo, i due giovani sposi non si convenivano. Agitossi la causa per lo scioglimento. l giudici dichiararon nullo il matrimonio, restando ambe le parti in libertà di passare ad altri voti. Fu in quel torno che Albergati cominciò a sviluppare quell’inclinazione pel socco, alla quale noi andiamo obbligati delle sue belle commedie, ed egli della sua celebrità. Istituito nella magnifica sua villa di Zola un domestico teatro, capace di trecento spettatori agiatamente assisi, apri colà per molt’anni ne’ bei mesi di maggio e di giugno una splendida e grandiosa villeggiatura. Zola a quella stagione diveniva un soggiorno di fate, un albergo di piaceri. Il signor del luogo era l’anima della letizia universale. In tal foggia visse egli giocondamente sino alla metà dell’anno I766, quando alcuni disgusti sofferti in patria, lo determinarono ad allontanarsi da Bologna. Si portò allora ad abitare in Verona ove per non breve tempo formò le delizie di quella colta ed illustre città. Passato quindi a Venezia, ne alternò di poi lungamente il soggiorno colla sua Zola, divenuta allora men clamorosa, ma forse più felice, perché più modesta. In Zola ebbe luogo un tragico avvenimento (la morte violenta di sua moglie, la marchesa Albergati, ch’egli avea tratto dalle scene, ed amava con geloso trasporto), di cui molto parlossi in Italia, e che recentemente ancora porse al conte Giraud l’argomento di una scenica composizione. Alcune lievissime congetture, dice lo Zacchiroli, alle quali l'altrui malignità cercò di dar corpo, assoggettarono in quell’occasione l’Albergati ad un processo criminale. Ignazio Magnani, il padre dell’eloquenza nel foro bolognese, compose a giustificazione di lui un’arringa che il difensore di Sesto Roscio Amerino non avrebbe ricusato di riconoscer per sua. L’innocenza del cliente di Magnani venne legalmente proclamata. Non perciò, dice il Bramieri, lo splendor di sua fama poté racquistare nell’opinion degli uomini tutta la prima sua nitidezza. Sono queste le più importanti epoche della vita civile del marchese Albergati. Calmata alquanto l’effervescenza della età giovanile, egli occupossi interamente nel corso degli ultimi suoi quarant’anni a leggere, a tradurre, a scrivere commedie e a recitarle. La collezione di tutte le Opere di lui ascende a dodici volumi in 8.° stampati dal Palese in Venezia. Ei rispettò sempre, come ne’ suoi discorsi, cosi pure ne’ suoi scritti, la religione e il pubblico costume.

Conoscitor filosofo della bella nostra lingua, scrisse in essa con purità e con eleganza. Ciò però che acquistogli un nome in Italia e oltremonte, furon le sue commedie originali. Non tutte al certo sono di egual merito, tutte però, qual più qual meno, commendabili per lampi di comico genio. Sembra che il costante ed uniforme voto del Pubblico abbia assegnato ad Albergati immediatamente il primo seggio dopo il Goldoni, di cui fu rival felice, come entusiasta ammiratore ed amico. Se nella commedie dell’Albergati, i più difficili desiderano maggior robustezza ne’ caratteri, maggior rapidità nel dialogo, e quella forza comica che sì frequentemente s’incontra in quasi tutte le opere del primo riformatore del nostro teatro, vi trovan però in cambio più scrupolosa esattezza di disegno, più squisita eleganza di lingua, e più di ogni altra cosa i modi di una sceltissima educazione. Per altro la prima parte del Saggio Amico e il Ciarlator maldicente non temono il confronto di qualunque più bella commedia. Non mai la natura fu rappresentata con maggior verità. Resteranno esse al teatro, finché al teatro resterà il gusto della vera commedia. Oltre alle sue composizioni e traduzioni drammatiche, son da citarsi di lui l’elogio di Haller, l’Orazione in lode delle belle arti, le Novelle morali, le Lettere Capricciose e la traduzione di due Opere di pregio, l’una sull’educazione morale, l’altra sul governo de’ costumi. Ammirator sincero di tutti i veri letterati suoi contemporanei, ne fu in correspettività sinceramente ammirato. Contò fra’ suoi amici i più dotti non sol d’ltalia, ma di una gran parte di Europa eziandio. Voltaire fra gli altri con cui fu in lunga e costante corrispondenza epistolare, Voltaire grande estimatore del proprio merito , e facile sprezzator dell’ altrui, dedicogli con bella lusinghevol lettera una delle sue migliori tragedie. Gli stessi sovrani ebbero in pregio Albergati. Debbe esistere fra le sue carte un’interessante raccolta di lettere amichevoli, scrittagli da Lambertini, pontefice letterato, e da Stanislao Augusto, re filosofo. Albergati è stato forse il solo che abbia raccolto i pochi fiori che nascono nella carriera letteraria, senza esserne trafitto dalle spine. Oh le punture di queste spine sogliono pur riuscir dolorose al piccolo amor proprio degli scrittori! L’Albergati delincò, nel 1783, il suo proprio ritratto con le seguenti parole: Uomo di LIV anni. Fin da giovane né bello, né brutto. Di umor allegrissimo. Di cuor dolce, ma troppo. Studioso anche nell'età verde, ma da varj eventi distratto. Infelice, quando assoggettossi a’ pregiudizi. Felicissimo poi, quando seppe superarli. Di XXXIV anni più dedito agli studj. Di XL invogliossi di essere autore, e fu fortunato. Amante del piacere, non mai del Iibertinaggio. Sempre costante nelle massime di religione cristiana cattolica. Sempre sprezzatore dei sedicenti spiriti forti. Non trovò amicizia in coloro che gliela dovevano. Trovolla egregia in altri senza meritarla. Capace di debolezza; giammai nol fu d’azione inonesta. Marito e padre senza occasione di rimorsi. Rispetta il Pubblico, ma non lo teme. Egli ora vive; non può prometter di vivere quando i riguardanti mireranno questo Ritratto.

Bibliografia: ms. B 682/2, tav. 1; Giuseppe Guidicini, Diario dall’anno 1796 al 1818, Bologna 1886-1887, IV, p. 34; Ernesto Masi, La vita i tempi gli amici di Francesco Albergati commediografo del secolo XVIII, Bologna 1888, p. 427; Giuseppe Guidicini, I Riformatori dello Stato di Libertà della città di Bologna dal 1394 al 1797, Bologna 1877, I, pp. 129-130; Alfeo Giacomelli, Famiglie nobiliari e potere nella Bologna settecentesca, in I «Giacobini» nelle Legazioni. Gli anni napoleonici a Bologna e Ravenna, a cura di Angelo Varni, Atti dei convegni di studi svoltisi a Bologna il 13-14-15 novembre 1996, a Ravenna il 21-22 novembre 1996, pp. 70-73; Tommaso de’ Buoi, Diario delle cose principali accadute nella Città di Bologna dall’Anno 1796 fino all’Anno 1821, a cura di S. Benati, M. Gavelli, F. Tarozzi, Bologna 2005, p. 175; Alberto Asor-Rosa, voce Albergati Capacelli Francesco in Dizionario Biografico degli Italiani, 1960-