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Guglielmo Cenni

26 Febbraio 1817 - 8 Febbraio 1885

Scheda

Nato a Comacchio da famiglia imolese dimorante a Bologna, fu ardente patriota fin dall'età giovanile: a soli quattordici anni, durante i moti del 1831, si unì ai volontari guidati da Alessandro Guidotti. Laureatosi in legge, nella primavera del 1848 partecipò alla prima Guerra di Indipendenza nel Battaglione Basso Reno, e successivamente fu sottotenente dei Civici mobilizzati dell'Alta Romagna e dell'Umbria. Nel novembre dello stesso anno - in un clima di grandissima incertezza politica - il Ministro delle Armi del governo pontificio Carlo Zucchi volle impedire a Giuseppe Garibaldi l'ingresso nello Stato pontificio. Ma il Cenni, che era tornato a Bologna, secondo quanto riportato in un rapporto della polizia, "diedesi a tutt'uomo a contrariare questo provvido disegno, e tanto fece e tanto s'adoperò che, mossa la ciurmaglia a smodate dimostrazioni sulla piazza, in ciò cooperato dal notissimo padre Gavazzi, poté ottenere che, a scanso di maggiori inconvenienti ed anche di spargimento di sangue, il ministro acconsentisse al transito per questa città del Garibaldi, il quale fu ricevuto al confine dal Cenni stesso, e da lui accompagnto in trionfo".

Di questo episodio resta traccia in una lapide, collocata a Porta Santo Stefano, che rievoca il momento in cui Garibaldi, lasciando la città il 12 novembre 1848 diretto a Roma – dove di lì a pochi giorni una rivoluzione avrebbe rovesciato il governo pontificio - ringrazia i Bolognesi che si erano dati da fare perché potesse entrare in città: Cenni era per l'appunto uno degli "uomini forti" elogiati dall'Eroe dei due Mondi. Da quell'incontro nacque in Cenni una devozione incondizionata verso Garibaldi: lo seguì a Roma e prese parte alla difesa della Città eterna in qualità di capitano (poi di maggiore) di stato maggiore del Generale, e per il suo valore meritò una medaglia d'oro. Dopo la caduta della città seguì Garibaldi nella sua ritirata fino a San Marino, dove si fermò per qualche tempo, in attesa che le acque si calmassero.

Tornato a Bologna, fu oggetto di sorveglianza continua e persecuzioni: nel febbraio 1850 fu arrestato e imprigionato nella rocca di Imola, a San Leo e a Perugia, infine fu messo agli arresti domiciliari. Nel 1852 riuscì a fuggire a Genova, e così poté scampare alla condanna a 20 anni inflittagli in contumacia l'anno successivo, in seguito ai processi per i moti del 1853. Fu ancora a fianco di Garibaldi durante la seconda Guerra di Indipendenza, come capitano di stato maggiore dei Cacciatori delle Alpi, e nei combattimenti di San Fermo e Tre Ponti si guadagnò due medaglie d'argento al valore (primavera 1859). Dimessosi dopo la pace di Villafranca, fu ancora capitano nell'esercito della Lega dell'Italia Centrale, di cui Garibaldi era vice-comandante. Nel novembre 1859, quando Garibaldi venne di fatto esautorato e abbandonò le Romagne, Cenni non solo si dimise dall'esercito, ma "tentò con altri del partito più acceso di ammutinare il popolo, onde fu allontanato da Bologna ed espulso dall'Italia centrale". A quel punto "ch'egli seguisse Garibaldi in Sicilia era naturale". Nella Spedizione dei Mille egli fu addetto al quartiere generale; fu poi nominato comandante della piazza di Palermo e giudice del Consiglio di Guerra col grado prima di maggiore, e in seguito di colonnello; per il valore dimostrato nelle battaglie di Calatafimi, Palermo e Milazzo fu decorato della croce di cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia.

Passato all'esercito regolare, nel 1862 fu collocato in aspettativa "per riduzione di corpo", come accadde a molti garibaldini che avevano tentato di proseguire la carriera militare nell'esercito regio. Tornato alla vita civile, dimorò a Torino dove aprì uno studio legale, e dopo il 1876 si trasferì a Roma, dove ebbe un modesto impiego nell'Archivio di Stato.

Otello Sangiorgi