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Gaetano Burcher

1781 - 1828

Scheda

Gaetano Burcher nasce nel 1781 a Bologna, dove si era trasferita la famiglia proveniente da Altdorf, in Svizzera. Pittore di paesaggio, molto apprezzato al suo tempo, si dedica alla pittura da cavalletto, alla scenografia e alla decorazione di stanze-paese. Lavora in un primo tempo a Bologna come «riquadratore» di camere sotto la guida di Antonio Basoli. Quest’ultimo infatti lo ricorda nel 1798 come «subalterno e scolaro» nella decorazione di una camera in «stile bizzarro e vago con con vedute di paese», eseguita per l’architetto Giovanni Bassani, e una "camera egizia", ancora "con Burcher subalterno", per il signor Onofrio Muratori (Vita artistica, 2006, c. 13). Passa poi nella bottega di Vincenzo Martinelli, preferendo dedicarsi al paesaggio (Vita artistica, 12v). In seguito si specializza nella decorazione delle stanze-paese.  Opera a Villa Abbadia a Castel de’ Britti  nel 1812 o poco prima, insieme a Basoli e Fantuzzi, e nella Villa Conti a Montechiaro, nei pressi di Casalecchio di Reno. Quest’ultima impresa, realizzata nel corso del terzo decennio, lo vide impegnato per quattro anni, nello sforzo di fare coincidere l’orizzonte reale visibile all’esterno con quello illusorio dipinto sui muri (Matteucci, 2002, p. 440). 

Significativa è la sua attività di scenografo per il Teatro Comunale di Bologna, iniziata nel 1809, immediatamente interrotta, poi ripresa il 1820 e proseguita fino all’anno della morte. In questi anni è attestata una sua collaborazione con il bolognese Giacomo Savini, nella realizzazione di una scena per Il ballo delle Vestali (Poppi, 2005, n. 15). Durante il periodo di assenza dalle scene bolognesi, opere di Burcher appaiono in diverse edizioni delle mostre di Brera (1812, 1813, 1818). Una lettera autografa, datata settembre 1811 (BCABo, Collezione autografi, CV 23.858), lascia intendere che l’artista si fosse trasferito a Milano già a partire da quella data. L’ingresso nell’ambiente milanese viene probabilmente favorito da Carlo Filippo Aldrovandi, influente presidente dell’Accademia bolognese, che considerava Burcher come suo «scolaro», alla stregua di Pelagio Palagi e Carlotta Gargalli (Poppi, 2005, n. 15). E’ verosimile ricondurre a questi anni milanesi il suo impiego come come istruttore della principessa Amalia di Baviera, Vice-Regina d’Italia (Bergomi, 2003, p. 464).

L’attività artistica di Burcher a Milano si orienta verso le opere da cavalletto, delle quali si conservano due tele presso l’Accademia di Brera, una Cascata, improntata al «pittoresco romantico» e un Paesaggio, esempio di «pieno idillio classicista» (Roberta Lazzaro, in Pinacoteca di Brera 1993, pp. 146-148, n. 148-149). Nel capoluogo lombardo Burcher fece scuola, tanto che alle esposizioni di Brera, compaiono copie dei suoi paesaggi classici “alla romana” fino al 1844 (Roberta Lazzaro, in Pinacoteca di Brera 1993, p. 149). Un altro Paesaggio ideale, in collezione privata, si caratterizza per la «ricerca della massima fedeltà al dato di natura, sia nell’ordinato degradare dei piani che negli effetti luministici ed atmosferici». Il dipinto fornisce una «personale declinazione del vedutismo ideale bolognese dei primi decenni del XIX secolo, caratterizzata da una particolare maniera di intendere gli effetti di una morbida e avvolgente luce aurorale sulle cose» con intonazione da «idillio naturalistico» (Poppi,  2005, n. 15). Fra i suoi committenti si segnala anche Cesare Bianchetti, presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 1823 al 1831, per il quale realizzò, prima del 1811, «due paesi dipinti a tempra sulla tela» (Acquaviva, Vitali, 1979).  

Interessante è la produzione grafica dell’artista, riconducibile al filone delle vedute ideali. Si segnalano un Paesaggio con figure e ponte ad arcate presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi (Chia, 2020) e due autografi, Paesaggio lacustre con figure e Paesaggio con figure presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe dell’Accademia di Belle Arti di Bologna (Farneti 2008, p. 154). Quest’ultimo, come riferisce l’iscrizione sul recto in basso a destra, rappresenta una bozza del “gran disegno fatto nel 1809 dal pittore Gaetano Burcher per S. A. il Principe Eugenio Vice Re d’Italia”.  Inoltre nella collezione Certani della Fondazione Cini di Venezia si conserva Rustici, raffigurante un casolare, eseguito a matita e rifinito ad acquerello «con colori caldi dagli accenti cromatici di rara eleganza». Per «l’atmosfera rarefatta e il senso di smarrita malinconia» si può accostare a un altro foglio Bosco con cascinale e contadini, riconducibile anch’esso alla mano del Burcher (Bergomi, 2003, p. 463).  

Ilaria Chia

Bibliografia: Da Antonio Basoli a Luigi Busi: Bologna, Ottocento…senza Macchia!, catalogo della mosta (Bologna, Galleria de’ Fusari, 15 ottobre 2005 - 13 novembre 2005) a cura di Claudio Poppi Bologna, 2005; Fabia Farneti, Vincenza Riccardi Scassellati Sforzolini (a cura di), La vita artistica di Antonio Basoli, Bologna 2006;  Ombretta Bergomi, Spigolature nei disegni della collezione Certani, in «Saggi e Memorie di Storia dell’Arte», XXVII, 2003; Pinacoteca di Brera. Dipinti dell’Ottocento e del Novecento. Collezioni dell’Accademia e della Pinacoteca, vol. I, Milano 1993; Ilaria Chia, Paesaggio e scenografia (1807-1850). Opere di artisti bolognesi nelle Collezioni del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, Tesi di specializzazione, Università di Bologna (2018-2019), relatore prof. Marzia Faietti, correlatore dott.ssa Roberta Aliventi; Fabia Farneti, Maestri compagni, allievi: Antonio Basoli e gli artisti dell’Accademia, in Antonio Basoli 2008, in Antonio Basoli 1774-1848. Ornatista scenografo, pittore di paesaggio: il viaggiatore che resta a casa, catalogo della mostra (Bologna, Accademia di Belle Arti, 2008) a cura di Fabia Farneti, Frattarolo Eleonora e Andrea Emiliani, Argelato 2008; Anna Maria Matteucci, I decoratori di formazione bolognese tra Settecento e Ottocento: da Mauro Tesi ad Antonio Basoli, Milano 2002; Stefano Acquaviva, Marcella Vitali, Felice Giani. Un maestro nella civiltà figurativa faentina, Faenza, 1979.