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Bottiglieria Cillario

Di rilevanza storica

Schede

Nel dicembre 1892 Luigi Cillario eredita le attività della sua famiglia, originaria del Piemonte, i cui componenti sono tutti esperti di vini e liquori. Uno di essi, sposato a una figlia dei Gancia, ha un deposito di Vermouth in via del Cane, un altro una rivendita di vini in via Calzolerie, Carlo Cillario commercia in vini, liquori e birra nel Mercato di Mezzo.

Nella Strenna 1882 di 'Ehi! ch'al scusa..' compare una pubblicità della bottiglieria, che ci offre un ampio catalogo dei prodotti offerti: "Sciroppi ed estratti per la fabbricazione dei liquori. Con codesti estratti ognuno può farsi da sè le più gradite bevande, dall'olandese Curacao alla famosa Benedectine, dall'Anisette de Bordeaux al tonico Vermouth, che si può bere chinato come stando ritti. In questa ricca ed elegante bottiglieria si trovano Vini nazionali ed Esteri di tutte le qualità ed a prezzi da non temere concorrenza, ma da giustificare la concorrenza degli avventori che accorrono ad acquistare i diversi vini conforme l'uso a cui debbono servire. Così il Bordeaux Lafitte vien preso dai sofferenti di stomaco, ed il Malaga vecchio da quelli che soffrono di languori; il Vino santo dalle donnine deboli, e il Siracusa da coloro che amano i vini robusti; bisogna però guardare che non sia passato per le mani dei Borgia. I buongustai in genere van variando tra il Barolo stravecchio e il Sangiovese, o fra la Marsala ed il Chianti, questo ultimo di qualità eccezionale come lo è il Pomino ed il Montepulciano. Fra i vini leggeri primeggiano la Passeretta, il Moscato spumante, il Nebbiolo ed il Grignolino, mentre il Barbera amaro soddisfa gli stomachi forti. Oltre a ciò vi è pure un completo assortimento di Liquori esteri in bottiglie originali. La Chartreuse verde, bianca e gialla ma che fa poi diventar rossi coloro che la bevono; il Bitter d'America, il Maraschino di Zara nelle sue fiasche esili impagliate come una mummia; l'Absinthe così efficace usato parcamente, tanto fatale qualora se ne abusi; Rhum Giamaica che giammai se ne assaggiò del migliore, insomma tutti i liquori più sopraffini che giungoci dall'estero o che si fabbricano fra noi, hanno il loro posto nelle eleganti scansìe di questa Ditta, che coi suoi Sciroppi per bibite, completa uno dei più ricchi assortimenti che si conoscano in Italia".

La bottiglieria viene poi così menzionata nella 'Strenna - Fin di secolo dicembre 1900': "Napoli ha degnamente chiuso il secolo con una riuscitissima 'Esposizione d'Igiene iniziata con giusti criterii, eminentemente moderni e scientifici. Fra i premiati è doveroso rammentare la Ditta Carlo Cillario che ottenne una meritata onorificenza: la medaglia d'argento pel suo 'Punch al Chinotto' come pure pel 'Cordial Chinotto' due squisite specialità apprezzatissime, di un gusto finemente aristocratico. La Ditta Carlo Cillario è ben nota pei suoi prodotti. Questa distilleria è una delle più importanti di Bologna".

Nel retrobottega della bottiglieria "scaffalature appese ai muri raccoglievano ordinate le bottiglie dei vini", uno specchio a cabaret e alcune targhe ricordavano i prodotti in vendita e ringhiere in ghisa verniciate di bianco servivano una scala a chiocciola. Quasi nascosto dagli scalini c'era il tavolino dove Carducci era solito trascorrere la sera giocando a carte e bevendo bicchieri di barolo o di chianti in compagnia di alcuni dei suoi più affezionati scolari, quali Ugo Brilli, soprannominato il Maghetto, Severino Ferrari, Tommaso Casini. Fra i convitati più assidui c'era anche Giovanni Pascoli, promotore di "banchetti" con il fratello Raffaele (Falino). L'abitudine del poeta è ricordata nella guida spirituale di Hans Barth: "E il nettare di questa bottiglieria doveva essere gran cosa se il Cantor procedeva per le felsinee strade cercando del suo Cillario". Anche G. Chiarini lo ricorda nel 1907: "Qualche sera che il professore, come lo chiamavano, era più di buon umore del solito, divertivasi a scherzare satireggiando contro i letterati più meno famosi che non gli andavano a genio, che gli avevano dato qualche fastidio e gli altri, specialmente il Brilli e il Ferrari, gli tenevano bordone". Alla buvette Cillario Carducci conobbe Angelo Sommaruga, che gli fu presentato da Luigi Lodi. Sotto il suo sguardo e con la sua approvazione, tra un bicchiere e l'altro, nacque l'idea di una nuova casa editrice sostenuta da una rivista letteraria di grande diffusione. Il 15 giugno 1881 uscì a Roma il primo numero della "Cronaca bizantina", contenente la poesia di Carducci Ragioni metriche. Dai conti rimasti risulta che oltre a vini come il Barolo, il Chianti, il Grignolino, il Professore consumava anche bottiglie di Whisky, Brandy e Rhum. Acquistava qui anche il vino da bere a casa. Negli incontri con Lidia ordinava invece solo vino francese, evitando il Chianti o il Barbera, "troppo duri".

Carducci, e soprattutto Severino Ferrari, frequentavano anche la villa dei Cillario sui colli bolognesi. Stella Cillario era l'allieva prediletta di Severino, dedicataria di molti versi d'occasione e autrice di uno studio su Ludovico Savioli, scrittore, poeta e uomo politico bolognese del XVIII secolo. Dopo la morte di Ferrari rimase vicino alla vedova e ne ereditò le carte, poi donate a Casa Carducci. Del benessere raggiunto dalla famiglia è testimone la sfarzosa cappella realizzata all'interno del Cimitero della Certosa, realizzato da tre artisti - Muggia, Golfarelli e Caasanova - chiamati anche a realizzare quella di fianco, dedicata alla famiglia Gancia, imparentata alla Cillario.

In collaborazione con Biblioteca Sala Borsa - Cronologia di Bologna.