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Antonietta Benni

14 febbraio 1899 - 28 Maggio 1974

Scheda

Antonietta Benni, da Egidio e Giulia Gamberini; nata il 14 febbraio 1899 a Bologna. Orsolina, ottenne la patente magistrale nel settembre 1929 nella scuola di metodo San Vincenzo de' Paoli in via Galliera, riconosciuta nel 1927. Succedendo all'Ardéo, dal 7marzo al 30 novembre 1930 fece la maestra d'infanzia nell'asilo di Cerpiano (Monzuno), con sede nel 'Palazzo' di proprietà di don Ludovico Serra, insieme con l'oratorio pubblico, la scuola di lavoro, il ricreatorio festivo e le opere di cooperazione parrocchiale. Questo vero e proprio centro era stato aperto nel 1927, quando l'istituto laicale delle Orsoline ne aveva assunto la gestione, dopo il rifiuto delle suore Mantellate serve di Maria di Galeazza Pepoli motivato dall'essere il «luogo troppo isolato». In effetti, anche la Benni dovette constatare l'impossibilità di raggiungere Cerpiano nella stagione invernale. Fu perciò costretta, d'accordo anche col parroco don Sebastiano Ansaloni, a trasferire l'asilo infantile a Gardelletta (Monzuno) nella 'Casaccia Vecchia' lungo il Setta.

Dal dicembre 1930 all'ottobre 1943 in quell'«umile stamberga» accolse ogni giorno i figli dei contadini, degli operai, dei braccianti. L'asilo - «un vero asilo rurale» - «angusto e povero» con «arredamento scarso» e «materiale deficiente» venne tuttavia ritenuto, dall'ispettore scolastico, «uno degli istituti più utili e più bisognosi della III Circoscrizione. La borgata è posta quasi sul greto del Setta; e i bambini, senza l'asilo, sarebbero tutto il giorno sul fiume con grave loro pericolo». A Gardelletta la Benni fu anche «scrivana, infermiera, catechista»: tenne la corrispondenza con gli emigrati e i richiamati; si prodigò nei casi difficili; visitò i malati e i carcerati; ospitò i bambini anche di notte. «Il popolo di Gardelletta [...] andava da lei, che «non disdegnava di fare la briscola e di vegliare, con la gente della borgata, nelle grandi cucine, dove d'inverno ardeva il ceppo di quercia». Quando Gardelletta divenne «pericolosa a causa dei bombardamenti», insieme con le famiglie abitanti nella borgata e con quelle delle Murazze, trasferì nuovamente l'asilo nel 'Palazzo' di Cerpiano, che fu così «casa, scuola, città di rifugio».

Segui, in quei mesi, la crescita del movimento partigiano guidato da Mario Musolesi. Molti dei giovani resistenti erano stati suoi alunni. Visse la realtà di una zona accerchiata e aggredita dalle truppe tedesche e devastata dai bombardamenti. Subì vari rastrellamenti delle brigate nere e delle SS, sino alle tragiche trentatre ore, dalla mattina del 29 al pomeriggio inoltrato del 30 settembre 1944. L'oratorio di Cerpiano divenne «un piccolo campo di sterminio»: 49 persone vennero trasferite dalla cantina all'oratorio: «venti bambini, due vecchi, ventisette donne, fra cui tre maestre». «A un primo getto di bombe, 30 vittime. Poi lo stillicidio dei dissanguati e una serie di episodi allucinanti. Amelia Tossani freddata sulla soglia della porticina delle donne è rosicchiata da maiali randagi. Il vecchio Pietro Oleandri sente una mucca muggire e non reggendo allo strazio, si affaccia al portale con il nipotino Franco di quattro anni. Sono abbattuti. Nina Frabboni Fabris si lamenta con alte grida ed è messa a tacere da un colpo di fucile. Intanto nell'aula scolastica e in tutto il 'Palazzo' le SS gozzovigliano con le uova in calce e le provviste, suonano l'armonium, buttano all'aria ogni cosa». La Benni, ferita, «aiuta gli altri, li protegge, li consola, prega. Dopo l'ultima scarica del micidiale kaput che miete altre 13 vittime, lei stende una coperta sul corpo di Fernando, 8 anni, e di Paola, 6, raccomandando loro di non fiatare». «Vengono di nuovi i carnefici - ha scritto - per togliere ai cadaveri gli anelli e gli orecchini, il danaro, le valigie [...]. A me tolsero dal braccio la borsetta; ma la mano era gelida per la ferita al gomito e per il terrore. Mi credettero morta. I bambini non li videro neppure». Rimase, dopo la tragedia, a Cerpiano fino al 16 novembre 1944, tenendo con sé i due bambini salvati.

Fu, poi, profuga a Bologna fino all'ottobre 1945. «Nel periodo della persecuzione dei fascisti repubblicani - sottolinea il memoriale di Maria Romagnoli Toffoletto - essa ha saputo rintracciare uno per uno i superstiti di quella zona nascostisi a Bologna, perché ritenuti pericolosi e sospetti o favoreggiatori dei ribelli, li ha assistiti moralmente e materialmente come ha potuto, sempre segnalandoli a chi poteva fare qualche cosa per loro». Riconosciuta patriota nella brigata Stella rossa Lupo. Ritornò alla Gardelletta. Nel 1967 prese parte al referendum per la richiesta di perdono da parte del maggiore Walter Reder, votando per iscritto: «perdono cristiano sì, grazia no». Al suo nome è stata intitolata la piazza di Gardelletta. Scrisse per il card. G.B. Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, nell'autunno 1945, un memoriale, ora utilizzato da L. Gherardi, A colloquio con Antonietta Benni educatrice orsolina, ciclostilato, Gardelletta, 28 settembre 1983. A cura del Comitato Regionale per le Onoranze ai caduti di Marzabotto è stata pubblicata la Relazione di Mary Toffoletto Romagnoli sull'eccidio di Marzabotto.Su testimonianza di Antonietta Benni Educatrice Orsolina al Cardinale di Bologna S.E. NasalliRocca, (2001), pp.24 [A]