Arte nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio di Medicina

Arte nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio di Medicina

1652 | 1796

Scheda

A fronte della definitiva scomparsa del patrimonio architettonico, scultoreo, plastico e decorativo di un edificio di riconosciuta rilevanza - appena percepibile nelle immagini fotografiche - sono ancora completamente ben conservati e fruibili, fuori ovviamente del luogo originale e non unitariamente collocati, tutti i beni artistici mobili, consistenti nell’intero apparato pittorico-iconografico e nell’insieme delle suppellettili sacre: opere di pregio e di notevole valore per la storia della religiosità, della cultura e dell’arte del nostro già ricco territorio. Prima di presentare lo schema grafico della chiesa con la distribuzione delle opere d’arte originali e l’indicazione della loro collocazione attuale è necessario presentare almeno i lavori di elevato spessore artistico commissionati dalla confraternita in diverse epoche.

L’opera di maggiore impegno che fino dall’inizio i confratelli vollero per la loro chiesa fu la grande tela per l’altare maggiore. Per questo dipinto, dalle dimensioni straordinarie per quel tempo e in questa area di provincia (m. 4 x 2,30), la confraternita si mobilita con tutte le forze, incaricando priore, assunti e gli influenti nobili bolognesi protettori della compagnia. Trattandosi del dipinto principale ed ufficiale doveva necessariamente proporre, per immagini, i contenuti della dottrina teologica relativa alla preghiera in suffragio delle anime del purgatorio. Un tema complesso espressamente indicato al pittore, il bolognese Giovanni Battista Bolognini “scolare de’ primi del Sig. Guido [Reni] ... gentile e copioso”, che lo collocherà sull’altare del Suffragio nel 1670 dopo averlo esposto a Bologna nel palazzo del conte Albergati. Perfettamente conservato si trova ora esposto nel braccio destro del transetto della chiesa del Carmine. Alla pala d’altare, espressione e manifesto religioso della compagnia, non poteva non seguire l’emblema, l’insegna mobile, la croce-gonfalone che precedeva le solenni uscite processionali dei confratelli. Ogni associazione religiosa costituita ne possedeva tre: una semplice per le manifestazioni ordinarie, una per i funerali ed una solenne. Quest’ultima - della Confraternita del Suffragio di Medicina - è ancora abbastanza ben conservata, oggetto di ammirazione nella chiesa del Crocifisso (o dell’Assunta), a sinistra dell’altare principale. A destra fa riscontro la corrispondente croce solenne dell’Arciconfraternita dell’Assunta; si distingue dalla prima, oltre che per la fattura, anche per la presenza di due bracci orizzontali e del “padiglione” soprastante, segni del grado superiore di Arciconfraternita. Come tutti i più ricchi esemplari esistenti nel bolognese, lo stendardo del Suffragio è a croce e reca scolpite le immagini distintive della confraternita attorno al Crocifisso inchiodato su una croce che però non sottolinea più il supplizio, ma il trionfo e la gloria immortale della resurrezione. Il finissimo lavoro del Suffragio in legno intagliato e dorato è ritenuto una delle più ricche opere della seconda metà del Seicento ancora conservate ed esposte.

Oggetto ancora più prestigioso per significato e per livello artistico è l’ostensorio solenne che i confratelli del Suffragio riuscirono a realizzare. Anche in questo caso alla base dell’ambizioso progetto sta la volontà di presentare ai devoti, attraverso un elevato linguaggio espressivo, il valore della preghiera di suffragio nella sua massima intensità ed efficacia, cioè l’adorazione eucaristica. Il tema dell’“orazione” è infatti ribadito dall’autore, il maggiore scultore bolognese di metà Settecento Angelo Piò, nella ricca ed elegante base figurata di cui l’autore, in precedenza, aveva realizzato un modello in terracotta. Nel “Diario” di Evangelista Gasperini alla data 8 settembre 1751, si legge: “In questa occasione li suddetti confratelli del Suffragio hanno esposto al pubblico il nobile e vago modello del nuovo ostensorio d’argento per l’esposizione del S.S. Sacramento dell’altare, fatto dal Sig. Angelo Piò, bolognese, insigne statuario; qual ostensorio si sta faciendo in Bologna dal Sig. Bonaventura Gambari rinomato argentiere...”. Anche questo ostensorio, riprodotto, studiato ed esposto in varie mostre d’arte resta come uno dei più prestigiosi elaborati del genere del Settecento bolognese, ci è giunto nella sua integrità ed è tuttora utilizzato dalla Parrocchia di Medicina (che lo acquistò nel 1853 dalla chiesa del Suffragio) nelle maggiori solennità. Sullo schema di pianta della chiesa del Suffragio, come era alla fine del sec. XVIII, seguendo la numerazione in senso antiorario, vengono indicati: titolo delle singole cappelle, opere pittoriche e scultoree presenti dall’origine e loro attuale collocazione. 

1. Vano della porta laterale su Via Fornasini: sopra l’arco nicchia con statua in stucco La Fede (abbattuta).
2. Cappella di S. Antonio di Padova: pala di S. Antonio di Padova, sec. XVII, dipinto di Ercole Gennari, ora esposto nella cappella di S. Antonio di Padova, sul lato sinistro della chiesa parrocchiale di Medicina.
3. Cappella del Sacro Cuore: non è documentabile quale dei vari dipinti di tale soggetto, esistenti presso la chiesa parrocchiale di Medicina, sia quello proveniente dalla chiesa del Suffragio. Sull’altare erano poste due statuette in legno di bosso al naturale, raffiguranti S. Rocco e S. Sebastiano; collocate sull’altare del Sacro Cuore in S. Mamante, vennero rubate circa venti anni or sono. Sopra l’arco, statua in stucco La Speranza (abbattuta).
4) Cappella maggiore: a. pala raffigurante la SS. Trinità, Madonna, santi Sebastiano e Rocco ed anime del purgatorio, dipinta da G. B. Bolognini nel 1665, restaurata nel 1970, ora esposta nella Chiesa del Carmine nel braccio destro del transetto. b. tela della Natività di Maria, sec. XVI, ora conservata nella canonica di S. Mamante di Medicina; c. paliotto in scagliola con immagine delle anime del Purgatorio, restaurato, esposto nel Museo Civico di Medicina.
5) Cappella di S. Filippo Neri: pala d’altare con S. Filippo Neri in contemplazione della Vergine, sec. XVII, ora esposta sul primo altare a sinistra nella chiesa dell’Osservanza di Medicina. La statua in stucco nella nicchia sull’arco, La Carità, è stata distrutta.
6) Cappella del Crocifisso: l’immagine del Crocifisso e il complesso reliquiario che lo attorniava sono stati trasferiti nella chiesa parrocchiale di S. Mamante. Gli elementi del reliquiario sono stati posti entro la nicchia dell’altare del Crocifisso, nel transetto a sinistra. Le statue di stucco, opera di Domenico Piò, esistenti ai lati dell’altare sono state abbattute.
7) Cappella di S. Turibio: in origine il vano era un accesso secondario sul lato ovest. Successivamente venne adibito a cappella sul cui altare venne posta la tela, proveniente da Roma, raffigurante S. Turibio di Magrovejo arcivescovo di Lima. Il dipinto seicentesco, recentemente restaurato, si trova ora esposto sull’altare della cappella invernale (ex Sagrestia) della chiesa parrocchiale di S. Mamante. Nella nicchia sopra l’arco la statua allegorica dell’Orazione, di Monsieur Fabrizio, è stata abbattuta.
8) Sagrestia: Quadro di S. Francesco d’Assisi e beato Felice da Cantalice, del sec. XVII, dipinto da Ercole Gennari; ora esposto nella cappella di S. Antonio di Padova, sul lato destro, nella chiesa parrocchiale.
9) Oratorio superiore: La pala dell’Annunciazione della prima metà del sec. XVIII, posta sull’altare, ora è collocata nella cappella delle suore di S. Anna dell’Istituto Donati Zucchi di Medicina.

Quando alla fine del Settecento viene decretata la fine della Confraternita, la chiesa del Suffragio ha raggiunto la completezza funzionale ed estetica, ad opera della compagnia in quanto tale e dei diversi fedeli offerenti. In uno schematico elenco delle opere d’arte pittoriche esistenti a Medicina, indirizzato allo studioso bolognese Marcello Oretti, don Evangelista Gasperini registra quanto di rilevante esisteva all’interno del Suffragio nella seconda metà del Settecento; da queste, purtroppo sintetiche, note si apprendono tuttavia particolari altrimenti sconosciuti, interessanti per ricostruire idealmente il contesto iconografico e artistico del complesso. Vale la pena trascrivere il testo relativo al Suffragio data la sua non eccessiva lunghezza: “SUFFRAGIO. Confraternita, questa chiesa fu edificata sulle ruine d’una antica rocca, con disegno venuto da Roma, è di molto elegante architettura. La tavola dell’altare maggiore è di Gio. Battista Bolognini seniore; la pittura a fresco del prospetto della cappella maggiore è di Giuseppe Carpi. Li due angioli di stucco che sono nell’ornamento di questa cappella sono di Angelo Piò. Li due quadri di S. Francesco d’Assisi e di S. Antonio di Padova vengono dalla scuola del Guercino. Il dipinto della cappella di S. Antonio è di Giovanni Bettini. Il quadro di S. Filippo Neri è di Domenico Giovannini parmeggiano; il dipinto di questa cappella e dell’altare di S. Francesco d’Assisi è di Gioseffo Orsoni. Il quadro di S. Turibbio arcivescovo di Lima viene da Roma. Il dipinto della cappella delle reliquie è di Carlo Giuseppe Gotti, o Giuseppe Carlo Gotti, le due statue rappresentanti S. Giovanni Battista e S. Antonio abate sono di Domenico Piò. Altre quattro statue di stucco rappresentanti la Fede, la Speranza , la Carità e l’Orazione sono di Monsieur Fabrizio. Il San Filippo Neri che vedesi nell’Oratorio di questa Confraternita è di mano di Isabella Sandri Orfei medicinese”.

C’è da rilevare che l’estensore della nota, nonostante la schematicità adottata, si mostra attento non soltanto alle “nobili pitture” - come enuncia in apertura - ma si occupa con vivo interesse anche dell’apparato di sculture: indicandone collocazione, soggetti ed autori. Conosciamo così che oltre alle seicentesche statue in stucco di Monsieur Fabrizio, nell’ancona principale gli angeli erano opera di Angelo Piò e che le due statue laterali all’altare “delle reliquie” (o del Crocifisso) erano state plasmate dal figlio Domenico, ambedue protagonisti dell’arte plastica in area bolognese, più volte attivi a Medicina. Apprendiamo inoltre che l’aula del Suffragio, già particolarmente ornata di stucchi e statue, e dotata di un buon apparato iconografico in ogni altare, era ulteriormente arricchita da affreschi decorativi nella parete di fondo, intorno all’altare maggiore, e nelle due più grandi cappelle laterali: dipinti che scenograficamente ne ampliavano gli spazi con profondità illusionistiche di architetture elaborate e traforate su cieli lontani. Le prime preziose fotografie dell’interno ci documentano l’esistenza di ben conservate decorazioni di “quadratura” nelle cappelle laterali, mentre dichiarano inequivocabilmente che in quegli anni non figuravano più quelle eseguite intorno all’ancona principale dal Carpi. Lungo tutto l’Ottocento i vari sacerdoti custodi della chiesa, con l’intervento della Parrocchia di Medicina, titolare legale della proprietà, e della Congregazione di Carità, che amministrava i beni immobili della soppressa confraternita, promossero ripetuti interventi di manutenzione e di restauro soprattutto nel coperto e nei locali del non più officiato oratorio superiore.

L’operazione più rilevante compiuta nell’Ottocento (oltre al necessario rifacimento del tetto) fu però di carattere estetico, decorativo, funzionale sicuramente - anche se non dichiarato - alla qualificazione della piazza. Si volle da parte della Congregazione di Carità, su inevitabile suggerimento del Comune, dare dignità alla facciata del Suffragio, mai ultimata. Non venne scelta la realizzazione strutturale, architettonica, ma la meno costosa in forma decorativa, pittorica; soluzione adottata in diverse epoche e in varie città con esiti anche apprezzabili. Riportiamo il brano che fornisce al riguardo il Simoni, testimone diretto dell’impresa: “Questa chiesa fino dalla sua erezione mancò dell’esterna facciata, e la vetusta muraglia, dalla finestra sopra la porta maggiore fino al tetto, era un addentellato che servì di nido ai passeri. Si fu nell’anno 1863 che il Presidente della Congregazione di Carità, con parte del fondo Zani, uno dei benefattori dell’Ospedale, rinnovò il muro della facciata dal tetto al suolo, facendolo dipingere a fresco dall’egregio pittore Giovanni Travani Veneziano, allora maestro di disegno nelle nostre scuole comunali; la pittura riescì un’opera capricciosa d’arte”. In nota lo storico medicinese, oltre ad affermare che l’intero lavoro costò “L. 993,41”, dà un giudizio piuttosto critico del risultato, soprattutto se confrontato - e qui sta l’interesse dell’annotazione - con “il disegno della facciata che la Confraternita aveva in animo di costruire”; tale progetto all’epoca era ancora noto e visibile in quanto, aggiunge il Simoni, “attualmente esposto sopra una tavoletta di legno nella Sagrestia di detta Chiesa ... E’ un pregevole disegno - conclude - che dovevasi preferire alla capricciosa pittura del Travani”. In alcune fotografie, delle più antiche, si vedono ancora non chiarissime tracce della facciata del Suffragio dipinta. In effetti da ciò che si intravede il dipinto non doveva essere un gran chè: tutta la facciata era decorata a fasce orizzontali bicolori, secondo un gusto prettamente ottocentesco. Ai lati della finestra si notano due scudi araldici “a testa di cavallo” di cui non si distingue il contenuto, mentre intorno alla porta si individua una decorazione più articolata che sull’architrave presenta l’immagine delle anime del Purgatorio, tra le fiamme, liberate da Maria: emblema dell’antica Confraternita e iconografia di immediato richiamo alla titolarità della chiesa.

Di queste ultime pitture, di cui poco o niente si legge nelle foto, si sa invece molto per via documentaria perché oggetto di viva protesta da parte dell’arciprete Mons. Camillo Monari che le giudicò “dipinte... in modo così sconcio da non potersi tollerare in qualsiasi luogo”. Pro bono pacis pare che a cura dei promotori si provvedesse ad alzare l’altezza delle fiamme per coprire gli “scandalosi” ignudi, non prima però che venisse impartita, a firma del presidente della Congregazione, al rigoroso arciprete una dotta lezione d’arte sacra con citazione di celebri esempi in cui “il nudo” era tutt’altro che celato. Il dipinto decorativo sulla facciata, di gusto neorinascimentale - non in sintonia quindi con lo stile barocco interno ed anche esterno - nell’arco di qualche anno andò sbiadendo rapidamente, come lasciano vedere le fotografie in successione dei primi anni del Novecento, tanto che in quelle più recenti non si scorge più assolutamente nulla.

Luigi Samoggia

Testo tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 1, ottobre 2003.

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Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi, Associazione Pro Loco Medicina, n. 1, ottobre 2003. © Associazione Pro Loco Medicina.

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