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Arditi

Giugno 1917

Schede

La nascita dei reparti d'assalto rappresentò per l'Esercito italiano un elemento d'assoluta novità. Prima di allora, truppe scelte erano state utilizzate per compiti di particolare difficoltà, rimanendo però sempre inserite nei loro reparti d'origine. Nel giugno del 1917, invece, con i primi reparti di Arditi, nati all'interno della 2ª armata, si diede vita ad un corpo concepito e realizzato "per cambiare l'organizzazione della battaglia offensiva" (Giorgio Rochat), in un momento ove era indispensabile mantenere serrate le fila e necessario rinvigorire il morale di un esercito tutt'altro che coeso. Le novità nell’addestramento del nuovo reparto erano decisamente avanzate per gli standard dell’esercito comune: lezioni di lotta giapponese, di scherma e di pugnale, corsi d'equitazione e di nuoto e, infine, simulazione di veri e propri assalti compiuti sotto il tiro dell'artiglieria. Il soldato, in tal modo, veniva pienamente preparato sotto l'aspetto sia morale che tecnico, tanto da farne un combattente di tipo nuovo. Il motto "vivere pericolosamente" costituiva la filosofia di questo nuovo soldato. Come è stato notato da Luigi Balsamini, l'Ardito era "il componente di una rustica corporazione di votati alla morte" e, quest'ultima, era intesa come il "limite estremo del destino". Il reclutamento degli uomini avvenne su basi miste, in maniera da compensare le spinte volontaristiche con le reali esigenze della macchina bellica. Sotto il profilo politico, invece, la maggior parte degli Arditi proveniva dalle fila dell'interventismo democratico e rivoluzionario. Il duro addestramento cui erano sottoposti era compensato da una minore disciplina e da una serie di benefici: furono esentati dai turni in trincea e dalle corvée, ricevettero un supplemento di paga e un vitto migliore, poterono godere di licenze premio e, infine, ebbero in dotazione una divisa particolare che esaltava anche a prima vista la loro diversità dal resto della truppa.

Dal 16 agosto 1917 i soldati dei reparti d'assalto indossarono per regolamento le mostrine  a due punte di colore nero, da cui derivò poi il termine "fiamme nere" con cui vennero da quel momento in poi contraddistinti gli arditi. La scelta del nero si ritiene sia un omaggio del capitano (poi tenente colonnello) Giuseppe Bassi, uno degli ideatori dell'arditismo italiano sia per quanto concerne l'addestramento che la costituzione dei reparti stessi, al suo bisnonno Fortunato Calvi, uno dei "martiri di Belfiore", che era solito indossare una cravatta nera, segno convenzionale di riconoscimento fra i carbonari veneziani. Il colore nero era anche quello che contradistingueva i gagliardetti dei reparti d'assalto. Con il nome "fiamme nere" vennero chiamati i reparti d'assalto "originari", di nascita autonoma e che annoveravano fra i propri ranghi, in particolare, volontari provenienti dalla fanteria. Il nero non fu comunque l'unico colore degli arditi. I reparti di arditi che provenivano come base di reclutamento volontario dai bersaglieri mantennero il colore cremisi per le proprie mostrine divenendo così le "fiamme cremisi", così come quelli che provenivano dalle truppe alpine assunsero il nome di "fiamme verdi", mantenendo per di più anche il cappello da alpino al contrario degli altri reparti d'assalto che avevano adottato il fez.

Dopo la creazione del primo nucleo addestrativo in seno alla 2a armata, con sede a Sdricca di Manzano, anche le altre armate del Regio Esercito si dotarono di una scuola di reparti d'assalto. La 3a armata la stabilì a Borgnano, vicino a Cormons, ove si costituirono col tempo i XVIII, XIX, XX, XXI e XXII reparti d'assalto (poi rinumerati rispettivamente XXVIII, XXIII, XI, XIII e VIII sulla base dei corpi d'armata a cui vennero assegnati). La 4a armata addestrò presso la scuola di Zortea (non lontano da Fiera di Primiero) il V, VI, VII e VIII reparto d'assalto (rinumerati poi nel maggio 1918 XXVII, IX, XXX e VI). La 1a armata, presso la scuola di Campo Jolanda in Val d'Astico, il XXIV XVI e IV (Val Posina), (poi rinumerati nel maggio 1918 X, XXV, XXVI ) e IX (Val Posina) poi confluito nel XVI. La 6a armata costituì il XXIII, poi rinumerato XXIX, con sede in Val Lagarina.


Al momento ritenuto opportuno gli Arditi erano accompagnati sulla linea del fronte e a loro era affidato il compito dell'assalto a sorpresa. Armati di pugnale, bombe a mano e moschetto 1891, le loro missioni erano sovente salutate con esplosioni di gioia barbariche. Nel corso dell'estate del 1917 l'azione più importante condotta dai reparti di Arditi fu la conquista del Monte San Gabriele, a nord est di Gorizia. La loro fama, dopo la rotta di Caporetto, acquistò nuovamente vigore con l'inizio del 1918 quando gli Arditi conquistarono il Valbella, il Col Rosso e il Col d'Echele facendo numerosi prigionieri. Nei mesi seguenti la fama degli Arditi crebbe notevolmente guadagnando un prestigio che, ad ogni modo, andava al di là del loro effettivo ruolo giocato sulle sorti della guerra.

Alla fine del conflitto i reparti d'assalto costituiti erano circa una cinquantina e inquadravano un numero di uomini oscillante fra le 30 e le 35 mila unità. Alcuni reparti, dopo l'armistizio, vennero inviati in missione in Libia ed Albania. Tra fine 1920 e inizio 1921 tutti i reparti d'assalto vennero ufficialmente disciolti causando non poche polemiche che ebbero anche strascichi politici negli anni successivi.


Di Mirtide Gavelli e Giacomo Bollini