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Schede

Il biancore dei suoi petali ne fa un simbolo di purezza e d’innocenza. Nella tradizione cristiana, a partire dalla fine del Medio Evo, è associato alla Vergine e particolarmente all’Annunciazione. E’ anche attributo di alcuni santi come Sant’Antonio da Padova. Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentesca cliccare qui

Gian Marco Vidor, 2008

"Uno dei più squisiti subietti della flora romantica, caro ai sentimentali ed ai poeti. Gli ellenici lo dissero nato dal latte di Giunone. Virgilio trae dal giglio la più soave delle sue imagini: Ac, veluti in pratis, ubi apes aestati serena / Floribus insidunt variis, et candida circum / Lilia funduntur. (En. VI – 707). E di gigli fa coronare dalle ninfe il vago Alessi (Ecl.); e ancora invoca sulla salma del giovine defunto: Tu Marcellus eris! Manibus date lilia plenis! (En. VI).

Tutte le creature più dolci di Shakespeare – Cordelia, Imogene, Giulietta, Miranda, Jessica, Ofelia – respirano l'aura sospirosa del giglio; Schelley ispira dal giglio i suoi versi più spirituali (Inno della Bellezza intellettuale). Sulle chiome e sui seni della bellezza, sulla mensa lussuosa, come sui semplici altari, nelle austere celle del chiostro, sul marmo funerario dell'avello, per il profumo soave, per la nivale bianchezza, il giglio parla un arcano linguaggio simbolico, nella leggenda e nella storia. Simbolo riguardato con amore e con venerazione, così dalle genti dell'estremo oriente, che lo posero in mano all'idoletto trifronte San Pau, come dai gentili e dalla Chiesa cattolica che significò in esso la purità della Immacolata; e ne recano il lungo stelo ondeggiante le mani alabastrine delle vergini e dei santi, dai grandi occhi limpidi e assorti, dalla fronte di esangue candore in cui palpita l'ascetico pensiero: Antonio da Padova, Luigi Gonzaga, Stanislao Kotska, Alberto di Trapani, Casimiro di Polonia, Gaetano da Thiene, Francesco Saverio, santa Chiara (com'è dipinta ad Assisi da Simeone Martini)...E' tutta una fiorita di canti e di leggende attorno al giglio. La fantasia del medio evo gli attribuì il mistico dono di svelare l'avvenire. Nel monastero di Corves (Weser) tre giorni prima della morte di uno dei fratelli, un giglio si staccava da una ghirlanda sospesa nel coro per posarsi sullo stello di colui che era designato alla prossima ora fatale e che poteva così – per grazia divina – purificare in tempo l'anima sua. "I gigli sono l'antico geroglifico della bellezza, come racconta Pierio Valeriano, forse perché il giglio tra gli altri fiori ha quelle tre nobili qualità che riconobbe una gentildonna fiorentina nella statua fatta da scultore poco pratico; perché essendo ella dimandata quel che giudicasse di tal statua, ella con grandissima accortezza disse, scoprendo le bellezze di una donna compita, e la goffezza tacitamente di quell'opera, che era bianca, morbida e soda, per esser queste qualità del marmo stesso necessarissime in una donna bella, come racconta Giorgio Vasari, e queste tre qualità ha particolarmente tra gli altri fiori il giglio" (Ripa). In altri paesi il Ripa stesso – d'accordo con altri trattatisti – indica il giglio quale simbolo della fede e della speranza.

Le lis, plus noble et plus brillant encore, / Lève sans crainte un front majestueux; / Paisible roi de l'empire de Flore, / D'un autre empire il est emblème heureux. (Parny) Il giglio è il più nobile dei fiori blasonati. L'origine dell'emblema nello scudo del reame di Francia risale alla vittoria di Tolbiacum (Zuelpich) dove i franchi di Clodoveo sconfissero gli alemanni e si cinsero il capo di gigli (496). Questi adornarono i vessilli di Francia nella crociata di Luigi il Giovine (1147); ma la triplice riproduzione del "fleur de lis" dei "gigli gialli" (Par. VI – 100), fu ordinata da Carlo il Saggio (1376), come emblema officiale della dinastia e del reame, per onorare la Trinità Santissima. Quando, alla vigilia della formidabile tempesta che doveva spazzare la monarchia secolare si formarono le società secrete, i loro capi riassunsero in tre lettere misteriose – L. P. D.: lilia pedibus destrue! - il loro proposito, e cominciarono ad ordinare di distruggere il giglio e di calpestarlo perché non potesse gittar nuove radici. Lo stemma gigliato sopravvive soltanto in quello del maggior ramo dei Borboni. Alcuni sostengono però che i fiori d'oro – composti araldicamente con la foglia intermedia al di sopra e appuntata nella parte inferiore e con le punte inferiori curvate e allacciate da un nastro – fossero in origine figure di rospi, indicanti le regioni paludose d'onde i primi franchi erano giunti; e per dileggio i fiamminghi chiamavano "crapauds franchos" i sudditi dei re francesi. Altri credono che dette figure non fossero né di vegetali né di animali, sì bene ferri di lancie o capocchie d'armi usate nelle crociate. Discussa è pure l'origine del giglio di Firenze, – d'argento e bottonato – che in un primo tempo fu bianco in campo rosso. Se ne invertirono i colori quando il popolo fiorentino – tornando vittorioso dalla battaglia di Monte Robolini contro i pistoiesi – cacciò i nobili ghibellini dalla città (1251), e Dante ricorda il fatto per bocca di Cacciaguida: Con queste genti vid'io glorioso, / E giusto il popol suo tanto, che 'l giglio / Non era ad asta mai posto a ritroso, / Nè per division fatto vermiglio. (Par. XVI – 151).

Il Crollalanza ed il Borghini credono che il giglio di Firenze sia il fiore del giaggiolo (ireos florentina), coltivato con amore sulle rive dell'Arno, e che forse diede pure il nome alla gentile città delle arti: Alfine gli abitanti per memoria, / Poiché era posta in un campo di fiori, / Le denno il nome bello onde s'ingloria. (Fazio degli Uberti – Dittamondo) Il giglio fu sempre contrassegno dei guelfi. Un ordine cavalleresco militare di Nostra Signora del Giglio fu istituito dal re di Navarra Garzia IV, in memoria di aver ritrovato in un giglio l'imagine della Vergine, che gli fece ricuperare miracolosamente la salute (1048)."

Testo tratto da: Giovanni Cairo, "Dizionario ragionato dei simboli", Ulrico Hoepli, Milano, 1922 (febbraio 2022). Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentesca cliccare qui.