Schede
Nella cultura classica è legato agli dei degli inferi ed è ugualmente consacrato al dio Mitra che sarebbe nato proprio in quest’albero. Ovidio nelle Metamorfosi racconta la storia di Cyparissus: inconsolabile per aver accidentalmente ucciso un cervo a cui era legato da profonda amicizia, chiede agli dei che il suo lutto sia eterno, e viene così trasformato in un albero longevo che Apollo consacra ad essere il simbolo del dolore generato dalla morte: il cipresso. Questo suo legame con il mondo dei morti è legato a molti fattori. E’ simbolo d’immortalità in quanto è un albero sempreverde, resinoso ed estremamente longevo, il cui legno è considerato incorruttibile. Inoltre potrebbe essere associato alla morte anche perché il suo tronco una volta tagliato non possiede la capacità di gettare polloni dalla sua radice. Già in epoca greco-romana era presente nelle necropoli e sulle tombe, tradizione che si è mantenuta nel mondo cristiano. Compare spesso nelle rappresentazioni dei martiri e il Ripa lo lega alla rappresentazione della Disperazione. Rami, corone o semplici bacche di cipresso sono riscontrabili anche nell’arte funeraria ottocentesca, in cui più raramente è rappresentato l’albero intero.
Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentesca cliccare qui.
Gian Marco Vidor, 2008
"Conifera augusta, di cui fu scritto essere opera di poesia e di arte rintracciare la voce nella natura, resistentissima all'offesa del tempo, Nec saecula centies peracta / Nel longa cariem timet senectae; / (Marziale); / e quindi usata a far case, templi, sarcofagi illustri non plebeios luctus testata, cipressus (Lucano). Parecchie leggende iraniche ed elleniche danno natura antropogenica al cipresso. Un giovane pastore di Ceo nelle Cicladi uccideva inavvertitamente un suo cervo diletto, e disperato volle darsi morte. Apollo, a cui era caro, convertì le sue membra in una verde vetta di rami e fronde, e fu il cipresso (Metam. X). || Nato dalla rapsodia del lutto e della tristezza, fu sempre tenuto per albero atro e ferale (Virgilio), inviso (Orazio), perché dedicato a Plutone, i cui sacerdoti se ne inghirlandavano il capo. I tirreni avvolgevano il cadavere con le foglie di cipresso, e con un ramo alla porta ne annunciavano la presenza. I ricchi pagani correggevano l'aria dei roghi che abbrustolivano le salme ardendo loro intorno rami di cipresso (Varrone, Lucano). Anche Melpomene ne era coronata e il cipresso fu simbolo della tragedia. Espressione dell'anelito imperituro verso l'imperituro ideale, lo dice la filosofia cristiana, e tombe e chiostri e vie di pietosi peregrinaggi chiesero alla decorativa sua eleganza sussidio di austera e mesta tranquillità. Io son l'arbore antica / sacra al pallido Lete, / dell'eterna quiete / e del silenzio amica. / La negra arbore io sono / cui non isfronda il verno, / l'arbore del perdono e del riposo eterno. / (Graf – Medusa). Tagliato, il cipresso più non germoglia; indi il suo significato simbolico della disperazione. Questo bell'albero però, che orna così leggiadramente il paesaggio italiano, commisto al palmite ricco, / sul fianco dei colli silenti, / su le correnti dell'acque, / incontro al zaffiro sublime / dei monti / (D'Annunzio – Laudi), non ebbe sempre espressioni funebri o funeste, sì bene anche di speranza e di resurrezione. In alcuni riti di nascite e di fidanzamenti in Roma antica, come in Candia moderna, si celebra l'atto rituale di piantare il cipresso; a Salaparuta, nel dì dei Morti, i fanciulli portano lietamente nelle case cumuli di pigne di cipressi (Pitrè); la "Giovane Italia" adottò come emblema un cipresso con il motto "Ora e sempre" e lo chiamò "albero della vita". Cantava il Poliziano tra le carezze della sua bella villa fiesolana: Hic vaga coniferis insibilat aura cupressis. Rusticus, 11. E il Carducci, davanti a san Guido: Bei cipressetti, cipressetti miei, / fedeli amici di un tempo migliore...
Scrive Renato Paoli: "Il Ruskin – bontà sua! – ci dà il cipresso per albero nazionale". E con quella sua ossessionante fissazione, che l'Italia non sia "che un vasto sepolcro e tutta la sua vita presente un vestigio ed una memoria>> scorge, nella sua tetra fantasia, i cipressi elevare tra noi il loro corteo maestoso di tenebra ondeggiante presso la colonna caduta, o in mezzo al silenzio del tempio ombreggiato e dell'altare senza culto, e uniformarsi "alla tristezza della dolce spiaggia del cimitero d'Italia". Ma un altro scrittore invece, che non soffre di fissazioni, lo Schneider, pone in guardia gli stranieri, i quali non si possono immaginare, sotto il loro cielo velato, l'effetto decorativo dei cipressi in Italia. "Da noi – scrive – destano impressioni funebri; in Italia sono il prodotto spontaneo della terra, gli amici della casa, che colla loro rigidezza riparano dalla tramontana e che ombreggiano colle loro fronde nere. Ora, fissi nell'aere immobile, proiettano il loro fuso nel turchino cielo; ora, quando spira il vento, dondolano le loro cime con una calma grave. Se si vuol sapere, del resto, qual bellezza comunichino alla terra e da lei ricevano, si contemplino i quadri e i freschi dell'Angelico, del Gozzoli, del Pinturicchio". (Testo tratto da: Giovanni Cairo, "Dizionario ragionato dei simboli", Ulrico Hoepli, Milano, 1922, aggiornamento febbraio 2022).
Texto en español. En la cultura clásica está vinculado a los dioses del infierno y está igualmente consagrado al dios Mitra que nacería precisamente en este árbol. Ovidio en las Metamorfosis cuenta la historia de Cyparissus: inconsolable por haber matado accidentalmente un ciervo al que estaba ligado por una profunda amistad, pide a los dioses que su luto sea eterno, y se transforma así en un árbol longevo que Apolo consagra a símbolo del dolor generado por la muerte: el ciprés. Su conexión con el mundo de los muertos está relacionada con muchos factores. Es símbolo de inmortalidad ya que es un árbol siempreverde, resinoso y extremadamente longevo, cuya madera es considerada incorruptible. Podría estar asociado con la muerte también porque su tronco una vez cortado no tiene la capacidad de lanzar los brotes de su raíz. Ya en la época greco-romana estaba presente en las necrópolis y en las tumbas, tradición que se ha mantenido en el mundo cristiano. Aparece a menudo en las representaciones de los mártires y el Ripa lo une a la representación de la Desesperación. Ramas, coronas o simples bayas de ciprés se pueden encontrar también en el arte funerario del siglo XIX, donde más raramente se representa el árbol entero.
Traduzione a cura del Liceo Leonardo Da Vinci, nell'ambito del progetto Scuola Lavoro 2020/21.