Salta al contenuto principale Skip to footer content

Aquila | Eagle | Aguila | Aigle

Schede

La cultura classica le conferiva la capacità di guardare il sole. E’ attributo di Zeus – Giove. In molte religioni europee e mediterranee è legata alle divinità supreme, alla regalità ed alla paternità. Nel mondo romano l’aquila è simbolo dell’impero e dell’imperatore. Cacciatrice di serpenti, essa simboleggia la vittoria della luce sulle tenebre, del male sul bene. Essa è chiamata inoltre a rappresentare la prontitudine e l’elevazione del pensiero. Nel Fisiologo indica la resurrezione di Cristo e la rigenerazione attraverso il battesimo. Secondo l'autore l’aquila vola verso il sole e, bruciandosi le ali per la troppa vicinanza, si getta tre volte nelle acque pure, per ritrovare la propria giovinezza. Quest'idea è contenuta anche nell’Antico Testamento: “tu rinnovi come aquila la tua giovinezza” (Salmi, 102,5). Questo rapace è chiamato a rappresentare l’evangelista Giovanni. In occidente, l’aquila è ampiamente utilizzata nell’araldica e nella simbologia del potere. Se escludiamo la simbologia degli evangelisti, nell'arte funeraria italiana del XIX secolo, l'aquila compare raramente. Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentesca cliccare qui

Gian Marco Vidor

""L'uccel che più per l'aer poggia” (Petrarca) è quello pure che più d’ogni altro si appadrona dei campi blasonici e della materia simbolica nella storia religiosa, poetica e civile. In ogni mitologia l’aquila ha divini accostamenti e divini onori. La esaltano gli assiri che in Asur ne fanno il dio nazionale; i fenici, i troiani; Ciro la colloca dorata ad ali aperte sull’aste dei persiani; Giove ha il felice presagio dell’aquila per l’impresa contro i titani, ed agli artigli di essa, che vive a lui vicino, nelle sublimità del cielo, affida i suoi fulmini; i Tolomei ne fanno emblema dell’Egitto; i germani ne fregiano il capo ardito della dea Rodigaste; Caio Mario ne fa l’unica insegna romana di battaglia e dell’impero (Plutarco).
L’aquila ha tutte le caratteristiche dell’aristocrazia animale che per analogia si elabora nel simbolo. Le sue denominazioni varie (aquila imperiale, reale) ne denotano la maestà, la regalità. Solca gli oceani dell’aria più pura, assicura il suo nido a rupi inaccessibili, sdegna le sfere comuni, affisa il sole (“tien pur gli occhi qual’aquila in quel sole” Petrarca) e contro di esse porta i suoi nati perché non li crede tali se non ne sopportano i raggi fiammanti (nell’impresa di Unico Accolti aretino, con il motto “Sic crede” - Ruscelli), e così simboleggia il pensiero, l’ingegno. (Es.: nella allegoria del Guercino di Cento). Nella sua testa orgogliosa sfavilla l’occhio bellissimo che cerca le lontananze azzurre con desiderio perenne e l’avverte dei pericoli da lontano; ed essa è così il simbolo della previdenza (promètea o previdente era detta dai greci). Appena trascorsi i tre mesi di nido, la giovane aquila prende il volo con superba avidità dello spazio. Benché feroce, fa partecipi della sua preda gli uccelli minori. Non si cura di vendicarsi contro animali inferiori (“aquila non captat muscas”) e per ciò è simbolo di generosità e di liberalità. I liberti se ne fregiavano come talismano dopo la manomissione ottenuta.

Sublimis volat, ima videt, regina volucrum. / Nonne vides sic ut haec regis imago boni?
(Camerarius – Symb. III – III).

L’aquila è forte, gagliarda, invitta; perché è fola quella di Aristotele e di Claudio Eliano che il mite cigno la vinca nell’assalto; ed è il simbolo più riconosciuto della Vittoria. Emblema dell’impero azteco, ed ancora oggi del Messico, è l’aquila che assale il serpente, perché gli aztechi rappresentavano nell’aquila il giorno e nel serpente la notte. Le sacre scritture sono poco benigne per l’aquila. Una vivace pittura ne fa Giobbe (XXXIX – 27) nella quale si rileva, più che altro, la natura eminentemente selvaggia. La tribù di Dan solleva i suoi vessilli che recano l’aquila, e San Giovanni ne ha il simbolo poiché “sugli altri come aquila vola” ed “apre il suo libro parlando della ineffabile generazione del Verbo” (Loreta): “Aquila, est ipse Joannes sublimium praedicator” dice sant’Agostino (in Joan – Tracl. 35), ed un antico inno al veggente di Patmos cantava:

Volat avis sine meta / Quo nec vates nec propheta / Ecolavit altius. / Tam implenda quam impleta / Nunquam vidit tot secreta / Purus homo purius.

Nella zoografia cristiana l’aquila si presenta a parecchie interpretazioni simboliche. Dicevasi che all’illanguidirsi della sua vita, essa volava contro il sole per dissipare i veli dei suoi occhi, poi tornava alla terra e per tre volte immergeva il capo in una sorgente di acqua pura, per ricuperare la vista e la gioventù: così il cristiano deve immergersi per tre volte nella fonte della salute. Dicevasi ancora che per rendere più agevole il pasto l’aquila invecchiata frangeva il becco ispessito eccessivamente contro un macigno: così il cristiano deve spezzare i suoi carnali appetiti (Physiologus). Il vescovo di Bretagna san Cutberto smarrisce la via e, trovandosi affamato in un luogo deserto, è soccorso da un’aquila che lascia cadere un pesce ai suoi piedi (quadro di L. Duez). Anche a san Valentino appare un buon angelo in figura di aquila (Surio). Altri, invece, asseriscono che qualche volta sotto le stesse spoglie si nasconde il maligno. Dante sogna di essere trasportato nella sfera del fuoco da un’aquila, simbolo della grazia illuminante (Purg. IX, 20); poi ha la visione dell’aquila fulgentissima formata dal raggiare delle anime dei principi giusti, nel godimento della beatitudine (Par. XVIII, 107). Negli altri passi danteschi l’”uccel di Giove” (Purg. XXXII, 112) è segno dell’impero: “uccel di Dio” (Par. VI, 4); “il santo uccello” (Par. XVII, 72); il segno

Che fe’ i romani al mondo reverendi (Par. XIX, 102);

il “segno del mondo e de’ suoi duci” (Par. XX, 8); “lo benedetto segno” (Par. XX, 86). I re morti si rappresentavano portati da aquile (Artemidoro), perché usavasi lasciar libera un’aquila sul rogo funebre degli imperatori.
Come nella natura, così nell’araldica l’aquila ha la preminenza della nobiltà. Si effigiava “non volante in aere, ma coi piedi in terra, e con la testa verso il cielo, mostrando l’effetto dell’imperio o dominio suoi qui in terra, e della mente levata a Dio, stando sempre con l’ali aperte per mostrare il desiderio, e la prontezza sua d’inalzarsi alla sua divinissima Maestà con la contemplazione, e con l’odore, e frutto delle sue sante operazioni, e quasi mostrando d’avere da esso Iddio conseguito il consiglio, il comandamento, e l’autorità, e potenza del governarsi” (Ruscelli). Viene infatti ancora “rappresentata colle ali spiegate in atto di attacco...colla testa voltata verso il fianco destro dello scudo, col rostro incurvato e la lingua sporgente; colle zampe e gli artigli aperti e colla coda increspata” (Guelfi).
La chimerica aquila bicipite si riscontra già presso gli hetei, popolo tuttavia misterioso (Patroni), deboli osservatori della natura animale, specie al confronto degli assiri, i cui artefici furono i più forti animalisti del mondo antico. (Cfr.: Anderson – Le civiltà estinte dell’Oriente). Poi l’aquila dai due capi si riscontra unicamente in un momento antico, la colonna traiana di Roma, sullo scudo di un soldato. Vuolsi che Costantino, per esprimere che due imperi erano riuniti sotto lo stesso scettro adottasse per primo l’aquila con le due teste, l’una volta ad oriente, l’altra ad occidente (325). Di questo scrive il Ruscelli: “E perché tra i romani si vede tale insegna così da Cesare come da Pompeo Magno supremi imperatori, li quali furono divisi d’animi, e combatteron fra loro con tanta rovina della loro patria, per questo si può forse credere che i nostri cristianissimi imperatori portan per insegna l’aquila a due teste, volendo per avventura mostrare che le due aquile erano già unite in una sola, né debbono in quella esser mai animi, né operazioni di divisione nell’imperio e nella religion cristiana. O più tosto è fatto per mostrare l’unione, che pretendono e speran di fare di due imperi, ora divisi, cioè del Levante e del Ponente. O forse con le due teste abbiam voluto mostrar la cura, e la protezione delle cose umane e delle divine, o qualche altro tal generoso e santo pensiero”. Carlo Martello (690-741) ripristinò – secondo alcuni – l’aquila bicipite; altri dicono lo facesse Carlo Magno (742-814); altri scendono fino a Giovanni V Paleologo, sotto il cui regno i turchi posero piede in Europa (1357). L’aquila d’oro in campo vermiglio rappresentò l’impero d’Oriente; quella nera in campo d’oro l’impero d’Occidente. Come segno araldico degli Asburgo, derivante dal sacro romano impero, figura nelle bandiere tedesche del 1312 e nei sigilli di Carlo IV (1347); Sigismondo lo usò quale simbolo esclusivo della potestà imperiale (1433), intendendo esprimere con le due teste l’unione dell’Austria e della Germania. E’ questa

l’aquila grifagna / Che per più divorar due becchi porta,

censurata da Luigi Alamanni, il leggiadro poeta fiorentino (1495-1556), esule in Francia; ed è l’aquila proterva e crudele che per secoli dilaniò le genti d’Italia, le quali nella sua sconfitta rievocano la sacra genealogia della propria libertà. Per le gare aeree del Garda (1921) Gabriele d’Annunzio offrì al vincitore “una coppa lavorata da un artefice nostro, che fervente e paziente sa condurre il metallo al limitare misterioso della vita (Renato Brozzi). Due aquile la sostengono, non formate secondo il modello classico di Roma, ma secondo una interpretazione di nuovo segno e di nuovo imperio: Imperii spes alta futuri… Bis valeo, grida la duplice aquila di Benaco. Una è la messaggera della giustizia, l’altra è la messaggera della libertà, potenti entrambe di rostro e di artiglio” (D’Annunzio), L’aquila bicipite ad ali abbassate fu pure assunta da Giovanni Vassilijevic (1472), primo autocrate russo, liberatore della Moscoviia dall’orda d’oro mongolica, e pretendente alla discendenza degli imperatori d’Oriente. Anche nei simboli massonici ha posto l’aquila a due teste ad ali spiegate, con la corona sormontata dal triangolo e con l’iod ebraica nel centro; introdottavi da Elia Ashmole (1617-1692), per “narrare tutta la leggenda della Creazione” (Saunier).
L’aquila bianca è il simbolo glorioso della Polonia. Smembrata questa dalle ciniche manovre di Federico II (1793-1795), l’aquila dei Casimiri, dei Sobieski, di Kosciuszko, dovette scomparire, e soltanto dopo Austerlitz, Iena e Friedland riapparire, tra feste immense, per volontà di Napoleone, che sulle rovine del monarcato prussiano aveva costituito il granducato di Varsavia (1807). Otto anni dopo gli iniqui trattati di quella Realpolitick ricancellarono l’aquila bianca dallo stendardo polacco; e ci volle Guglielmo II a ridarle vita (1916), con ben altro animo di quello di Napoleone, e come un disperato espediente per rendersi più accetto ai polacchi, dei quali aveva supremo bisogno nella truce guerra da lui voluta. L’aquila araldica, o – come si dice – feudale di casa Savoia ha sempre tra gli artigli un serpe. Durante il primo impero napoleonico (1804-1815) l’aquila si applicava comunemente su gli oggetti d’arte (De Mauri). Era a volo abbassato con un fulmine tra gli artigli, e in campo azzurro. L’aquila ad ali spiegate ma privata del rostro e degli artigli, che si vede in certi stemmi gentilizi di Francia e qualche volta anche di Germania, è emblema degli imperiali vinti e disarmati, e si chiama araldicamente alerione."

Testo tratto da: Giovanni Cairo, "Dizionario ragionato dei simboli", Ulrico Hoepli, Milano, 1922 (febbraio 2022). Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentesca cliccare qui. Per la simbologia massonica cliccare qui.

 

English language. The classical culture used to confer it the ability to look at the sun. It’s an attribute of Zeus, Jupiter. In many european and mediterranean religions it’s related to supreme deity, to royalty and paternity. In romanian world, the eagle is a symbol of the empire and emperor. It’s a snake hunter and symbolizes the victory of light over darkness, good over evil. It’s called to represent the readiness and the elevation of thought. In the Fisiologo indicates Christ’s resurrection and the regeneration through baptism. According to the author the eagle flies toward the sun and, once its wings are burned because of the excessive closeness, it jumps 3 times into the pure water to find again its youth. This idea it’s contained also in the old testament: “you renew, as the eagle, your youth” (psalms 102,5). This raptor usually represents John the Evangelist. In occidet, the eagle is widely used in heraldry and in the power symbology. If we exclude evangelists' symbology, in the italian funeral art of the XIX century, the eagle completely disappears.

Texte en français. La culture classique lui donnait la capacité de regarder le soleil.C’est l’attribut de Zeus - Jupiter. Dans beaucoup de religions européennes et méditerranéennes, elle est liée aux divinités suprêmes, à la royauté et à la paternité. Dans le monde romain, l’aigle est le symbole de l’empire et de l’empereur. Chasseuse de serpents, elle symbolise la victoire de la lumière sur les ténèbres, du bien sur le mal. Elle est aussi appelée à représenter la promptitude et l’élévation de la pensée. Dans le Physiologiste, elle indique la résurrection du Christ et la régénération par le baptême. Selon l’auteur, l’aigle vole vers le soleil et, brûlant ses ailes à cause de la proximité, il se jette trois fois dans les eaux pures, pour retrouver sa jeunesse. Cette idée est également contenue dans l’Ancien Testament : "Tu renouvelles ta jeunesse comme un aigle" (Psaumes 102, 5). Ce rapace est appelé à représenter l’évangéliste Jean. En Occident, l’aigle est largement utilisée dans l’héraldique et la symbolique du pouvoir. Si l’on exclut la symbolique des évangélistes, dans l’art funéraire italien du XIXe siècle, l’aigle apparaît rarement.

Texto en español. La cultura clásica le confería la capacidad de mirar el sol. Es atributo de Zeus - Júpiter. En muchas religiones europeas y mediterráneas está ligada a las divinidades supremas, a la realeza y a la paternidad. En el mundo romano el águila es símbolo del imperio y del emperador. Cazadora de serpientes, simboliza la victoria de la luz sobre las tinieblas, del bien sobre el mal. También está llamada a representar la preparación y la elevación del pensamiento. En el Fisiologo indica la resurrección de Cristo y la regeneración a través del bautismo. Según el autor, el águila vuela hacia el sol y, quemándose las alas por su cercanía, se lanza tres veces a las aguas puras, para reencontrar su juventud. Esta idea está contenida también en el Antiguo Testamento: "renuevas como águila tu juventud" (Salmos, 102,5). Este ave rapaz está llamado a representar al evangelista Juan. En Occidente, el águila es ampliamente utilizada en la heráldica y en la simbología del poder. Si excluimos la simbología de los evangelistas, en el arte funerario italiano del siglo XIX, el águila aparece raramente.

Traduzioni del testo di Gian Marco Vidor a cura del Liceo Leonardo Da Vinci, nell'ambito del progetto Scuola Lavoro 2020/21.